GIOCONDA a PALERMO, la SUPER OPERA.
Venerdì 25 Febbraio 2011 22:53

 

        DOPO 40  ANNI  TORNA "GIOCONDA" di

         PONCHIELLI  al MASSIMO  di PALERMO

 

 

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                             DanielaDessUfficiale   Daniela  Dessì  è  Gioconda

 

 

 

Torna Gioconda di Ponchielli al Teatro Massimo di Palermo ed è un grande evento, immancabile per chi ama l'Opera nella sua più classica e profonda essenza.

Gioconda è una specie di super-Opera, un'Opera al quadrato, in cui si danno appuntamento tutte le componenti che rendono grandioso il meccanismo melodrammatico: memorabili melodie, passerella vocale tra le più complete (occorrono 1 grande soprano, 1 grande tenore, 1 grande baritono, 1 grande mezzosoprano, 1 grande basso e 1 grande contralto), corpo di ballo in grado di regalare la famosa Danza delle Ore , un grande Coro, una grande Orchestra governata da un grande maestro concertatore....tutto in Gioconda è grande. La trama e la narrazione ,come si sa, sono a un passo dal Grand Guignol: Lei (Gioconda) è amata da Barnaba ma in realtà ama Lui (Enzo) che ama L'altra (Laura) sposata con L'altro (Alvise). Nulla manca: le grandi arie che impegnano su tutta la gamma, i grandi duetti, i concertati, i colpi di scena.

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A Palermo la regìa è stata affidata a Monsieur Grinda sovrintendente dell'Opéra di Montecarlo. L'unico evidente pregio è stato quello di rispettare almeno il luogo (Venezia), i tempi e le didascalie, senza gli ormai consueti frigoriferi o le tazze del wc in scena. Una tantum. Peccato che la Venezia di Grinda e della sua équipe sia appena un abbozzo, con un fondale dipinto tipo acquerello , qualche elemento scenico a significare ora un bastione, ora la nave di Enzo, ora la Giudecca....tutto in estrema sintesi e in estrema povertà. Il clima di generale austerità si avverte moltissimo, nonostante lo sforzo di riproporre Gioconda in tutta la sua magniloquenza: perché non ricorrere allora alle sontuose tele dipinte dal Parravicini? Più belle e meno costose.

Al margine della crisi che attanaglia anche il Massimo di Palermo, causa le cattive gestioni passate, viene rilasciato alla stampa un comunicato abbastanza singolare: la Direzione del Teatro ringrazia tutti gli artisti del cast per aver accettato di ridurre il proprio cachet (si parla di oltre il 30%) ECCETTO UNO: Salvatore Licitra, che non avendo aderito all'autoriduzione ha abbandonato il campo, sostituito al volo da Aquiles Machado. Questo fatto pone irrimediabilmente due questioni: Licitra è un reprobo? O ha sbagliato il Teatro a comunicare last minute una riduzione che avrebbe dovuto proporre molto tempo prima?

Torniamo allo spettacolo e alla regìa di Grinda. Diciamo pure che la regìa si è manifestata piuttosto statica e priva di idee, affidata alle singole iniziative dei solisti. Trattandosi di famosi professionisti le cose sono filate lisce, nell'ambito di una correttezza convenzionale che appagava un po' tutti. Peccato , però, alcune assurdità: il Coro che camminava sull'acqua nel II atto, “Prodigio, incanto” dieci minuti prima che si sollevi il tulle sulla Danza delle Ore (e che prodigio è ?) , Alvise che mostra al Coro una Laura morta ….che non c'è...

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La Danza delle ore, poi, che doveva essere il clou è stata invece un flop, causa la brutta coreografia di Marc Ribaud che rievocava gli Dei grotteschi de La Belle Hélène di Offenbach con tre Re Magi sospesi su una nuvoletta. Corpo di ballo non eccezionale, privo di étoiles, senza virtuosismo, senza idee, sconfortante.

 

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Le note positive sono giunte dalla parte femminile del cast. Daniela Dessì, al suo debutto nel ruolo, si è presentata in forma smagliante, esile nella figura e intensa nelle espressioni del volto, estremamente misurata e controllata vocalmente, in un crescendo emozionale che ha portato al compimento d'un magnifico quarto atto. La voce ha affrontato le numerose asperità della tessitura, comprese le frequenti discese nel registro di petto e i pianissimi in zona acuta, fino alle agilità del duetto finale con Barnaba. Ma dove la Dessì ha conquistato e commosso è stato nei recitativi drammatici, soprattutto la scena che apre il quarto atto e culmina nel magnifico terzetto, con Laura ed Enzo. Si è notato un grande lavoro e una concentrazione totale per la definizione del personaggio, un punto d'arrivo per ogni soprano drammatico di agilità che si rispetti.

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Al fianco della Dessì una magnifica Marianne Cornetti, elegante e di grande sicurezza soprattutto nel registro acuto , sfoggiato nell'aria “Stella del marinar” e nel duetto “L'amo come il fulgor del creato” . Ottima la Cieca di Elisabetta Fiorillo, il cui registro grave manteneva potenza ed espressività insieme , oltre a una perfetta caratterizzazione scenica.

Ad Aquiles Machado, sopraggiunto a tre giorni dalla Prima, va concesso l'onore delle armi: la voce correva e squillava in alto ma un po' troppi suoni schiacciati e alcune oscillazioni sui si bemolli acuti , fanno pensare alla storia della rana che voleva fare il bue , del resto Machado affronta oggi un repertorio drammatico per il quale non è nato e che lo vede  un po' forzato protagonista, non aiutato in questo da una statura e da una fisicità poco pertinenti.

Ciò detto, va comunque testimoniata la correttezza del suo Enzo e una notevole sicurezza nel dominare le difficoltà della parte.

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Perle nere per quanto riguarda il basso e il baritono. Il primo, Vinogradov, si presenta in scena struccato come il sosia di Fassino giovane....potrebbe, anche vocalmente, andar bene per un Masetto invece deve affrontare uno dei ruoli mitici dei più grandi bassi della storia: ovviamente la voce non passa e resta ferma sul palcoscenico, piuttosto piccola e gutturale. Quanto al  look, d'accordo che Alvise  Badoero non debba  essere  necessariamente  un Babbo Natale, ma nemmeno sembrare  il  figlio  di sua  moglie  Laura!

    vinogradov2 Vinogradov     fassino Fassino

Molto male anche Alberto Mastromarino, forse l'unico che conosceva bene il ruolo di Barnaba avendolo cantato anche all'Arena di Verona. Voce collocata tra naso e gola, morchiosa, un fraseggio rozzo e spesso volgare, difficoltà nel raggiungere i sol acuti, suoni grattati e afflitti dai temibili “catarrini”.

Il direttore d'orchestra, Serba Dinic (il vero nome è impronunciabile ) ha fatto del suo meglio per far-come si suol dire- “quadrare i conti” e in gran parte c'è riuscito, risultando spesso prudente e poco incisivo. Purtroppo qualche svarione tra palco e buca c'è stato, soprattutto in alcuni passaggi corali e nel duetto tra Gioconda e Laura, cose che nelle repliche si sistemeranno senz'altro. La Danza delle ore è stata ben eseguita ma con qualche prudenza di troppo: il galop finale poteva essere molto più brillante ma, con ogni probabilità, avrebbe messo a repentaglio la stabilità di alcuni\e componenti del Corpo di ballo.

Bene Coro , Orchestra e Comprimari, tra i quali spiccava Angelo Nardinocchi.

Il pubblico ha decretato un ottimo successo, distribuendo applausi a tutti.