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Venerdì 11 Agosto 2023 14:16 |
L’estate e soprattutto i giorni che circondano Ferragosto inducono a riflettere e , un pò come sotto Natale, a tirare le somme su tante questioni che riguardano le nostre vite, i nostri interessi, le storie e le vicissitudini, ognuno a seconda dell’ambito in cui opera e in base alle contingenze , belle…brutte…
Il sottoscritto, come sapete, è impegnato sul fronte della divulgazione musicale , operistica in special modo, e si occupa di regìa : in questo momento sto lavorando a un nuovo Rigoletto di Verdi che andrà in scena al Teatro Astra di Gozo a Malta (con Simone Piazzola come protagonista) e al contempo mi appresto ad affrontare un altro capolavoro del teatro d’Opera, l’Orfeo ed Euridice di Gluck, uno dei titoli più straordinari e affascinanti.
Tra una pausa e l’altra di questi impegni, che richiedono molto tempo e un grande lavoro di squadra, leggo e mi informo, anche se ho sempre nutrito una grande diffidenza nei confronti della cosiddetta “informazione ”. Come ci spiegò perfettamente Carmelo Bene citando Jaques Derrida (uno dei massimi filosofi e saggisti esistiti) : “l’Informazione informa I FATTI e non SUI fatti” . Siamo bombardati , massacrati dall’informazione e il meccanismo diventa particolarmente perverso attraverso i social networks: non fai in tempo ad attivare un qualsiasi telefonino ed ecco apparire, assolutamente NON richiesta, l’ombra nera e lunga del tritacarne mediatico: è morto Tizio, si è sposata Sempronia, è stata bombardata quella città, altri migranti sono sbarcati a Lampedusa, piove al Nord e fa caldo al Sud e così via…fino al consumo più completo sia della notizia , sia di noi stessi. Siamo vissuti, siamo pensati e ci illudiamo di vivere e di pensare, spiegano sempre Derrida e il suo aedo Bene, immersi come siamo in un multiverso “caosmico” mentre l’universo linguistico ci obbliga a far parte di una tragica catena di montaggio, come macchine da guerra carrieristiche. Scusate la digressione ma ritengo sia un pensiero abbastanza utile, per affrontare quotidianamente e soprattutto vagliare ciò che ci viene sbattuto in faccia.
Torniamo alle piccole , misere faccende del mondo musicale e operistico, la nostra benamata “nicchia” che è sempre più caratterizzata dal suo recinto stretto, in fondo minuscolo anche se per noi , fissati, rappresenta una specie di ragione di vita. Quali sono i grandi approdi del 2023? Le grandi realtà? Chi sono i miti che alimentano le folli passioni di quello che viene definito (leggo da qualche parte) il “melomane medio” (salvo poi rappresentarne perfettamente l’incarnazione musicografica)?
Intanto dobbiamo registrare e veder confermato un cambio al vertice delle tradizionali gerarchie: finita da tempo l’Era dei Direttori d’Orchestra (Toscanini, Karajan, Abbado) , scomparsi come i dinosauri e quasi del tutto estinto il mito dei Cantanti ( dal trionfo dei Castrati alle ultime leggende riassunte nei Tre Tenori, Pavarotti -Domingo- Carreras) , notiamo e subiamo l’egemonia dei Registi , i cui nomi in locandina hanno rimpiazzato completamente chiunque altri. Si legge e si dice: l’Aida di Poda, il Rigoletto di Michieletto (che fa pure rima) , la Tosca di Livermore, il Ballo in maschera di Bieito, il Macbeth di Wicherliskonwsky (nome da me inventato ma che potrebbe tranquillamente essere, perché no?) . Gli Autori , il libretto, le indicazioni e i desiderata fanno parte di un bagaglio “polveroso e ingombrante” legato a una “nefasta e noiosa Tradizione”. Ma chi stabilisce tutto ciò? Non di certo il pubblico pagante (che pur avanzerebbe qualche diritto) : lo stabilisce una piccola oligarchia di cosiddetti “critici musicali”, indicati come bardi annoiati e finto-aristocratici, invitati gratuitamente (ci mancherebbe) per parlar bene o male di un determinato spettacolo sui rispettivi organi di informazione. Senza entrare nei dettagli di talune, noiosissime (quelle sì) recensioni, in cui si discetta per intere colonne di quel che il regista di turno ha cercato di trasmettere al pubblico (il più delle volte delirando, provocando o semplicemente non dicendo un piffero) , assistiamo a un fenomeno davvero singolare: da circa 30 anni a questa parte la maggior parte delle regìe cosiddette moderne ripete lo stesso cliché , applicabile a un qualsivoglia titolo, che sia Nabucco, Don Giovanni , Aida , Walchiria o Traviata: manicomi, giacche e cravatte, nazisti qua e là, primedonne sull’orlo di una crisi di nervi , finte fellatio finte copule e finte defecazioni, molta isteria e soprattutto- questo è importantissimo- che Rigoletto non abbia la gobba, che Otello sia bianco e che Carmen e Violetta non muoiano alla fine…sarebbe troppo banale.
