Una famosa insegnante di canto coreana era solita svolgere delle lezioni al contrario: in pratica radunava gli allievi e li obbligava ad ascoltarsi,uno a uno; mentre uno cantava...gli altri segnavano sul taccuino tutte le cose che secondo loro erano sbagliate.Poi se ne parlava assieme e soprattutto si verificava quali errori erano segnalati da più allievi.Un metodo molto giusto,a pensarci bene: se sai dov'è il male,cerchi di evitarlo o di correggerlo. Vi sono poi situazioni che si ripetono nel tempo,come orride nemesi...ed è il caso di ciò che ora andrò a illustrarvi.Trovandomi a Malta ( Isola di Gozo) per le riunioni tecniche dedicate al Nabucco di Verdi,che allestirò a fine ottobre nel teatro Astra,non ho resistito alla tentazione di gustarmi una delle mie opere preferite,Tosca, realizzata presso l'altro teatro della musicalissima isola, sotto l'egida del maestro Colin Attard a capo dell'orchestra filarmonica di Malta. Protagonista il soprano Norma Fantini,Mario era il tenore Piero Giuliacci,Scarpia il baritono Francesco Landolfi,più tutta una serie di artisti, per la regìa di Enrico Castiglione,con i costumi di Sonia Cammarata in Castiglione. Ben conoscendo verso cosa andassi incontro , ho cercato di concentrare la mia attenzione sulla parte musicale e di prendere veloci appunti sul mio iPad ,affinché non andassero disperse le sostanziali novità di questo - per molti versi- unico e incredibile spettacolo. Partirei dalla prova dignitosa e volenterosa del trio protagonistico, formato da Fantini,Giuliacci e Landolfi. Del soprano cuneese, ormai in carriera da lustri e conclamata Tosca in svariate e ,consentitemi, più degne occasioni, dirò che ha saputo dare senso e peso volumetrico alla sua prestazione, cercando i colori, le sfumature dove possibile, con una recitazione che - lasciata com'era a sé stessa- è stata fin troppo generosa e salvifica.Purtroppo, causa una fragorosa e indecente direzione d'orchestra , concertata all'insegna del " si salvi chi può" ,la Fantini è stata costretta più volte a forzare, spesso non intonando a perfezione il registro acuto e soprattutto il do.Ciò ha inficiato abbastanza il II atto e l'aria "Vissi d'arte", chiusa con un fortissimo un pò troppo metallico.Al suo fianco un Giuliacci non avaro di squillo, ma perennemente sul forte anche lui e in grave deficit di intonazione in più punti dell'opera.Infine un baritono molto morbido ed educato di natura,Francesco Landolfi, per me più adatto a ruoli lirici ( Gérmont,Posa,Figaro nelle Nozze...) ,che per cercare di conferire "terribilità" alla sua parte ha costantemente caricato l'interpretazione , con frasi urlate a squarciagola ( " dov'è dunque AngeloTTTIIIIIIIII" ,"Aprite le porte che n'oda i lamEEEENTIIIIII" ec. ec.).Non ne aveva bisogno,ma in tutta evidenza, il baccano orchestrale e l'assenza di una linea guida registica lo hanno portato a strafare. Lo spettacolo è stato condotto sul filo di una improvvisazione, a metà strada tra il saggio di conservatorio e la recita da " spedizione punitiva" anni 70..con alcune perle che,pur velocemente, vanno raccontate.Il sagrestano trasformato in clown lo abbiamo già visto in tante occasioni, non è una novità; come anche la Cantoria formata non solo da bambini ma attempate e prosperose signore vestite da chierichetti,nonché qualche arzillo vecchietto in mezzo per la serie " non è mai troppo tardi".Una novità invece le tre coriste con tanto di cappellino ottocento ,che si infilano in mezzo ai monelli come le mamme della Bohème....tanto.....sempre Puccini è!?! Scarpia avvia il Te Deum e in men che non si dica irrompono tutti i coristi ( dieci uomini e qualche donna in più) ,indistintamente dame nobili e popolani, tutti insieme appassionatamente, cominciando a fare su e giù come allo struscio, creando una Babele confusa e anche piuttosto grottesca. Visto che sono entrati tutti dieci minuti prima ...ecco che entra pure il Vescovo,che aspetta in tutta tranquillità gli ultimi accordi per impartire la sua benedizione.Un sabba.Il primo atto si chiude con i classici quattro schiaffi di applauso, tristissimo. Nel II atto troviamo la più brutta stanza di Scarpia che abbia mai visto: una parete scarna in posizione avanzata che riduce il palcoscenico a una striscia in cui tutti si accalcano, ma in cui il prode régisseur non rinuncia collocare un enorme mappamondo che finisce con l'impallare ogni personaggio, compreso Scarpia che muore per metà coperto da questo inutile ingombro. Nel terzo il capolavoro: cupolone one one attaccato agli spalti di Castel Sant'Angelo, monco della sua punta ( se la saranno magnata i gatti, suggerisce una voce amica su Facebook) ,l'Angelo minuscolo collocato in posizione totalmente errata e un esercito di soldati che fluttua nell'aria, al di là degli spalti...come Gesù quando camminava sulle acque.Stentavo a credere ai miei occhi.Mario viene fucilato con le canne poste a 30cm dal corpo....impossibile mancarlo.Parte lo sparo....Totò direbbe " una fetecchia".Entra Sciarrone "È lei!" e pur vedendo Tosca....la evita.... inizia una gara di acchiapparella troppo comica per essere descritta a parole, degna dei fratelli Marx, con Spoletta da una parte, i soldati dall'altra,Tosca che fluttua nel vuoto,Sciarrone che fa per prenderla e cade...infine....sipario.Buio.Luce.Buio......sembrava impazzito l'illuminotecnico. Per tutta l'opera 3 dico 3 memorie di luce: tre piazzati uno per atto, quando per una Tosca si ragiona dalle 100 memorie in su.Se si sanno e si vogliono fare le luci,detto per inciso. Teatro con la sola platea presente,palchi tristemente vuoti,applausi anglosassoni di mera cortesia o ,più probabilmente, per festeggiare la fine dello spettacolo.
Peccato, perchè la qualità degli spettacoli normalmente allestiti all'Aurora di Gozo è mediamente molto alta: ricordavamo l'ultima Tosca realizzata tre anni fa, con la Michelle Crider, Juan Pons e Neil Shicoff , arricchita da ben altra regìa e da una scena più sensata ,come dimostrato dall'impietoso confronto fotografico (l'Angelo giusto, la Cupola in prospettiva esatta, luci...). Eppure questo "exploit" così accidentato era stato annunciato (dai protagonisti) come l'avvento del Messia, sbarcato a Gozo in vista della Santa Pasqua. Così non è stato.
Tosca, 2010 Tosca, 2014
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