IL TENORE...corre sul filo |
Giovedì 21 Ottobre 2010 07:57 |
Per molti il tenore è il cantante più pagato al mondo. L'irlandese John MacCormack, nominato conte nel 1924 da Papa Pio XI, arrivò a possedere dodici Rolls Royce, una scuderia di purosangue, due violini di valore inestimabile, proprietà in Irlanda, California, a Londra, New York e nella Nuova Inghilterra, e un conto in banca di molti milioni di dollari; Pavarotti, al confronto, fu S.Francesco. Scorrendo le "buste paga" dei cantanti precedenti l'era moderna (i divi del periodo barocco), scopriamo che i tre tenori, Bocelli & C. possono sicuramente considerarsi sottopagati rispetto al castrato Farinelli, al Senesino, alla Durastanti , a Giuditta Pasta o a Giovan Battista Rubini. Certo, bisognava essere bravi; in questo, il sistema antico , ancora non regolato da sindacati di categoria e agenzie, basava tutto su una meritocrazia precisa e spietata: se canti meglio, guadagni di più. Inoltre, principi e mecenati erano soliti arrotondare i compensi con laute "mance" , spesso tabacchiere ricolme di monete d'oro, titoli nobiliari, terreni, palazzi, emolumenti vari . Nell'Ottocento i cachets diminuirono sensibilmente e si instaurò un meccanismo ancor più semplice : l'impresario divideva gli incassi della serata con i cantanti, previo accordo stipulato in precedenza. Conosciamo le cifre guadagnate da celebri ugole d'oro del tempo; il famoso Matteo de' Candia in arte Mario veniva pagato circa 13.350 franchi nella seconda metà dell'Ottocento, cioé circa 20.000Euro attuali, il cachet a recita di un Martinucci o di un Giacomini, ma anche l'ultimo cachet preso da Pavarotti in un teatro italiano prima del ritiro dalle scene .Tuttavia il calo generalizzato dei prezzi nei decenni 1870-1890 e il bassissimo livello di tassazione fecero sì che una diva di prestigio mondiale come Adelina Patti riuscisse a guadagnare cifre mai uguagliate prima o dopo: 23.000 franchi per alcuni recite negli Stati Uniti e nel Messico negli anni ottanta dell'Ottocento. E non a caso fu la Patti ad abbagliare il pubblico del Covent Garden nel 1895 comparendo in scena nel secondo atto di Traviata (la festa di Flora) con un vestito adornato di tremilasettecento brillanti di un valore complessivo (allora) di un milione di dollari. L.Pavarotti Rispetto agli otto o dieci mila dollari a recita guadagnati dalla Patti sembrano relativamente modeste le entrate di Enrico Caruso, che guadagnava 2500 dollari a recita al Met (quando però uno stipendio medio era di circa venti dollari dollari a settimana). E se negli anni venti i guadagni di Gigli e Schipa nelle Americhe furono favolose, il crollo di Wall Street e la successiva Depressione portò a una riduzione notevole dei cachet. In Italia il regime fascista concedeva un massimo di ventimila lire a recita per «cantanti eccezionali»: una cifra leggermente inferiore al tetto imposto dal Met nella stessa epoca: mille dollari. Una cifra che vigeva ancora quando la Callas, la Tebaldi e Mario Del Monaco cantavano a New York nella seconda metà degli anni cinquanta. Lo scandalo oggi -- rispetto a mezzo secolo fa -- non risiede tanto nei cachet ufficiali, che comunque sono aumentati, quanto nei soldi corrisposti sottobanco attraverso operazioni al nero, con società fantasma, con le residenze opportunamente trasferite presso i paradisi fiscali (Montecarlo, Lichtenstein, Andorra, isole Caiman, ec.). Questa, però, è una consuetudine degli ultimi vent'anni. A.Kraus Nel mirino dei discorsi sul «caro-tenore» sono passati un po' tutti, da Gigli (che suscitò scandalo quando lasciò il Met piuttosto che accettare una riduzione di cachet durante la Depressione) a Jussi Björling (che secondo Bing diceva che non poteva permettersi di cantare al Met perché guadagnava molto di più nei recital) ad Alfredo Kraus, che impose cachet elevatissimi in cambio di una continuità di rendimento inarrivabile. Il più bersagliato però è stato senz'altro Pavarotti, gratificato da una raffica di articoli all'arsenico che ben pochi artisti hanno dovuto subire nel corso della loro carriera. Uno dei più violenti fu quello apparso «The New Yorker» nel novembre del 1995 dal titolo «Snake and the Fat Man» («Il serpente e il ciccione»), riferito all'agente di Pavarotti, Herbert Breslin, e al tenore medesimo; in questo articolo si elenca una sfilza di nefandezze attribuite al super-agente, reo di aver creato una «macchina per soldi» ma anche di aver distrutto artisticamente