Ciò detto assistiamo, informandoci , a una novità epocale: non tanto quella del regista dominante (da Visconti in poi è roba vecchissima) bensì quella della connotazione politica che divide in fazioni : la modernità è di sinistra, la tradizione è di destra , stronxata colossale se si ragiona un pochino senza lasciarsi divorare dalla semplificazione operata dai giornalisti. Il sottosegretario alla Cultura Sgarbi è di destra, biasima le regìe iconoclaste (vedi caso Bohème a Torre del lago) e quindi l’assunto demenziale viene comprovato. Ancora una volta l’Informazione si palesa come tritacarne e tritacervelli, a dimostrazione della sua inutilità e perniciosità.
Nessuno riflette , tanto per restare sul fatto, che la Bohème tanto discussa del regista francese a Torre del lago, è una banalissima, scontatissima, vista e rivista Bohème sulla scia del più “tradizionale” teatro di regìa e che fu 1000 volte più rivoluzionaria e moderna la regìa di Bohème a Macerata ad opera di Ken Russell, circa 40 anni fa!!!!
Ancora una volta i fatti informano i fatti, si torna indietro , non si va avanti: la catena di montaggio va alla rovescia, come in quell’eccezionale film di Chaplin, “Tempi moderni”.
Ma l’estate 2023 non finisce di distillare i suoi veleni. Le fazioni politiche d’opposizione, contrapposte come da copione a chi sta al governo, vedono come obiettivo due figure direttoriali additate al pubblico ludibrio: Beatrice Venezi e Alberto Veronesi, entrambi legati al centrodestra e in particolare la prima, in carica come consigliera del Ministro della cultura. L’attacco è quotidiano e plurimo: la prima, rea di aver pubblicizzato un prodotto cosmetico in Tv (cosa che ha precedenti illustri, Pavarotti sulla chiatta con il caffè, Domingo con la nota pastasciutta in treno cantando Di quella pira) viene appellata con un nomignolo che vorrebbe così screditarla. Il fatto , poi, di essere una donna avvenente e molto diretta nell’ affermazione delle proprie idee politiche ovviamente peggiora le cose.
Entrambi, direttori d’orchestra, vengono attaccati sui social e colpiti dove è possibile, gli aggettivi denigratori si sprecano , i più blandi sono : “incapaci” , “inetti”, “raccomandati”, “negati”. La maggior parte di chi scrive questi e altri attacchi non li ha nemmeno ascoltati né visti dirigere, alcuni riportano fantomatici pareri di “musicisti”. Alla luce di qualsiasi esperienza diretta quando un’orchestra ha di fronte a sé un incapace, cioè un direttore che li manda “fuori” e che non assicura sicurezza all’esecuzione , ha il potere di protestarlo/a : le prime parti o il rappresentante dell’orchestra si reca presso il sovrintendente e il direttore artistico e FORMALMENTE protesta il presunto/a incapace. E’ successo in mille occasioni e abbiamo casi illustri anche recenti.
