Omaggio a Shirley Verrett , 1931- 2010 |
Sabato 06 Novembre 2010 10:22 | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Addio Shirley! Sono poche le voci e le artiste “rare” , “preziose” , fuori dalle consuete categorie che spesso stupidamente incasellano le voci come in dorate gabbie: una di queste è appunto Shirley Verrett, che ci ha lasciati in questi giorni, dopo aver dedicato gli ultimi 14 anni della sua vita all'insegnamento, presso l'Università del Michigan. Una vocalità sui generis, come è tipico delle voci di colore: ampia nell'estensione, velata in qualche nota di passaggio, non torrenziale nel volume ma penetrante, sinuosa, impareggiabile nel fraseggio e nella espressività interpretativa, cioé quel quid che fa la differenza tra una brava cantante e una fuoriclasse. Shirley Verrett aveva in effetti tutto ciò che occorre per diventare mitica: poteva permettersi di dominare i palcoscenici più prestigiosi come Carmen, Eboli, Ulrica, Dalila, Cassandra, Azucena, Favorita, Amneris, Orfeo, quindi ruoli da autentico mezzosoprano se noncontralto in taluni casi, e poi volare sopra il pentagramma, ancora più in alto, con Tosca, Norma, Medea, Amelia, Desdemona, Aida. Senza mai tralasciare una continua, sistematica attività concertistica, con la assoluta padronanza del repertorio liederistico, del Gospel, del musical persino.
Shirley Verrett si identificò , a mio parere, in un personaggio: Lady Macbeth. Pare quasi che Verdi, nella sua folle e geniale ricerca di una voce aspra, tagliente e mostruosamente estesa, abbia presagito esattamente l'avvento di una tigre come la Verrett Eccezionale in disco e in teatro con Abbado, la Verrett ha lasciato testimonianze di questo ruolo ben difficilmente eguagliabili.
Elegante e simpaticissima, la Verrett fu una donna estremamente semplice e diretta nei modi. Io la conobbi nel 1988 quando fu la prima ospite in studio della Barcaccia (allora Foyer) in via Asiago. Si presentò con un enorme pelliccione da superDiva, accompagnata dalla fida segretaria Simonetta Lippi. Dopo pochi minuti la diva lasciò il posto a una donna di trascinante spontaneità, pronta a parlare della nonna sciamana a cui si ispirava per i personaggi stregoneschi di Azucena e Ulrica, dei suoi studi inizialmente osteggiati dalla famiglia, delle mitiche lezioni alla Juillard School. Unica concessione al divismo la risposta netta :”Io non sono una nuova Callas o una nuova...chissà chi....io sono la Verrett!”. La incontrai di nuovo a Roma, in occasione di concerti e in giro per l'Italia, paese che adorava: a Trapani, persino, durante il Concorso Di Stefano, sempre luminosa, bellissima, un sorriso che ti conquistava all'istante. In palcoscenico era animata da un duende impressionante: chiudeva il Trovatore con una risata diabolica e pareva davvero invasata, ma anche in Carmen aveva degli sguardi di fuoco, che fulminavano sia Don José che il pubblico. Grandiosa in Dalila, con un legato e una proprietà stilistica che ritroviamo in pochissime sue colleghe. Al Scala ebbe una disavventura, interpretando con Pavarotti un'Amelia in Ballo in maschera che non piacque all'allora esigentissimo pubblico (se avessero saputo quali “bocconi amari” avrebbero dovuto digerire pochi anni più tardi....altro che fischi alla Verrett!!!). Ancor peggio andò durante un concerto di canto in cui, come bis, volle cimentarsi nella cavatina di Rosina dal “Barbiere” di Rossini: apriti cielo...venne massacrata di “buh!” e fischi, tanto da scoppiare a piangere e chiedere al pubblico della Scala “Perché??Perché??” , una scena straziante che finì sul Telegiornale. Altri tempi, se pensiamo al concerto della Fleming o a tante, osannate interpreti di cui preferisco tacere il nome.
Un apporto determinante alla Rossini renaissance fu proprio da parte della Verrett, la cui vocalità duttile, agile, fantasiosa ed estesa, consentì l'approccio con quell'”Assedio di Corinto” diretto da Schippers che costituisce una sorta di pietra miliare. Nel 2003 pubblicò un libro autobiografico, “I never walked Alone” , in cui rivelò l'ostracismo razzista che dovette subire in America durante i primi anni di carriera.
DISCOGRAFIA ESSENZIALE
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