ADDIO DAME JOAN
Martedì 12 Ottobre 2010 07:26

  Joan Sutherland  non è  più  tra  noi.

 

                                           sutherland1

 

 

Ha  raccolto  una  delle  più  difficili  eredità , quella di Maria  Callas. A questa  alta, robusta signora  australiana  venne demandato il  compito  di imbracciare lo scettro  del  Belcanto e portare  all'apogeo un processo  evolutivo  che  proprio la  Callas  aveva  avviato  sul  principio  degli anni  Cinquanta, quando  dalla  sua  preziosa  ugola  uscirono  i  delicati arabeschi  di  Elvira  nei  Puritani ,di Amina  in Sonnambula , di  Lucia  di Lammermoor, le  impennate di  Norma.

                   sutherland2

Joan  Sutherland  fu con la  Callas  in due  storiche  occasioni,  sacerdotessa  in  Aida  e  Clotilde in Norma. Per  tutta  la  vita  ricordò  queste esperienze  come decisive: il  contatto  con la  Divina  fu  determinante  per  assumere  un  onere  vocalmente  quasi impossibile, il  repertorio  e  la  carriera  come  soprano dammatico  di agilità.

 

   

La  leggerezza e  l'estensione  di  un  usignolo  ma  con  la  potenza  e  la  forza di una  tigre, la cristallina  purezza  di  Amina  con lo spessore  drammatico  di  Norma. Una  sintesi  impressionante  che  , solo  chi  ha udito la  voce della  Sutherland   in teatro,  può  capire appieno. I  dischi  mostrano  infatti  una  voce    sì  pirotecnica  ed  estesa, ma  inficiata  da una pronuncia anglosassone  che  non fu  mai  perfetta  e  , in certe  occasioni, addirittura  imbarazzante  (si  pensi  al  Monologo  di  Fedra  in  Adriana Lecouvreur) . Inoltre  nei  dischi  le  frequenze  e  gli armonici della  Sutherland  non sono  sempre  valorizzate    come  nella cavea  teatrale: qui,  la  voce  si  espandeva in modo  esponenziale, dalle  note  basse   tutte risolte  tecnicamente, ai luminosissimi acuti,  fino  a  un mi bemolle  che  aveva  il  vigore  di una  Turandot  e  la  punta  adamantina di una  Gilda.


Tecnica  perfetta, canto sul  fiato, maschera  utilizzata  sempre  come  imprescindibile  conditio sine qua  non. Il  giovane  Pavarotti, prescelto  per  la  stazza  inizialmente  ma  poi adorato  per  la  solare  vocalità, dovette  tutto  alle  proficue  lezioni  con la  Sutherland, e lo ammise  più  volte: da  lei  imparò  la  vera  tecnica,  l'apertura  della  gola,  il  "giro"  ,  la  parola  sul  fiato, la  postura.

La  Sutherland  non sarebbe stata  mai  tale  se  non avesse avuto al  fianco  un  eccezionale  Pigmalione:  Richard  Bonynge, al  quale  vanno  i sensi  del  nostro  più profondo  cordoglio. Lui  la  costruì  nota  per  nota, allontanandola  dalla  pericolosa  carriera  da  drammatico  e  facendole  conoscere i meravigliosi, incantati  giardini  di  Armida, in cui  le  opere   barocche , Haendel  in primis, guardano  a  Rossini, Bellini, Donizetti, al  primo  Verdi, ma  anche  a  Gounod, Meyerbeer, Délibes,Massenet, Bizet.


La  Sutherland, dopo la  Callas  e  con la  Callas,  è  stato il  più  grande  soprano  drammatico  di agilità  mai  esistito, per  ora  l'ultimo.

Nella vita, una  donna  semplicissima, simpatica, un pò  goffa, sempre disponibile  al  dialogo  e  molto impegnata, dopo la  carriera, ad  aiutare  i giovani  con masterclasses  e  presiedendo  concorsi. Un  giorno  me  la  ritrovai in ascensore, a  Catania: la  più imbarazzata  e  timida  era  lei, naturalmente.

Intervistata  più  volte  per la  Barcaccia ha  sempre  rilasciato  dichiarazioni  utili  e  intelligenti, a  volte  sorprendenti  : Domanda:  Il  suo  più  grande  Arturo  nei  Puritani , Risposta:  "Gianni Raimondi" ,quando tutti si  aspettavano Pavarotti, Gedda  o  Kraus.

Sapeva  bene  che  non avrebbe aggiunto  nulla  alla  fama  acquisita  dei  più  celebri colleghi, e  quindi  "aiutava"  un grandissimo  ma  misconosciuto  come  Raimondi. Una  gran  Signora.