Il maestro Veronesi , brandendo una benda come vessillo, ha creato un movimento “Save Opera”, atto a proteggere il repertorio lirico dalle nefandezze registiche estreme. Sbertucciato e deriso dagli oppositori politici poiché il movimento è supportato, come si legge, dal sottosegretario Sgarbi e dallo stesso Ministro, Veronesi ha sicuramente il merito di aver avviato un dibattito, a carte scoperte. I cantanti , gli addetti ai lavori, gran parte del pubblico sanno distinguere benissimo uno spettacolo bello, chiaro, coerente, coinvolgente da una porcheria. Non ci vuole un genio né un super-esperto: le regìe, come sostengo da tempo, non si dividono in moderne o tradizionali ma in cretine e intelligenti. Ci sono poi titoli che, come li fai li fai, non temono alcun cambiamento d’epoca o di costume, faccio alcuni esempi: l’Elektra di Strauss può essere ambientata in un hangar, in una macelleria, in una casa di moda o in una metropolitana ….funziona sempre. Così come l’Elisir d’amore: lo fai in spiaggia, al supermercato, in una fattoria o in un aeroporto….funziona comunque. Dipende sempre dal saper raccontare una storia e rappresentare i caratteri dei personaggi: esiste un testo e quello va raccontato, rispettato, reso chiaro al pubblico. Nessuno ama le masturbazioni di un regista povero di idee e nessuno ama le provocazioni senza senso.
Scorrendo le notizie notiamo un ever-green dello sputtanamento social: Andrea Bocelli, che viene flagellato nuovamente stavolta per l’uscita dell’Otello di Verdi, opera integrale incisa a fianco di Marina Rebeka (Desdemona) e Massimo Cavalletti (Jago). Nessuno ha ascoltato una sola nota di questa incisione eppure abbiamo una schiera di “sbocellinatori seriali” che si industriano nell’Arte della Denigrazione a mezzo post. E’ abituato, penso se ne sia fatto da tempo una ragione. Per inciso, ho ascoltato su YouTube il duetto con Jago , “Sì pel ciel” , registrato dal vivo in concomitanza con questa nuova uscita discografica: certo, non è Del Monaco e non è nemmeno Vickers (per me i più grandi Otello mai esistiti) ma canta con proprietà tutte le note previste e senza far gridare allo scandalo o, peggio, senza suscitare alcuna derisione. Verrebbe da dire-parafrasando la farfalla della Vispa Teresa: “Vivendo , cantando che male ti fo?”.
Resta il Volo, il Trio nato dalle ceneri dei Tre Tenori: ho ascoltato qualche brano di un concerto effettuato assieme a Placido Domingo, pochi giorni fa. Anche qui la catena di montaggio gira al contrario, come l’inversione magnetica dei poli: il più giovane, vocalmente, era Domingo mentre i 3 giovani virgulti hanno mostrato il timbro rinsecchito e macilento proprio degli anziani. Una nemesi che solo la tecnica, l’esperienza e la Natura può spiegare. Non si diventa Domingo per caso.
Buon Ferragosto.
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Venerdì 21 Luglio 2023 17:00 |
(Bayreuth, 2022, Ring di Wagner, regìa di V.Schwarz)
(Barcellona, Ballo in maschera, regìa Calixto Bieito)
(Scala, Aida , regìa Zeffirelli scene De Nobili)
(Torre del lago, Turandot, scene Ezio Frigerio)
Prosegue il dibattito sulle regìe moderne e quelle tradizionali, dopo il gesto compiuto dal maestro Veronesi a Torre del lago, quello di dirigere bendato la Bohème di Puccini a Suo dire "oltraggiata" dal regista.
Parliamo con il professor Paolo Gallarati, autorevole musicologo e docente torinese.
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Martedì 18 Luglio 2023 13:54 |
Alberto Veronesi, appare molto determinato e sereno nella lunga
conversazione che abbiamo avuto oggi e non lesina critiche a chi lo sta
attaccando difendendosi come Orlando a Ronsisvalle.
I fatti sono noti a tutti: in occasione della prima di Bohème a Torre del lago , il
maestro ha inscenato una personale protesta rivolta contro la regìa di
Christophe Gayral, che ha ambientato l’opera nella Parigi del 1968 ai tempi di
De Gaulle. Veronesi ha diretto bendato e per questo “affronto” è stato
licenziato dalla Fondazione di cui egli stesso è e resta Presidente.
