MASTER DI CANTO: intervista a Enrico Stinchelli |
Martedì 18 Settembre 2012 13:20 |
Qui di seguito è riportata una intervista che ho rilasciato a Luigi Salvini, per la sua tesi di laurea . Penso possa essere utile per molti studenti di canto e soprattutto per coloro che parteciperanno ai miei master.
programma “La Barcaccia” Rai RadioTre, e come regista d'opera. Quando e perchè ha iniziato i master di Canto?
Ho iniziato da allievo, quando in occasione di un corso a Siena del grande tenore Alfredo Kraus,di cui sono stato estimatore e amico, lui si rivolse improvvisamente agli astanti e disse:”Per questa questione (n.d.r. si parlava di falsetto, falsettone e mezzavoce) rivolgetevi direttamente a Enrico Stinchelli, che è il massimo esperto in materia!”. Lo presi quasi come uno scherzo ordito da Kraus e mi ritrovai tempestato dalle domande degli altri allievi. Lo 'scherzo' di Kraus mi fece riflettere sul fatto che , in effetti, nelle trasmissioni operistiche di cui mi sto occupando da anni non ho fatto altro che fare tanti piccoli 'master'. In realtà è solo di recente che mi occupo sistematicamente di vero e proprio 'insegnamento' : è una materia ostica e di enorme responsabilità, bisogna avere un radar al posto del cervello e una formidabile capacità di introspezione psicologica. Se mi chiede il “perchè” la risposta è nello stato dei fatti: perchè viviamo un momento di grande confusione e di notevole declino dell'Arte Canora. Perchè confusione e declino? Chi mi conosce bene sa che non sono né un nostalgico né un laudator temporis acti, cerco sempre di emozionarmi con il meglio che offre il panorama canoro, però è sotto gli occhi e le orecchie di tutti lo stato di non buona salute del Canto in generale. Non mi sembra normale che una carriera si svolga spesso nell'arco di 5 o 10 anni, quando un tempo non lontano la durata era almeno del doppio, se non del triplo o addirittura del quadruplo. Vero è che le esigenze di una regìa moderna sono infinitamente superiori a quelle di quaranta o cinquanta anni fa, per cui il ricambio è continuo, come in un mercato di frutta e verdura: ma appunto perchè l'Arte del Canto non è come vendere patate e ortaggi, bisognerebbe curarla con più attenzione e coscienza. Non è nemmeno normale che vi sia un via vai dai foniatri per farsi 'limare' e 'stirare' le corde, per eliminare noduli o patologìe legate a una cattiva tecnica. La confusione è dovuta anche al fatto che parallelamente all'esplosione del marketing (sempre esistito ma oggi prorompente) vi è stata una clamorosa esplosione dell'Opera on line, cioé chiunque oggi può ascoltare qualsiasi cosa a costo zero attraverso il proprio computer. Questo fattore, diciamo democratico, ha incentivato la melomanìa, il confronto, la conoscenza un po' in tutti, per cui ci si accorge più facilmente di un tempo delle differenze tra chi canta bene e chi no.
Quindi si cantava meglio un tempo? E quale?
Ecco, sapevo che si finiva per semplificare ed equivocare! Intanto partiamo dal concetto che di Callas ne hai UNA nella storia, poi basta. E così Gigli e così anche Netrebko, Villazon...TUTTI con i loro pregi e difetti. Ho potuto verificare che in campo operistico chiunque ha i suoi estimatori, anche il cantante più scarso. E il 'fan' , propriamente detto, ama del suo beniamino i difetti più dei pregi. Sembra assurdo ma è così. Quindi non esiste un tempo, un'Era in cui si canta meglio ma un MODO per cantare meglio, quella che in gergo si definisce TECNICA. A fianco della tecnica, che è una - per fortuna- esistono migliaia di corpi, facce, cervelli, sensibilità e persino parecchi modi di 'arrangiare' questa tecnica, modellarla su sé stessi. E qui scattano le differenze: ecco perchè esiste la Callas, ecco perchè esiste la Bartoli. Siamo arrivati a un punto cruciale: la TECNICA del Canto. Se la sente di spiegarla per sommi capi?
