SEMIramide al San Carlo: a quando INTERA? |
Venerdì 18 Novembre 2011 22:39 |
SEMIRAMIDE di Gioachino Rossini
libretto di Gaetano Rossi
direttore Gabriele Ferro regia Luca Ronconi maestro del Coro Salvatore Caputo scene Tiziano Santi costumi Emanuel Ungaro light designer A. J. Weissbard regista collaboratore Ugo Tessitore assistente alla regia Benedetto Sicca assistente alle scene Emanuela Gasperoni e Alessia Colosso assistente ai costumi Maddalena Marciano assistente alle luci Pamela Cantatore Semiramide Laura Aikin (18, 20, 22 novembre) /Maria Pia Piscitelli Arsace Silvia Tro Santafè (18, 20, 25, 27 novembre) /Carmen Topciu Assur Simone Alberghini Idreno Gregory Kunde (20, 22 novembre)/Barry Banks Oroe Federico Sacchi Azema Annika Kaschenz Mitrane David Ferri Durà L'ombra di Nino Gianvito Ribba Orchestra e Coro del Teatro di San Carlo Una SEMI-ramide inaugura il San Carlo di Napoli. Nata sotto una cattiva stella, con la defezione dell'annunciata Sonia Ganassi (ufficialmente per improvvisa malattia, ma pare fosse la classica “influenza diplomatica”) e poi con la sostituzione di Gregory Kunde, anch'egli malato, da parte del tenorino Barry Banks, l'opera rossiniana è stata presentata in una versione piuttosto dimessa, con un cast insufficiente per una buona metà. Nonostante la Semiramide sia stata scritta da Rossini per sua moglie, Isabella Colbran, già declinante e quindi cucita con amorevole cura sulle residue possibilità della illustre cantatrice, si tratta com'è noto di un caposaldo del repertorio belcantistico, da molti esegeti considerata come il trionfo del Belcanto puro. I.Colbran Al San Carlo mancava per l'appunto la protagonista, che secondo la scrittura rossiniana dovrebbe essere un soprano drammatico di agilità, una voce cioè dotata di un “corpus” pieno e sonoro, di un vibrante accento e di una grande agilità, con sostanziose note gravi e nel medium (la parte è molto centrale, dato che la Colbran non reggeva più gli acuti). La tradizione , Sutherland in testa, ha aggiunto poi come ciliegine sulla torta acuti e sopracuti....se si può. La Ganassi, probabilmente non pronta al cimento, è stata rimpiazzata da Laura Aikin, un sopranino ino ino che tutt'al più potrebbe essere una Despina in Così fan tutte, ma non certo la regina guerriera vagheggiata da Rossini. Arsace, ruolo di contralto “en travesti”, il mezzosoprano Silvia Tro Santafé , che non va oltre la sufficienza, buona nelle agilità e abbastanza omogenea nell'emissione ma priva di una personalità di spicco , in un ruolo che è stato il cavallo di battaglia di autentiche leonesse come la pionieristica Simionato, la Horne soprattutto, la profonda Podles. Buono Simone Alberghini come Assur: un basso che sa cantare ma che ha un timbro non sontuoso e forse ai limiti in una parte di grande difficoltà vocale ed espressiva. Tremendo il tenore, Barry Banks: una voce da gnomo, petulante, schiacciata, quasi insopportabile nelle due arie di Idreno, che non è affatto una parte di fianco. Buono il basso Ribba come Voce di Nino e Sacchi come Oroe, l'altro basso. L'idea di Ronconi di collocare il Coro in buca mi pare leggittima ma strampalata; Ronconi non ha mai amato lavorare con i Cori: o li nasconde, o li ficca in botole profonde, o li schiera immobili. Coronerà il suo sogno quando lascerà definitivamente il Coro dietro le quinte. I commentatori parlavano di atmosfera 'macabra, plumbea'....forse per questo il pubblico non applaudiva quasi mai , in un'opera che per come è concepita dovrebbe essere un trionfo ogni 10 minuti! Gabriele Ferro ha alternato momenti efficaci (i Finali d'atto, per esempio) con improvvisi stacchi bandistici e immotivate pesantezze, quanto mai deleterie per questo brillante Grand-Opéra. |