“ Voglio proporre di distribuire apposite bende agli spettatori, come quella che ho
usato io, prima di ogni spettacolo” , esordisce Veronesi e rincara la dose “ penso
che gli spettatori ne abbiano piene le scatole di allestimenti brutti, che tradiscono la
volontà degli Autori e che hanno l’unico scopo di lanciare inutili e non richiesti
messaggi politici. Puccini era un uomo moderato, disimpegnato politicamente, alieno
da ogni tipo di impegno sociale come noi oggi lo intendiamo.”
- In una lettera leggiamo testualmente cosa pensava Puccini della politica : “ Non voglio sapere di manifesti elettorali et similia (…) Io abolirei Camera e deputati, tanto mi sono uggiosi questi eterni fabbricanti di chiacchiere. Se comandassi io tornerei a Carlo Dolovio bon’anima! A Viareggio eleggano Mundo o Felice il bagnino, a me poco importa.”
Maestro Veronesi, perchè hai inscenato questa clamorosa protesta?
“ Ho puntato il dito contro un “sistema Lirica” che sta degenerando , alle spese dei
contribuenti di tutta Europa. Un sistema di interessi che pone la Musica in secondo
piano, come fosse un rumore di fondo che disturba messe in scena che stanno
facendo di tutto e di più. “
- A Tuo parere è un disegno preciso o una moda?
“ Per me questa deriva è basata sul declino progressivo della musica
contemporanea e sulla sua sparizione, per cui alla ricerca di qualcosa di
“contemporaneo” i registi vengono chiamati a dissacrare e in molti casi a
massacrare le opere liriche, in nome di presunte attualizzazioni che non aggiungono
nulla anzi, nella maggior parte dei casi tolgono. Per pagare queste star della regìa si
sottraggono soldi ai cast vocali, alle orchestre, al budget previsto per un’opera. Vuoi
fare più musica contemporanea? Eseguine di più , invece di allestire l’ennesima
Traviata per fare incasso e poi stravolgerla con la regìa attualizzante. Ci vuole più
coerenza: vuoi opere a carattere politico? Io non ho nulla contro: metti in cartellone
Luigi Nono e se arriva poca gente in sala te ne assumi la responsabilità .”
- Con la Tua protesta Ti sei messo davanti a un plotone di esecuzione . Ti accusano di non aver voluto manifestare il dissenso prima, durante le prove. Perché non lo hai fatto?
“Ma io l’ho fatto! Durante una riunione di produzione ho chiesto esplicitamente al
regista (che non ho chiamato io ma Battistelli, l’ex direttore artistico) che non vi
fossero simboli di carattere politico propagandistico. Mi è stato risposto che vi
sarebbero stati solo simboli generici, riferiti all’ambientalismo …poi ho scritto una
lettera alla Fondazione, il 7 luglio, molto circostanziata poiché mi accorgevo durante
le prove che la faccenda era ben diversa: pugni chiusi, bandiere rosse, caricature di
De Gaulle, stelle a cinque punte, Colline che consegna a Musetta nella scena finale
un cartello politico per andare tutti in piazza più canne a tutto spiano, Mimì e Rodolfo
sempre a letto … ma se io , come direttore d’orchestra, al posto della fanfara del 2
atto avessi fatto suonare la Marsigliese? Loro posso fare qualsiasi cosa. Il mio
licenziamento da parte del Festival Puccini dimostra plasticamente che il direttore è
un puro battisolfa, non sono interessati al fatto musicale, togli uno metti un altro.”
- Ma nessuno ha risposto alla Tua lettera del 7 luglio?
“Sì , mi hanno addirittura diffidato dal parlare di questo spettacolo, dovevo stare
zitto e basta. Se vai sulla pagina Facebook del Festival vedrai le interviste di tutti
eccetto….il direttore d’orchestra.Sproloqui a destra e a sinistra del regista, il direttore
muto. Io ho dovuto dissociarmi da questo spettacolo adottando un sistema
“giapponese” . Quando fanno gli scioperi in Giappone lavorano lo stesso ma con una
fascia bianca al braccio, io l’ho messa sugli occhi. Del resto la Bohème la conosco a
memoria.”
