SCALA: I CONTESTATORI....CONTESTATI! |
Sabato 26 Febbraio 2011 10:46 |
Il Corriere della Grisi è un blog di appassionati d'Opera, assidui e giovani frequentatori(finalmente!E' un pregio ) di molti teatri italiani e in particolare della Scala.Non si tratta di esagitati melomani oltranzisti, bensì di persone preparate, in molti casi molto colte, professionisti in carriera, lontani dal cliché del tipico loggionista ignorante, rozzo e ineducato. In occasione della quarta recita di “Tosca” martedì scorso , all'uscita del teatro , alcuni membri di questo gruppo, rei di aver contestato i protagonisti dello spettacolo (il tenore Kaufmann, il soprano Dyka soprattutto), sono stati circondati e insultati da un secondo gruppo di loggionisti, i tipici " anziani "(nonnismo?),arrivando quasi alle mani. Il fattaccio, decisamente riprovevole , mi spinge ad alcune considerazioni e ad alcune notazioni di carattere “storico” sulle intemperanze dei loggioni. E' in atto, almeno dal 1990, un progetto abbastanza preciso: quello di eliminare ogni forma di dissenso dal teatro d'Opera. Perché 1990? Fu allora che alla Scala , allestendosi per la prima volta “Traviata” dopo la mitica esecuzione affidata al trio Callas-Visconti-Giulini e dopo il flop Karajan-Freni, la direzione decise di chiudere il loggione e consentire l'ingresso ai soli turisti e ad innocue vecchiette, un pubblico selezionato che non avrebbe mai contestato la stonata Fabbricini, il fracassone Muti e l'insipida Cavani. Così fu ed iniziò l'Era del consenso organizzato. Tuttavia, anche analizzando i furori loggionistici delle fronde milanesi e parmigiane, possiamo affermare tranquillamente che il melomane di oggi è assai meno violento ed esarcebato rispetto ai suoi colleghi del passato. In Teatro può volare qualche fischio e qualche improperio, ma nulla in confronto a ciò che accadeva nel Settecento, quando le diverse fazioni di appassionati giungevano a sfidarsi a duello per questo o quel cantante, non necessariamente un soprano: per il basso Claude Chassé, attivo tra il 1720 e il 1750, giunsero a duellare addirittura due donne! Tanto amore, tanta infuocata passione portarono ad eccessi incredibili, in tutte le epoche: il soprano Adelina Patti, a San Pietroburgo, ebbe l’onore di essere trainata dai propri fans, dopo che questi le staccarono i cavalli dalla carrozza; a Lillian Nordica, altra celebre Diva del primo Novecento, venne dedicata una nave da guerra, la U.S.S.Nordica; Géraldine Farrar, stella del Met, fu sempre seguita dalle cosiddette “Gerryflappers” , uno stuolo di ragazzette pazze per lei , pronte a portarla in trionfo per tutta Broadway nel 1922, quando si ritirò a soli 40 anni dalle scene. Scene di autentico fanatismo hanno accompagnato le vicende artistiche di Caruso, Gigli, Schipa, della Callas, della Tebaldi, di Di Stefano, Del Monaco, Corelli, fino ad arrivare agli strapopolarissimi “Tre Tenori” (Pavarotti, Carreras, Domingo), quasi un marchio, una griffe. Dei tre moschettieri Domingo è certamente il più amato, soprattutto dal pubblico femminile che ha saputo negli anni ingraziarsi, con una ammirevole e sapiente captatio benevolentiae, facendosi perdonare le numerose stecche e le note omesse in “Otello” e “Sansone”. Sarà bene ricordare che il melomane non va confuso con il claqueur. Il primo è tale a titolo gratuito e, anzi, sta continuamente sulle spese, il secondo fa parte di un gruppo organizzato e pagato, dal Teatro o da singoli artisti bisognosi di un sostegno di applausi . La claque nasce, come si sa, con l’imperatore Nerone, baritono di voce ma tenore di cervello, il quale stabilì che le sue eccezionali doti canore meritassero un’adeguata presenza di plauditores entusiasti. Scritturò così qualcosa come cinquemila schiavi egizi, pagati profumatamente, che lo acclamassero ripetutamente al termine di ogni esibizione. L’imponente