una delle più belle voci del secolo, riducendola a star da circo Barnum. In realtà molti dei «compromessi» artistici compiuti da Pavarotti ricalcavano quelli di cantanti ormai mitizzati del primo Novecento come Lauritz Melchior (che cantò persino a Las Vegas e figurava nelle pubblicità delle sigarette Lucky Strike) e Tito Schipa (che a fine carriera ricorreva al microfono anche nei suoi recital «classici») che pur rimasero -- come lui -- artisticamente impareggiabili in quello che sapevano fare meglio. Un altro tenore nel mirino della critica è senz'altro Andrea Bocelli, il quale costituisce un vero e proprio caso a sé. A.Bocelli Salito alla ribalta come cantante pop, vincitore di un discusso Festival di Sanremo, con alle spalle la potente casa discografica Sugar e un agente spregiudicato (Michele Torpedine), Bocelli riuscì a imporsi come interprete di punta del cosiddetto cross-over, cioé del mix tra il canto leggero e quello lirico, impostato: un genere che tutti reputano nuovo ma che ha illustri precedenti in Caruso , Gigli , Del Monaco, Anna Moffo e l'ultimo Pavarotti. Dopo i primi successi , Bocelli ha voluto intraprendere la più impervia strada del tenore lirico, debuttando in teatro prima nel Macbeth (Lucca), poi in Bohème (Cagliari), Amico Fritz (Verona), Werther (Dallas, Bologna), Butterfly e Tosca (Torre del Lago,Lucca), imprese salutate con simpatia ma anche con durissime critiche da parte degli oltranzisti. Si rimprovera a Bocelli la voce piccola, poco udibile senza l'ausilio del microfono, non sostenuta da una tecnica adeguata. Nel novembre del 1999 il sovrintendente dell'Opera di Nizza, Giancarlo Del Monaco, figlio del celebre tenore Mario, annullò due importanti contratti stipulati con Bocelli (Amico Fritz di Mascagni e Luisa Miller di Verdi) definendolo "inadatto" a sostenere opere di repertorio come tenore lirico. La critica americana stroncò sanguinosamente il suo Werther ma Bocelli riesce a diventare un mito mondiale, cantando per il Papa, per i presidenti Bush e Obama, per ogni tipo di convention, rete televisiva, vendendo milioni di dischi e continuando ad alternare canzoni pop a romanze, ora in coppia con Céline Dion, ora accompagnato da Zubin Mehta e Lorin Maazel, pronti a giurare sulla sua valenza straordinaria come tenore. Chi è dunque Bocelli? Vero mito o bluff? Non è certo la voce per Mario Cavaradossi, Radames, Calaf né per Manrico in teatro, ma questi ruoli in disco vengono affrontati con gusto e con lodevole impegno. Bocelli ha il merito di interessare al Melodramma una fascia di pubblico che non si porrebbe nemmeno lontamente l'idea di entrare in un Teatro e di portare in Tv, oltre che sé stesso, anche il genere che ama e che vorrebbe maggiormente diffuso. Non è poco in un periodo che vede l'Opera gravemente ghettizzata, soprattutto nel nostro paese. Outsiders
Tenore Salvaserata o Tenore Last Minute, è quel tipo di tenore che viene chiamato d’urgenza in caso di improvvisa defezione di un più celebre collega. Non è detto, poi, che il celebre collega canti meglio di lui. Di solito vengono convocati all’ultimo secondo, spesso senza nemmeno una prova: la loro affidabilità è assoluta. Il tenore “salvaserata” è la più completa (e anche tragica) conferma all’inutilità di molti conclamati Divi e di molte, costosissime regìe. I più famosi tenori “salvaserata” furono Ottavio Garaventa, Maurizio Frusoni, Vincenzo Bello, Lando Bartolini. Fu clamoroso il caso dell'Aida scaligera (2007) in cui venne contestato Roberto Alagna , sostituito al volo dal tenore Antonello Palombi, che entrò in scena in abiti borghesi.Recentissimamente è valso l'uso di utilizzare come 'salvaserata' i tenori coreani, spesso studenti di conservatorio o freschi vincitori di concorso. Costano poco, sono sempre pronti e cantano qualsiasi cosa. Parma,ottobre 2010
Acutista, è il tenore con gli acuti in tasca, facili e strafottenti. Si ricordano Antonio Pirino (famoso per il fa sopracuto a piena voce nei Puritani) , Mario Filippeschi, Gianni Raimondi, Franco Bonisolli, Salvatore Fisichella, Vittorio Terranova, e in tempi più recenti Aldo Bertolo, William Matteuzzi ,Giorgio Casciarri, Stefano Secco, Gregory Kunde, Celso Albelo, John Osborn, Antonino Siragusa, Lawrence Brownlee. Sono talmente sicuri nel registro acuto e sopracuto che possono essere impiegati, indifferentemente, per ruoli leggeri o drammatici (dalla Sonnambula al Guglielmo Tell) basta che sopravvivano indenni alle note sopra il rigo.