- Farai ricorso contro questo licenziamento?
“ Certo, farò ricorso e lo vincerò. Mi portino una sola battuta di tutta la Bohème in
cui io possa aver sbagliato. Capirei il licenziamento se l’esecuzione musicale fosse
stata zeppa di errori, ma così non è stato. Io ho un regolare contratto, non riconosco
il valore delle loro argomentazioni , mi presenterò regolarmente la sera delle recite.
Tra l’altro hanno chiamato a dirigere al mio posto Manlio Benzi , componente della
stessa agenzia del nuovo direttore artistico, Jan Latham König, il quale - detto tra
parentesi- è stato uno stretto collaboratore di Putin e ha persino avuto da lui un
importante riconoscimento. Viene premiato dal “soviet” che gestisce il Festival
pucciniano con la direzione artistica e cosa fa? Scrittura un suo compagno
d’agenzia! Se non è confluito di interessi questo? Tutto ciò avrà un costo: dovranno
fare ulteriori prove, ci sarà un danno erariale per censurare il direttore scritturato.”
-Lo strapotere dei registi è destinato a crescere o è prossimo a un declino?
“ Intanto ne abbiamo fatto parlare. Ora tutti sanno che se un direttore parla male o è
in dissenso con il regista viene licenziato. Non sono certamente il primo direttore
d’orchestra a contestare una regìa ma adesso c’è uno scandalo in più. Credo che
questa faccenda farà ragionare molte persone, soprattutto in Italia dove se ne sta
parlando di più. Prima di scritturare un regista si valuterà più attentamente il suo
spettacolo, se intende rispettare l’Autore o se vuole fare propaganda politica. Il
sottosegretario Sgarbi ha posto all’attenzione del governo questa situazione,
nessuno ha parlato “contro” quindi questa linea si intende avallata. Sgarbi mi ha
confermato tutto ciò.”
- Hai avuto modo di parlare anche con la consigliera del Ministro, Beatrice Venezi?
“ La Venezi è stata da me invitata a inaugurare le manifestazioni in onore di Puccini ,
ha eseguito un bellissimo concerto e anche lì polemiche, come si sa, per
l’esecuzione dell’Inno a Roma di Puccini, che non è un inno fascista ma è musica
scritta da Puccini nel 1918 su commissione del sindaco di Roma. Allora non
dobbiamo più eseguire Wagner, non ho capito?! Le strumentalizzazioni vanno
condannate ma non c’entrano nulla con la Musica. “
“ In Bohème e con Puccini in generale non c’è critica sociale, se ne facciano una
ragione. Puccini non faceva critica sociale, non era il suo intento. Troviamo critica
sociale in Mozart , nelle Nozze di Figaro, nell’Andrea Chénier in parte. Puccini amava
Bismarck, seguiva Crispi, non amava le guerre, era un moderato conservatore.”
- Cosa accadrà da questo momento in poi?
“Io resto Presidente del Comitato per le celebrazioni pucciniane voluto dal governo;
si va avanti , farò valere le mie ragioni davanti
al giudice.Abbiamo scoperto che in Toscana non esiste la libertà d’opinione, contro
ciò che afferma la Costituzione? Peccato che sia Puccini a dover scontare le
polemiche politiche che nulla c’entrano con la sua Arte. Ho letto tanti Soloni che
parlano , dicono “Veronesi non capisce un c..o” . Benissimo, facciamo un confronto
pubblico, con un pianoforte o un’orchestra e vediamo chi è più preparato sulla
Bohème.”
- Hai parlato con qualche musicista dell’orchestra, che ne pensa?
“ Sono stato chiamato da tanti musicisti ma tutto è accaduto molto in fretta e non ho
avuto il tempo di rispondere. “
- Suo social il pubblico si è diviso ma mi sembra di poter dire che la maggioranza sia contro le regìe iconoclaste e politicizzate?
