Intervista a Enrico Stinchelli, regista di Traviata a Salerno |
Lunedì 09 Aprile 2012 20:24 |
Enrico Stinchelli, regista di Traviata a Salerno (14\18\22. 4 .2012)
intervista di Claudia Cianciulli:
Maestro quale sarà il suo rapporto con il melodramma verdiano? Amo molto il capolavoro verdiano come spettatore prima ancora che come regista, sono da sempre soprattutto un grande appassionato d'opera. La passione è il motore che muove ogni cosa nella mia vita, è un sentimento complesso intimamente legato al destino della propria esistenza e, la mia, è consacrata all'opera. In un continuo fluire una nell'altra gli elementi vita/opera finiscono per fondersi e confondersi uno nell'altro e si finisce a vivere con l'opera e vivere l'opera. Non mi ritengo semplicemente un realizzatore di spettacoli come di solito il regista viene considerato ma piuttosto come una persona che vive intensamente e profondamente lo spettacolo e che vorrebbe che lo stesso accadesse per ogni spettatore. L'opera quindi come forma di grande passione? Possiamo dire che l'opera rappresenta davvero una forma di vita. In una crisi globale come quella che ci troviamo a vivere, dove sono sovvertite tutte le regole in un incessante turbine che fagocita i valori più profondi e ancestrali, l'opera può incarnare veramente un nuovo modus vivendi che rende vivibile la vita stessa. Tutto nel mondo è o dovrebbe essere Opera, e se realmente ciò fosse...state certi che molte brutture non si vedrebbero. Suggestioni profonde ed intense in questa Traviata. L'opera è segnata da tratti di modernità quasi rivoluzionari, si tinge di chiaroscuri che corrono lungo la sottile linea di due ombre ben distinte: la prima leggera, quasi frivola, legata alla mondanità degli eventi, che si intreccia con l'aspetto meramente sentimentale dell'opera e si adagia sul ritmo di valzer; la seconda, che rincorre lo spettro della morte e della malattia, è quella drammatica, funebre e solenne. Una partitura drammatica che si riflette nel sogno di un amore illusorio, che in maniera speculare affianca e sovrappone diversi stati d'animo, ponendo al centro della scena una donna sola nel popoloso deserto che chiamano Parigi, ma che è un luogo senza tempo, dove non esiste ieri e oggi e sicuramente neanche il domani. Come sarà il suo allestimento? Il mio modo di vivere l'opera si concreta nel rispetto della drammaturgia e della bellezza in sé del lavoro. Pur considerando La Traviata un'opera eterna e senza tempo, dai tratti profondamente contemporanei l'allestimento sarà piuttosto classico. Abbiamo incorniciato la vicenda sui vezzi della Belle Epoque, i nostri personaggi profumeranno di respiro liberty, un periodo gioioso caratterizzato dalla joie de vivre. Lei ha avuto la possibilità di abbeverarsi alle fonti della grande cinematografia, cominciando la sua carriera come assistente di Luigi Comencini, ci sarà in questo lavoro una testimonianza del suo storico retaggio artistico? La chiave del mio lavoro risiede anche nella marcata impostazione cinematografica che imprimo nel mio allestimento. Amo ricordare l'utilizzo delle due T: tradizione e tecnologia, unione perfetta di due elementi fondamentali. L'ausilio della tecnologia permette di evidenziare e sottolineare alcuni passaggi drammatici e infatti utilizzerò per questa Traviata delle particolari proiezioni video che dialogheranno con tutto il resto della messinscena. Non sarà un apporto statico il loro, ma una collaborazione costantemente attiva e partecipe all'interno della quale le immagini scorrerano all'unisono con le vite dei personaggi e con il fraseggio musicale, in una continua mescolanza di emozioni e giochi prospettici intensi, senza che questo, naturalmente, intacchi il ruolo assoluto della musica. In scena troneggiano grandi carte da gioco e una specchiera, da quale suggestione nasce quest'esigenza scenografica? L'idea che ha mosso tutto il mio lavoro scenografico nasce dalla volontà di mettere in scena degli elementi emblematici capaci di far immergere immediatamente lo spettatore nei luoghi, nei profumi e nei colori che animano gli ambienti dell'opera, luoghi che siano in grado di veicolare i diversi stato d'animo che a momenti alterni i protagonisti vivono in scena. Le carte da gioco ovviamente ci introducono nelle feste chiassose animate dalla vana e vacua spensieratezza del demi-monde, dove danzano insieme gioco, denaro, fortuna e sesso. La grande specchiera simboleggia il riflesso dell'anima di Violetta e le mostra le scene della sua vita tra sogno e realtà. La protagonista come si muoverà nelle sue scene?
Violetta è una ragazza circondata dal cinismo e dall'indifferenza. Partecipa a una festa ma la sua anima vaga altrove, come sollecitata non da uno ma da diecimila pensieri. Gli invitati sono tanti, vi è una parvenza di gioia e di divertimento, ma lei ne è continuamente distaccata. Ombre, larve che si muovono intorno a lei. Alfredo è l'illusione, il sogno di una vita borghese, nella norma, che però non è nemmeno il vero sogno di Violetta, che è e resta una grande vittima . Un personaggio enigmatico si muove in palcoscenico... Un personaggio inquietante, silenzioso, è onnipresente: appare nella festa del I atto, ma anche in casa di Flora ….è una giovane ragazza diafana, che somiglia vagamente a Violetta...la osserva, la scruta, è galante. Capiremo alla fine quale sia il suo terribile compito.
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