NORMA TI AUGURA LA "BUONANOTTE!" a CARACALLA |
Domenica 22 Luglio 2012 09:22 |
Può la Norma di Bellini trasformarsi in una gigantesca “ninna-nanna” ? Sì, può. Questo straordinario fenomeno è avvenuto ieri sera alle Terme di Caracalla, grazie al decisivo contributo del maestro concertatore, il soporifero Gabriele Ferro, con l'incolpevole partecipazione dei solisti di canto, il soprano Julianna Di Giacomo (Norma), il soprano Carmela Remigio (Adalgia), il tenore Fabio Sartori (Pollione) , il basso Riccardo Zanellato (Oroveso). Peccato davvero perchè gli ingredienti vocali c'erano ed erano anche molto buoni: la protagonista, anche se afflitta da un vibrato un po' stridulo e da una tendenza a indurire gli acuti, era tuttavia in possesso dei requisiti essenziali per incarnare Norma e cioé una voce scura e flessibile, una buona intonazione, un ottimo uso del fiato. “Casta diva” non era magìa pura, come Bellini la concepì, ma si lasciava ascoltare, e così gli assoli di Oroveso, l'ottimo Zanellato, la robusta vocalità di Fabio Sartori come Pollione e soprattutto la limpida duttilità di Carmela Remigio, finalmente tornata ai ruoli più adatti al suo delicato e raffinato strumento. Mi ha fatto davvero piacere riascoltarla in piena forma, con i colori, il fraseggio e l'allure in scena della grande interprete. C. Remigio La catastrofe è stata Ferro. Più che Ferro direi Piombo. Fin dalla Sinfonia si era capito che l'opera sarebbe terminata con un 'ora di ritardo rispetto a tempi più umani. Ferro, con ogni probabilità, è caduto nella più evidente trappola , cioé quella di confondere la solennità e la plasticità del capolavoro belliniano con smorta lentezza e toni da funerale. Il gesto del direttore si faceva vieppiù largo e confuso, fin quasi a sfiorare lo stop totale dell'orchestra nel primo duetto tra Norma e Adalgisa, condotto con la stessa verve d'una marcia funebre di terza classe. L'entrata di Oroveso e il coro “Dell'aura sua profetica” più che ai druidi faceva pensare agli orchi del “Signore degli Anelli” , nonostante la buona volontà di Zanellato che , invano, “tirava” o meglio trascinava il carro pesante imposto da Ferro. Peccato perchè di Ferro avevo apprezzato molto il Ratto dal serrraglio di Mozart , diretto nella passata stagione. Ma Mozart non è Bellini.
In simili condizioni tanti passaggi sono andati letteralmente a ramengo, come la frase “Si brandisca una volta” del Coro, mutatosi in un tragico “Canone a più voci”. L'orchestra ha faticato non poco,a volte sbandando. Lo spettacolo era firmato da Andrea De Rosa, con le scarne scene del medesimo e di Alberto Savi, costumi di Alessandro Ciammarughi. Una quercia stilizzata , non adatta a evocare Irminsul ma piuttosto come totem nel campo di Toro Seduto , una fiaccola stile citronella davanti per tener lontane le zanzare, una luna finta issata dietro la quercia. Diciamo che le rovine delle Terme hanno, come spesso capita, risolto assai meglio il problema scenografico. Le disposizioni di Coro e Solisti erano abbastanza regolari e buone le luci di Pasquale Mari, ma tutto procedeva con una lentezza e una mestizia obitoriali. I costumi a metà strada tra Nabucco e The Beggar's Opera, potranno sicuramente essere riutilizzati per vari altri titoli e , con un minimo di spirito di adattamento, sarà tanto di guadagnato per le casse del teatro. |