“ Sì ma vorrei aggiungere che i primi fischi che ho ricevuto entrando in buca sono
stati del regista e di due assistenti (ride). Mi hanno riferito che si sono esibiti uno di
loro mi ha apostrofato con la parola “scemo"…L’opera tra l’altro è piaciuta a tutti, ci
sono stati tanti applausi a scena aperta, persino dopo il valzer di Musetta. Ho
ricevuto anche alcune critiche positive, a parte Angelo Foletto che è una vita che è
schierato contro di me: Veronesi è il male e questi registi sono il Bene. Ma questa è
gente schierata, in malafede. All’intervallo, sapendo che al mio rientro sarei stato
nuovamente contestato, volevo rientrare dalla buca per non sollevare altri inutili
clamori. Niente da fare, il Festival mi ha obbligato a rientrare dalla passerella.Non
escluderei una combine a mio danno, con fischi organizzati. Io non volevo far
clamore volevo solo manifestare la mia dissociazione da questo spettacolo. Penso
che la gente non ne possa più….lo staff di questo regista era composto da 10
persone! 10 persone pagate profumatamente con soldi pubblici per fare spettacoli
del genere. Un’arroganza incredibile. ”
- In effetti assistiamo quasi sempre al teatrino di pochi critici schierati a favore di spettacoli che il pubblico, a maggioranza, biasima.
“Il pubblico non ne può più, lo ripeto.Il pubblico vuole belle voci, belle scene,
spettacoli che ti fanno sognare. Ma per costoro il pubblico, i cantanti e gli Autori
sono l’ultimo problema. Ripeto il mio appello: fate come me, portatevi le bende”.
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Lunedì 24 Aprile 2023 12:19 |
Non fatevi ingannare dal titolo: non parlo della pur popolarissima “pasta alla Norma” ma del capolavoro composto da Vincenzo Bellini, che negli ultimi tempi sta conoscendo una sorta di grande revival , probabilmente sulla scia del centenario della nascita di Maria Callas. La Callas, a detta di chiunque (salvo qualche inevitabile detrattore) è stata senz'altro l’interprete iconica di questo ruolo ed è davvero singolare che non esita alcuna ripresa video dell’opera completa, atta a testimoniare questo importante lascito artistico. Qualche raro filmato amatoriale mostra immagini sbiadite e poco significative: da quanto appresi in casa di un famoso collezionista callasiano, ex dipendente della Emi, questa documentazione in realtà esisterebbe ma rinserrata gelosamente nelle case di alcuni fanatici o fatta sparire ad hoc, per lasciare la “Divina” avvolta nella Sua leggenda. Così anche la Fedora della Scala, il Don Carlo e molte altre note performances.
Torniamo a Norma e in particolare modo al tipo di vocalità che occorre per risolvere nel migliore dei modi possibili la complessità del personaggio. Per far ciò dobbiamo prima di tutto fare un salto all’indietro e cercare di capire chi fu la prima destinataria di questo ruolo e cioè Giuditta Pasta, probabilmente la più celebrata cantante del primo Ottocento assieme a Maria Malibran.
La Pasta esordì giovanissima (come accadeva all’epoca per tutte le cantanti d’Opera) , esibendosi in operine poco conosciute e spesso in parti da “contralto” (la più grave delle voci femminili). Qui abbiamo un primo segnale: con ogni probabilità la diciassettenne Pasta, con appena due anni di studio, non aveva una estensione da autentico soprano e la voce risultava, a detta dei musicografi del tempo, “debole e poco intonata”. I titoli si susseguirono con crescente frequenza, opere di Paer, Pacini, Pavesi, Cimarosa , poi Rossini, Mercadante : compiuti i 24 anni la voce della Pasta si era notevolmente irrobustita, guadagnando terreno anche in campo internazionale. Londra, Parigi, Vienna, Napoli e infine Milano, la meta agognata di tutti. Nel 1829 , trentaduenne, trionfò nella Semiramide di Rossini e l’anno dopo fu la volta di Anna Bolena di Donizetti, composta espressamente per Lei, ed eseguita con strepitoso successo al Teatro Carcano di Milano e successivamente a Londra. Nel 1831 la svolta: prima Sonnambula e quindi Norma, il 26 dicembre , alla Scala. Appena 4 anni più tardi si registrò la fine di quella voce : le recite di Norma si rivelarono una catastrofe , con frequenti incrinature nella voce, affaticamento, opacità, insomma i tristi presagi di un ritiro precoce dalla scene. Impietose le critiche nei Suoi confronti e le proteste del pubblico.
