OPERA BURLESQUE: cronache dal Metropolitan di New York |
Martedì 01 Maggio 2012 20:04 |
Se da noi si piange...a New York si ride!
Dalla nostra inviata speciale a New York, Lilian Bernheimer.
La prima cosa che noti passeggiando per le vie affollate della Grande Mela è l'inconfondibile effluvio di patatine fritte. E' un olezzo che senti ovunque, nei bar, nei ristoranti certo, ma anche lungo Central Park, nel foyer del Metropolitan: persino allo Zoo, dove sarebbero gli animali ad avere la meglio sulla frittura. Niente: le chips imperano. E con il fritto il sovrappeso degli abitanti che ne abusano quotidianamente. Al Metropolitan si assiste a una strana passerella: la fila dei ciccioni che si avvia in teatro scortata dal personale, in sedia a rotelle. Poi, giunti sulla soglia dell'ingresso in platea, il miracolo: i colossi si alzano, novelli Lazzaro, e raggiungono barcollando i loro posti. Le signore, rigorosamente impellicciate e senza calze, si presentano abbastanza eleganti e con borsette e scarpe firmate. Non tardano però a restare scalze e più di qualcuna, accavallando le gambe sulle ginocchia dell'accompagnatore, si fa massaggiare i pieducci durante “Recondita armonia” o “Di provenza”..., come fossero tranquille nel salotto di casa. Singolare che nei bagni del Met la coda non la facciano le donne ma soprattutto gli uomini: di solito avviene il contrario in Germania ma anche nei nostri teatri. Chissà perché. La principale caratteristica del maggior teatro americano è il fatto che tutti ridano, in continuazione e nei punti più impensabili. Complici i sovratitoli, che gli americani leggono avidamente, le esplosioni di ilarità colpiscono il Don Giovanni di Mozart (le entrate di Donna Elvira, immancabili) quanto Verdi, Bellini, Donizetti , Puccini (“Ma falle gli occhi neri”...giù risate) e persino Wagner. Nella Walchiria che sta andando in scena in questi giorni un boato di risa inconsulte accompagna la celebre Cavalcata, meglio che per le comiche di Stanlio e Ollio. Una gigantesca Fricka, Stephanie Blythe, viene collocata su un trono e da quello non può, non deve spostarsi, essendo una signora che supera i 200 chili: non appena la poveretta si erge faticosamente per emettere un acuto impegnativo ecco esplodere implacabile la risata di tutto il Met, prima che la ingombrante artista torni seduta.
In Traviata entra il padre nella festa di Flora e redarguisce Alfredo :”Disprezzo degno, sé stesso rende, chi pur nell'ira la donna offende”. Non basta nemmeno l'adorato divo Hvorostovsky a placare l'ilarità nervosa degli astanti: alla frase “dov'è mio figlio, più non lo vedo” ripartono le risatazze. Povero Verdi, poveri noi. Mario Del Monaco abbandonò sdegnato il Met nel 1959, quand'era in auge, dicendo che l'America avrebbe rovinato l'Europa. Fu buon profeta.
Al Metropolitan si assiste oggi al singolare fenomeno che potremmo definire “dell'immolazione delle voci”, soprattutto quelle molto sostenute dal battage pubblicitario.
Natalie Dessay, un tempo stella luminosa e svettante, non riesce oggi a chiudere il primo atto di Traviata in modo decoroso: la voce , stremata, inizia a scomparire già dopo una ventina di minuti dall'apertura di sipario (effetto del cortisone a corto raggio?) e la recita prosegue tra afonìe e improvvisi abbandoni. Nel II atto subentra la Hong, un soprano che da circa vent'anni sostituisce al volo le colleghe defezionarie. Lei, in compenso, sta sempre bene e riesce persino a mostrare un bel paio di gambe col vestitino rosso di Violetta Valéry. Ma i malati, veri o immaginari, abbondano, si è detto: quando c'è Walchiria si ammala puntualmente Kaufmann, il tenore del momento, sostituito all'ultimo istante dal marito del soprano Westbroeck. “Siate clementi e sostenetelo qualunque cosa faccia!” implora Peter Gelb, il general manager del Met al pubblico, “ Era qui come turista ....”. Il pubblico applaude ma...ricordate: se siete a New York in gita turistica, non dimenticate di ripassarvi la Walchiria!
Applausi trionfali per il tenore Piotr Beczala in Manon, al baritono Bryn Terfel come Wotan,a Dimitri Hvorostovsky, forse il più amato di tutti, persino più della Netrebko.
Il maestro Luisi fa il suo ingresso in buca per Walchiria e ha una convinta ovazione. Entra per il II atto e gli applausi si sono notevolmente ridotti, al III atto sono pochi applausi di cortesia: troppe imprecisioni nei vari reparti, troppi attacchi sporchi, troppa confusione all'inizio del II atto, a un certo punto l'orchestra sembrava entrare a canone, evidentemente poche letture e prove raffazzonate. Peccato per il maestro italiano. Mentre durante i lunghi intervalli si consumano tramezzini e si improvvisano picnic in sala, nel foyer si possono ammirare le foto degli interpreti in ordine rigorosamente alfabetico. Grande cavolata, l'ennesima: col risultato di vedere in basso ad altezza d'uomo i comprimari che iniziano con la A e magari Pavarotti confinato in alto, quasi invisibile. Per Domingo invece una intera cappella, interamente consacrata alle sue diecimila battaglie.
|