Le "memorie" criselefantine di Paolo Isotta |
Domenica 23 Novembre 2014 20:11 |
Ho appena terminato la prima lettura del libro di Paolo Isotta, “La virtù dell'elefante” (Marsilio Editore) , e ho già voglia di rileggerlo, cosa che farò a partire da domani. Non devo spiegare io chi sia l'Autore: uno dei più importanti musicografi italiani di sempre, ma soprattutto uomo di cultura profonda e di altrettanto profonda sensibilità, che è cosa diversa da essere semplicemente dotti.
Isotta proviene dall'alta borghesia napoletana e questo non trascurabile dettaglio si nota non solo in ogni pagina, ma direi scorrendo ogni singola riga. Il napoletano “bene” si distingue, assieme al “signore” palermitano , come una specie a parte: nel mondo animale parleremmo di Panda o di Ibis crestato. Sono figure permeate da quel sanissimo distacco dalle contigenze terrene ma allo stesso tempo attentissime a fotografare inesorabilmente, cinicamente ciò che li circonda loro malgrado. Volano alto , ricercano il Bello e lo coltivano, scavano nei meandri più inesplorati e fantastici che l'Arte possa riservare e allo stesso tempo sono vittime e protagonisti di retroscena inattesi e per nulla angelicati, diremmo pure prosaici. Ecco quindi che nel carosello napoletano offerto da questa straordinaria, caleidoscopica lettura affiorano figure mitiche ed eccezionalmente raccontate, come il sommo Pippo Patané, Vincenzo Vitale, Francesco Siciliani, Riccardo Muti ovviamente (cui il volume pare idealmente dedicato, viste le continue citazioni) alternati a Totò, Terenzio Gargiulo, Piero Buscaroli, Eduardo, Tiepolo, Tiziano, Caldara, Virgilio, Oliviero De Fabritiis, Bonaldo Giaiotti, le suore trappiste di Vitorchiano. Sarebbe impossibile enumerare tutti, tant'è che Isotta stesso, intelligentemente, evita di fornire al lettore un indice dei nomi, che poi è il sistema migliore per obbligare il medesimo a leggere tutto il libro con attenzione ulteriore.
Non è solo un libro di memorie. A me pare soprattutto un libro per non perdere memoria di alcuni fatti e scoprire molte cose che non si vorrebbero sapere né ricordare. Isotta , inesorabile, spara a zero contro quella parte della sinistra che per tanti anni si occupò (o forse “occupò” direttamente) la stanza dei bottoni della Cultura in Italia, quando questa parola aveva ancora un senso. I suoi obiettivi sono certamente Abbado, Nono, Pollini, i sindacati , il Sessantotto....Isotta non è tipo da concerti nelle fabbriche e bisogna verificare che tali populistici proponimenti , validi forse in un periodo afflitto dai tesseramenti obbligatori e dalle ideologìe imperanti, hanno oggi portato allo sfascio totale e addirittura a un capovolgimento delle parti: non è forse Renzi, segretario sulla carta del PD , il maggior nemico del sindacalismo vecchia maniera? E dov'è finita la Cultura in Italia, in quali miserandi recessi, quando il Fondo Unico per lo Spettacolo è più che dimezzato rispetto al passato?
Isotta , forte di una prosa chiara e forbita senza essere mai involuta, procede in questo strepitoso libro come un caterpillar: Mario Bortolotto , definito “genio mancato” in quanto “il suo stile ampolloso e volutamente oscuro (fa fino) lo rende un personaggio alla fine comico.” ; Eugenio Scalfari diventa un “personaggio ridevole” capace delle gaffes più disdicevoli non appena si voglia lanciare in notazioni musicologiche (i “Quartetti” di Chopin ??!!!), e in tempi recentissimi, le 5 Sonate... Nessuna pietà per coloro che si fregiano dell'abusato titolo di “Maestro” , pratica in effetti stucchevole in un mondo popolato da una infinità di maestri d'ogni categoria possibile: “ Riccardo Muti, Alessio Vlad, Orazio Mula, Francesco Nicolosi, Antonio Florio, Francesco Libetta, Massimo Biscardi, Nazzareno Carusi, Ciro Visco e io abbiamo deciso di proibire a chiunque di chiamarci Maestro visto che così si fanno appellare il baritono Bruson, il tenore Cura, un direttore artistico imposto da Nastasi detto “La donna calva” , il direttore artistico della Fenice che ha studiato il trombone e il femmenella ex loggionista che ora fa l'agente.” Irresistibile la cronistoria dello scontro fisico avvenuto a Capri con il musicologo Giovanni Carli Ballola, all'epoca definito "segretario" di Francesco Siciliani: un vero e proprio duello finito a sputi e pedate, che poi (forse Isotta non ne è a conoscenza) ispirò il figlio di Maria Caniglia, Paolo Donati , per la Cantata "Il Ballola percosso" , che vedeva il suo clou vocale nella frase "De' faraglioni tu sei la schiava!".
La parte più affascinante riguarda la descrizione delle Chiese più belle di Napoli e d'Italia in generale, lo stupore di fronte al mistero di quelle fenomenali architetture, ma anche la saga familiare , raccontata con attenzione suprema ai particolari (l'orologio da polso della nonna centenaria, il padre coinvolto dalla tremenda guerra in Grecia e in Albania) , vero e proprio spaccato italiano degno d'un film di De Sica. Sul filone dell'outing più sfrenato ed esilarante, Isotta non si sottrae al carnevale di cessi e cinematografi promiscui, femminielli e ricchioni di qua e di là, di su e di giù, che tanto vanno oggi di moda e sono il sale e il pepe di questo librone. Taluni racconti sul mitico maestro Vitale, celeberrimo mammasantissima del pianismo napoletano, il regista Sandro Sequi (“detto Libera e bella”) , Nureyev ormai prossimo al trapasso, fanno pensare a capitoli aggiunti nell'Oro di Napoli, diciamo in una versione rivista e corretta. Isotta ha la capacità di rendere tutti napoletani che poi è la caratteristica precipua dei napoletani: tutto nel mondo è Napoli, potremmo dire parafrasando il Falstaff e devo confessare che dopo aver letto questo libro, che consiglio vivamente a tutte le persone vogliose di apprendere ...mi sento un po' napoletano anch'io.
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