Maratoneta , è il tenore macina-recite, spesso protagonista delle cosiddette “spedizioni punitive” (spettacoli in compagnie di giro, tournées estive), in cui senza alcun risparmio canta anche 15 e più recite consecutive di Aida, Carmen, persino Trovatore, Otello . Un autentico recordman in questo senso fu Placido Domingo,ribattezzato "il tenore jet".
Il “Nome”, quando si ha bisogno di un tenore rinomato, non troppo costoso ma di chiara fama, si richiede “il Nome” ; che non sono necessariamente Domingo o Alagna (quelli, costano troppo) ma comunque un tenore che abbia una notevole carriera , una solida professionalità e non eccessive pretese di onorario: ecco quindi i vari Cecchele, Cupido, Merighi, Bartolini, Martinucci, in tempi più recenti Malagnini,Giuliacci.
Il Baritenore, è un tenore “corto” più che un baritono “lungo”.A volte è semplicemente un tenore ingolato. Il si bemolle viene quando viene, il la naturale è la sua nota ultima. Lo si impiega per opere limitate nell’estensione: Walchiria, Parsifal, Sansone.
Lo “specialista”, anche se il termine fa pensare a un killer si tratta in realtà di un tenore adatto a un repertorio ben preciso: può essere uno specialista rossiniano, verdiano, pucciniano, ma anche mozartiano, wagneriano. La sua è una vocazione che finisce per diventare un’etichetta, un marchio a volte indelebile. Tipico esempio Juan Diego Florez per Rossini,Ben Heppner per Wagner. J.D.Florez
Espada, è il corrispondente spagnolo del tenore “acutista” .Celebri espada furono Gayarre, Fleta, Cortis, Labaro, Kraus, Sempere, Gonzalez.
Tenore crossover . Ormai è una categoria a parte. Creato da Bocelli, il tenore crossover è colui che unisce la vocalità operistica alla vocalità leggera, mescolando i generi e interpretando canzoni appositamente concepite per questo nuovo modo di cantare.La voce non è mai del tutto appoggiata, tende naturalmente al falsetto,uso e abuso dei suoni ingolati, spesso si fa androgina. E' la famosa commistione dei generi che, se è vero che avvicina mondi diametralmente opposti, è anche vero che determina pericolose confusioni: non è raro che il tenore crossover canti un Manrico "pop" e un "Volare" troppo lirico. Ne sono tipici esponenti Vittorio Grigolo, Alessandro Safina, Rolando Villazon. R.Villazon
Tenore Jet , mentre il tenore “maratoneta” accumula recite nella serie minore, il tenore “jet” è il superDivo che viaggia con l’aereo privato e che grazie a questo costoso ma efficace mezzo, riesce a spostarsi da una città all’altra, da un fuso orario all’altro senza perdere mai un colpo. I Tre Tenori (Pavarotti,Domingo, Carreras) furono i campioni mondiali di questa categoria.
Tenore Rambo, sull’onda dei successi cinematografici di Sylvester Stallone sono apparsi di recente questi esemplari di tenori palestrati, dal pettorale imponente e dal bicipite prominente: José Cura e Dario Volonté, entrambi argentini, che nei loro primi anni di carriera hanno incarnato idealmente il prototipo dell'eroe statuario, i Russel Crove della Lirica (salvo poi subire un rapido tracollo, non appena alle ore in palestra si son sostituiti i continui viaggi e la vita pigra e indolente del cantante). Non sempre al muscolo corrisponde , poi, una voce altrettanto spettacolare, ma è un dettaglio di poco conto. J.Cura
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