Le perle bianche di Desirée Rancatore e Celso Albelo al Verdi di Salerno
Giovedì 17 Maggio 2012 23:12

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Una serie di scroscianti applausi e di autentiche ovazioni ha salutato l'ennesima produzione vincente realizzata dal Teatro Verdi di Salerno, stavolta “Les pécheurs des perles” di Bizet, trascinata al trionfo dalla direzione raffinata e partecipe di Daniel Oren , dalla regìa attenta e scrupolosa di Riccardo Canessa, e dal “Duo Merveille” costituito dal tenore Celso Albelo e dal soprano Desirée Rancatore, due autentici fuoriclasse che si sono riuniti in coppia per la delizia e il godimento estremo degli amanti del Belcanto.

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E' raro trovare un binomio vocale tanto affiatato e preciso, tanto attento a rispettare una linea elegante e virtuosistica al tempo stesso, culminante nelle rispettive arie e nei duetti, che sono il cardine di un piccolo grande tesoro operistico, poco conosciuto oggi in Italia ma un tempo frequentemente in repertorio. Tutti i grandi tenori, tanto per dire, hanno avuto in repertorio l'aria “Je crois entendre encore” , da Caruso a Gigli, da Gredda a Vanzo, da Kraus a Celso Albelo, ognuno con le sue proprie caratteristiche timbriche, con le proprie nuances. Albelo ha cesellato l'aria con magnifica morbidezza, scegliendo la strada della mezzavoce ma senza mai perdere il necessario appoggio sul fiato, che è la chiave per superare l'ardua tessitura. Come ulteriore prodezza, ha cantato l'aria sdraiato, in posizione affatto comoda.

Ma ugualmente perfetto è stato il grande duetto con il baritono, il duetto con Leyla, il terzetto: una prova superata da grandissimo interprete e con la serenità che è propria dei grandi interpreti.

Dal canto suo Desirée Rancatore ha offerto una prova esemplare. Ormai non è più l'usignolo sopracuto utilizzato per bambole o Regine della Notte, o meglio: ha conservato la facilità nel registro alto e l'agilità, ma ha aggiunto una nuova rotondità nei centri e un velluto più spesso, che la destina certamente a ruoli via via più lirici. Leyla nei Pécheurs è del resto una sorta di via di mezzo tra Micaela (Carmen) e Lakmé: non sfoggia agilità vorticose ma delicati melismi esoticheggianti, non è estesissima ma la tessitura è acuta, perciò più difficile. La Rancatore si è ovviamente divertita a inserire un paio di sopracuti fuori ordinanza, uno al termine del duetto con il baritono e questo per ricordare a tutti la sua straordinaria estensione. Meravigliosa ed evocativa l'aria “Comme autrefois” , dipinta nota per nota con grande intensità e adamantina perfezione musicale.

Da aggiungere a questi dati vocali la perfetta interpretazione dei ruoli, grazie anche alle indicazioni precise e coerenti del regista , Canessa, che ha rappresentato l'opera attraverso indovinate simbologìe indiane, prima con grandi parasole ornati, poi con un gigantesco rudere a forma di braccio con una grande perla tenuta nella mano, poi con un tempietto, il tutto impreziosito da luci indovinate e da proiezioni delicate e per nulla invasive.

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Daniel Oren , pur famoso per l'etichetta di direttore verista e legato ai titoli verdiani di repertorio, si è dimostrato il grande maestro che è nel sottolineare le infinite finezze di Bizet, ma anche ricreando in orchestra la forza trascinante delle tante danze, dei Cori, l'impeto delle chiuse d'atto. Orchestra e Coro in stato di grazia, un lavoro perfetto da parte del maestro del Coro, Petroziello.

Il baritono, Luca Grassi, subentrato sul filo di lana per improvvisa indisposizione del collega originariamente previsto, si è impegnato molto ed è arrivato onorevolmente al termine della sua recita: la voce non è bellissima, un colore troppo chiaro e metallico, ma musicalmente a posto. Il basso Alastair Miles non aveva arie ma solo interventi qua e là, frasi eseguite con autorevolezza ed efficacia negli accenti imperiosi.

Eleganti e virtuosistiche le danze coreografate da Pina Testa.

La forza del nostro teatro è il fatto che riusciamo a lavorare benissimo in tre: io, il maestro Marzullo e Rosalba Lo Iudice, senza ostacoli o pressioni da parte di chiunque” , ci ha detto il maestro Oren al termine della recita, “ In altri teatri in cui ho lavorato non si potevano scritturare artisti fantastici, come per esempio il basso Giaiotti, per favorire questo o quell'altro raccomandato dai dirigenti del teatro e dai politici, all'epoca molto più interessati di oggi. Qui a Salerno è una sorta di isola felice: scegliamo gli artisti migliori, a nostro giudizio, e li mettiamo nelle condizioni di lavorare in assoluta tranquillità e con la collaborazione di tutti. Non servono oltre due settimane di prove: ho assistito a prove di un mese da parte di registi che arrivavano senza capire nulla e così restavano fino alla fine, senza capire nulla loro e senza far capire nulla al pubblico. Così noi qui procediamo badando all'essenziale e con un cartellone vario: quest'anno due gioielli come Pescatori di perle e Robert le Diable, oltre a opere di repertorio, per appagare tutti i gusti del pubblico e creare sempre più interesse attorno al nostro teatro.Vedo che la formula funziona, ogni sera abbiamo il tutto esaurito, andiamo avanti così, in controtendenza mentre fuori impazza la crisi.”

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