Sulla carta sarebbe la cosa più semplice del mondo, perchè è legata alla Natura e alla fisiologìa umana. Basta guardare un neonato mentre piange o un cagnolino quando abbaia: stanno applicando la corretta tecnica per non stancarsi e fare baccano nella maniera più sonora. Noi siamo strumenti a fiato, quindi alla base di una corretta emissione canora c'è il fiato, la respirazione. I movimenti di inspirazione ed espirazione dovrebbero essere i più naturali possibile, solo che crescendo noi disimpariamo a respirare e tendiamo a riempirci d'aria in zona clavicolare, tirando su il petto e mandando la pancia in dentro. Nel Canto la respirazione è bassa e coinvolge piuttosto i muscoli della schiena e dei fianchi, bisogna compiere degli esercizi appositi per ri-imparare a respirare poi diventa un gioco da ragazzi. Molti grandi cantanti non sono geni, tutt'altro...a volte sono persone semplicissime, che arrivano alla verità per intuito o per istinto. Io sono del parere che si debba arrivare a capire qualcosa ANCHE per intuito, ma soprattutto per logica e per applicazione. Nel Canto non esiste la casualità e se avviene qualcosa per caso è un brutto segno, vuol dire che non c'è consapevolezza. A fianco della respirazione c'è la POSIZIONE del suono, che per essere corretta deve essere alta. Non si può cantare usando la cavità faringea, i nostri risuonatori sono a fianco del naso, dietro gli occhi, sulla fronte, insomma nelle cavità facciali, formando quella che in gergo di chiama “maschera”. Il problema grosso, e fuorviante, è che le corde vocali vibrano in gola e la primissima cavità in cui risuona la voce è appunto quella sorta di vaschetta che si forma tra il bordo del laringe e le corde vocali. Volendo si può quindi cantare “di gola” , lo fanno quasi tutti i cantanti dilettanti, ma alla lunga (o alla corta...dipende dalla propria tenuta) questo sistema stanca e porta dritti dal foniatra.
Come mai ci si allontana dalla tecnica corretta se è naturale e fisiologica?
Perchè per arrivare a equilibrare fiato e posizione bisogna fare esercizi corretti e SUBITO. E' inutile vocalizzare male e per ore...è un suicidio, un massacro. Nei miei master ,a seconda dello stato dell'allievo, io cerco di far capire che per arrivare bene bisogna partire bene, altrimenti è inutile. Di solito inizio con suoni muti, appena appena accennati, sul fiato , poi delle M che portano ad aprire il suono (MmmO....MmmmU....ec.) o delle R a bocca semichiusa, raccolte e molto arrotate senza che mai intervenga la gola. Ho avuto la fortuna di studiare molte di queste cose con una eccezionale docente slovacca, compagna di studi della Gruberova, stessa scuola, oggi la migliore al mondo. Dall'Università di Bratislava escono molti vincitori dei più importanti concorsi internazionali. Per tornare alla sua domanda, vi sono molti cantanti , anche dotatissimi di natura, che per ansia di debuttare e per esigenze contrattuali bruciano le tappe e si presentano in palcoscenico con parecchie lacune tecniche. Debuttano, fanno dischi, guadagnano bene per un po' di tempo, finchè la fibra regge. “Finchè dura fa verdura” si dice a Roma. Ma allora si può far carriera anche senza tecnica?
Volendo sì. Il masochismo è stretto parente dell'ottimismo nell'Opera: tanto qualcuno a cui piacerai c'è sempre, come ho detto prima. Se poi un artista ha talento in scena, si presenta bene e piace ai registi, è musicale e quindi piace ai direttori...che canti bene o male è un problema per i 'maestri di canto'...si può risolvere comunque. Finchè resta nella soglia dei 35 anni va avanti con la sua “natura”...poi arriva puntuale la “maledizione del 35”. Cos'è “ La Maledizione del 35”?
Dopo i 35 anni chi sa cantare va avanti (abbiamo esempi di cantanti che a 100 anni sanno ancora emettere note in maniera corretta, sono coloro che prendono i suoni dall'alto...la Olivero, il tenore Lo Forese, Martha Eggerth, Licia Albanese) . Io ebbi modo di studiare e frequentare per anni il grande Taddei, baritono e artista meraviglioso: a 90 anni aveva la voce intatta.Chi ha cantato male, arrangiandosi, vede iniziare il suo declino dopo i 35 anni e deve ben presto alzare bandiera bianca. In conclusione, cosa consiglia a coloro che vogliono intraprendere questa attività?
Di non avere fretta ma soprattutto di iniziare SEMPRE un qualsiasi suono, anche parlato, nella posizione corretta e sul fiato, di pensarci sempre. Inoltre verificare i progressi o i regressi con i propri insegnanti: se dopo 6 mesi di studio non si notano sostanziali cambiamenti vuol dire che non si è sulla strada giusta. A volte si cambia strada in un sol giorno e si avvertono, quando le posizioni son giuste, sensazioni nuove e finalmente libere. Gola aperta e suoni liberi. Come vedere la luce in fondo a un tunnel. (Intervista a cura di Luigi Salvini, Milano, per la tesi
|