Com’era la voce della Pasta? Dischi ovviamente non ne abbiamo ma possiamo dedurre che la scarsa omogeneità primigenia e i limiti di uno studio troppo rapido vennero compensati da quello che gli Autori adoravano: temperamento, doti attoriali, capacità di incarnare la classica “tragédienne” protoromantica. Bellini definì il Suo stile interpretativo “sublime tragico” e questo la dice lunga su moltissime cose. I critici delle prime recite di Norma specificarono che la Pasta si lasciava andare a momenti di autentico pianto durante l’esecuzione musicale, tali da commuovere il pubblico. Immaginiamo cosa possa essere stata l’esecuzione di “teneri figli” , per esempio. Ma la Pasta sapeva anche esplodere in maniera che oggi diremmo “verista” nel finale del primo atto “vanne sì, mi lascia indegno” e non si fa fatica a ipotizzare anche urla, esagitazioni e isterìe che, se da un lato sgomentano gli attuali cultori del Belcanto puro, dall’altro esaltavano gli Autori, Bellini soprattutto, che procedevano verso una sperimentazione diversa e nuova, anche rivoluzionaria, rispetto ai loro predecessori.
Ma un altro dato viene fuori in maniera inconfutabile: la Pasta non fu un soprano bensì fu un contralto d’agilità, non più di un mezzosoprano .Ma non , si badi bene, un mezzosoprano da Amneris, Eboli, Santuzza o Dalilah..bensì un mezzosoprano da opere di Cimarosa, Paer, Pacini e Rossini, la differenza è sostanziale.
Le tessiture acute la mettevano sempre in difficoltà e basta verificare lo spartito originale di Norma per constatare che tutte le puntature acute ai do, ai re (finale atto primo) o addirittura ai mi bemolli (duetto con Pollione del secondo atto) furono aggiunte dalle altre interpreti , prima tra tutte la Sutherland e Beverly Sills. L’aria “Casta Diva” originariamente composta in sol maggiore dovette essere trasposta dallo stesso Bellini al fa maggiore, un tono sotto, date le difficoltà della Pasta a sostenere la tessitura sopranile. La Pasta, inoltre, aveva la tendenza perniciosa a calare di intonazione, cosa oggi imperdonabile.
Resta in piedi una domanda fondamentale: come poté la Pasta cantare Amina e Norma nella stessa stagione? Secondo i nostri criteri, viziati da quasi due secoli di storia della vocalità, Amina è un soprano leggero e Norma un soprano drammatico , due vocalità in antitesi! La risposta è molto semplice e deduttiva: adattando ai propri mezzi vocali le rispettive parti. Per esempio abbassando le tonalità originariamente previste e non avventurandosi su acuti e men che mai sopracuti. L’opera era un abito che poteva anzi, doveva, essere perfettamente adattato alle qualità dell’interprete di turno. Amina COME Norma quindi o Norma COME Amina, quel che era importante non si concentrava sulla tonalità e sulla nota più o meno estesa ma sul fraseggio, sulla verità dell’interprete, sull’agilità certo ma soprattutto sulla capacità di saper incarnare con grande espressività il personaggio. Una sorta di “verismo belcantistico” che fa pendant con la nota affermazione di Renata Scotto : “nell’Opera TUTTO è Belcanto”.
Fatte queste premesse mi pare più che logico consentire a moltissime Norme di cimentarsi in questo ruolo: dal soprano solitamente impiegato per Aida, Tosca e Ballo in maschera, magari pure Turandot tipo Callas, al soprano lirico con agilità tipo Cerquetti, Caballé, al soprano da Traviata e Manon, tipo Rebeka, al soprano da Gilda e Lucia, tipo Dessay, Gruberova, Rancatore oppure al mezzosoprano belcantista tout court , tipo Cecilia Bartoli. Norma per tutte, insomma.
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