Veriano Luchetti, ricordo di un grande tenore. |
Lunedì 23 Aprile 2012 17:22 |
Vorrei, con infinita tristezza, ricordare la figura del tenore Veriano Luchetti , scomparso stanotte all'età di 73 anni, e che è stato uno dei miei tenori preferiti. Direi anzi il primo che mi abbia davvero entusiasmato a teatro, quando ho iniziato a fare la fila per i posti in loggione. Aveva una voce molto voluminosa e schietta nella dizione, con una generosità nel cantare che corrispondeva perfettamente alla generosità della persona. Veriano iniziò ad affermarsi dopo una strepitosa e rara “Africana” di Meyerbeer, eseguita sotto la bacchetta di Muti nel 1971 a Firenze: da quel momento divenne il tenore prediletto del famoso direttore d'orchestra, per almeno un ventennio. Cadde in disgrazia quando “osò” accettare di cantare a Bologna i Vespri siciliani sotto la bacchetta di Chailly, una scrittura che Muti vide come un affronto personale dopo che la parte era stata accuratamente preparata con lui , sempre al Maggio, qualche anno prima. Ma la carriera di Veriano Luchetti, nonostante la concomitante presenza di nomi eccezionali (Pavarotti, Domingo, Carreras, Aragall, in primis, ma ancora Bergonzi, Kraus,Bonisolli, Giacomini, Merighi, Cecchele....e chi più ne ha più ne metta) svettò verso mete eccezionali, tra cui il Macbeth e il Simon Boccanegra alla Scala con l'abbinata Abbado-Strehler , che restano le sue migliori affermazioni insieme a una vera e propria specializzazione come tenore del Requiem di Verdi.
Grazie alla qualità superiore della sua natura vocale, Luchetti poté spaziare da Cherubini ,Donizetti a Verdi e Puccini, includendo tra i suoi personaggi un eccellente Don José, cantato spesso con la Horne come Carmen. Signori miei, che voce in teatro! Squillante, morbida, perfetta nella scansione degli accenti,dai fiati lunghissimi, con una caratteristica “e” schiacciata e con un falsettone prodigioso, dolcissimo, che ricordava Gigli.
Come persona era il classico bonaccione , con la battuta pronta e quel tipo di ironìa tipicamente laziale (era nato a Tuscania, in provincia di Viterbo). Una volta a Verona, cantando Calaf con Grace Bumbry nella parte di Turandot, gli chiesi: “Veriano, ma come hanno truccato la Bumbry (nera come il carbone) da principessa cinese?”. E lui subito: “ Aoh, è entrata in camerino pareva un tartufo de Norcia....è uscita truccata...pareva na' trota 'nfarinata!”.
Coppia fissa e inossidabile con il soprano Mietta Sighele (alla quale va il mio abbraccio e la mia partecipazione a questo indicibile lutto). Insieme hanno cantato centinaia e centinaia di recite (Mietta le chiamava “le mille battaglie”) e seguire i loro ricordi a tavola o nel salotto della bellissima villa a Riano poteva farti rischiare l'infarto per le risate. Ce n'era per tutti, ma sempre con bonomìa e senza acredine alcuna. Indimenticabile lo scambio di battute tra Mietta e Veriano dopo un Requiem di Verdi che il tenore cantò a Montecarlo con la Ricciarelli. “Veria', com'ha cantato la Katia?” , e lui “Mie'...na' favola!”. “E il Libera me domine?” , e lui “Na' meraviglia, un trionfo” , “ E il si bemolle?” fa lei satanica e lui, dopo una brevissima pausa...”Un urlo belluino!”. Negli ultimi anni, dopo il ritiro dalle scene, si erano dedicati all'insegnamento e ai Corsi di Riva del Garda, con la stessa dedizione e l'entusiasmo di quando erano in carriera. Qualche anno fa Veriano fu colto da un brutto ictus, che stava per spedirlo anzitempo all'altro mondo. Un giorno mi telefonò e disse: “A Eri', non so' ancora rincojonito...e prima che ciò avvenga vorrei che tu mi trovassi la Lucia con la Sutherland, fu una bella recita, tu ce l'hai completa?”. Io non la possedevo, solo il duetto e la scena finale. “Vabbe'...portame quella, è una buona occasione per vedersi...”. Come spesso capita quell'occasione non venne più.
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