plotone era diviso in: bombi, che applaudivano all’unisono, imbrices, che imitavano il suono della grandine, e testae che riuscivano ad applaudire producendo effetti simili alle stoviglie che vanno in frantumi. Svetonio narra che il cavallo di battaglia di Nerone fu una cantata dal titolo “La Niobe” , della durata di quasi quattro ore! Più o meno quanto due concerti di fila di Bocelli! Nell’Opera la claque ha avuto alti e bassi ma di fatto ha resistito allo scorrere del tempo. Bérlioz scrisse pagine memorabili e molto divertenti sulla claque attiva presso l’Opéra di Parigi. Un secolo più tardi, nel 1911 , il soprano Meta Reddish, debuttante al San Carlo di Napoli, venne contestata duramente dai loggionisti perché aveva pagato una cifra non adeguata al rappresentante della camorra (alias= il capoclaque!) , insomma quasi un “pizzo” ; nel 1992 , ancora a Napoli, l’Adriana Lecouvreur con Raina Kabaivanska e Nunzio Todisco vede lo scontro violento tra due diverse claques, quella del soprano e quella locale del tenore, stavolta senza pizzo ma con tanti coloritissimi epiteti. Episodi legati alle intemperanze della claque si trascinano fino ai nostri giorni, né mai cesseranno di esistere: nel 2001 a Parma, città celebre per i suoi focosi loggionisti, una piccola ma rumorosissima claque milanese del soprano Fabbricini contestò violentemente il soprano Denia Mazzola, giunta a sostituire l’indisposta collega nell’impervio ruolo verdiano di Lady Macbeth; alla Scala di Milano, durante l’Era Muti (1986-2005) , si può dire che quasi ogni spettacolo diretto dal Maestro non sia passato indenne da contestazioni, con la presenza di una piccola claque pro e un’altra fazione, non meno agguerrita, contro (si ricordano spettacoli molto vivaci, loggionisticamente parlando, come Traviata, Vespri siciliani, Pagliacci, Forza del destino, Guglielmo Tell, Don Carlos,Rigoletto, Trovatore, Attila…). In tempi più recenti possiamo constatare che il pubblico (vuoi per il progressivo misconoscimento dell’Opera, vuoi per l’aumento dei prezzi del biglietto, vuoi per un certo qual buonismo imperante) si sia rabbonito, fino agli eccessi imbarazzanti del Metropolitan di New York, dove ogni recita è comunque un trionfo, a prescindere dalla qualità dell’esecuzione. Per una orrenda Madama Butterfly nel glorioso tempio americano si dovette vedere la nonagenaria Licia Albanese, mitica Violetta di Toscanini, sola e unica a “buare” sonoramente lo spettacolo che invece veniva osannato dal resto del pubblico. In Germania, nonostante gli orribili allestimenti che spesso scempiano le opere liriche, il pubblico educatamente applaude senza dissentire, limitandosi ogni tanto a contestare le uscite degli improvvidi registi. In Italia, si è detto, frange di contestatori permangono nelle capitali “calde” come Milano, Parma, Firenze; ma il genere non è più di moda. Vi sono poi le istituzioni intoccabili, laddove tutto è perfetto “a prescindere” (come chioserebbe Totò): impossibile che vi siano contestazioni a Santa Cecilia in Roma, per esempio, in cui il pubblico pare sia un tutt’uno con la poltrona (gonfiabile e smontabile alla bisogna, con complicati meccanismi che scatenano l’applauso entusiastico e l’ovazione a comando).
Arriviamo dunque al fattaccio di “Tosca”. Riportiamo qui quanto esposto nel blog “Il Corriere della Grisi” dai diretti interessati: Da “Il Corriere della Grisi” \24.2.2011
EXORDIUM Chiosa finale (Enrico Stinchelli): Fino a che si vorrà considerare viva e vegeta l'Opera in Italia si dovrà anche consentire al pubblico di esprimersi liberamente , sia per applaudire sia per contestare uno spettacolo. Il prezzo di un biglietto autorizza questa libertà. Ciò vale a maggior ragione quando sul palcoscenico si assiste a una "Tosca" risibile , vocalmente e scenicamente, come quella proposta dalla Scala. Fischiare diventa il minimo. |