HASTA SIEMPRE, CARMEN |
Domenica 10 Maggio 2015 13:11 |
Una Carmen colorata, vivida, brillante ispirata al violento erotismo che sprigiona Cuba :questo è lo spettacolo creato da Davide Livermore, ormai ospite aficionado del Carlo Felice e uno dei più grandi registi d'Opera in attività. Un grande lavoro soprattutto per Coro , Balletto e Comparse ma sottolineato anche dagli aspetti forti dei singoli caratteri, per “raccontare la storia” di Carmen, Don José , Micaela in una maniera nuova, certamente non consueta. Livermore è persona colta , musicista (Deo gratias) e non sovrasta con le ossessioni tipiche di taluni registi di area anglosassone la drammaturgìa , limitando le citazioni rivoluzionarie all'essenziale. Il palcoscenico del Teatro Carlo Felice è finalmente sfruttato in ogni sua possibilità tecnica, con un bellissimo effetto caleidoscopico nell'atto finale, con la Plaza de Toros che ruota a vista estraniandosi dal tragico duetto Carmen- Don José.
Uno spettacolo giustamente applaudito e apprezzato dal folto pubblico del Carlo Felice e molto ben recitato dal Coro e dai solisti di canto: in primis Sonia Ganassi, impegnata in un tour de force scenico che ben poche colleghe avrebbero retto con tanta forza e concentrazione. Con questo ha ovviato a un phisique-du-role non certo ideale e a un trucco che ne appesantiva un po' troppo i tratti da bambolona emiliana e trasformandola in una via di mezzo tra Edith Piaf e Baby Jane.
Ma la Ganassi ha dalla sua una sicurezza vocale e un temperamento che le consentono comunque di primeggiare e di uscire indenne dalla prova forse più impegnativa della sua carriera.
Splendida la coppia Micaela-Don José , con Serena Gamberoni magnifica sia vocalmente che come raffinata e intensa interprete. Francesco Meli conferma il suo acquisito lirismo spingendosi man mano verso una maggior drammaticità: l'aria del Fiore è eseguita con la consueta varietà di colori, rispettando al 99% il segno scritto. Avremmo auspicato il si bemolle in pianissimo, come previsto da Bizet (e Meli può farlo) , ma è stata preferita la soluzione tradizionale in “forte” ,che a mio parere guasta la linea generale voluta per questa famosissima aria. Quel che conta è che Meli si conferma la più bella voce italiana oggi in attività e interprete attentissimo, serio, oculato nelle sue scelte.
Come Escamillo si è distinto Mattia Olivieri ma avrà tempo e modo per maturare il personaggio, per ora un po' acerbo (la tessitura è impervia, da vero basso-baritono: il registro grave va salvaguardato e sicuramente reso più sonoro).
Il resto della compagnìa mi è sembrato di tutto rispetto, con qualche suono un po' schiacciato in alto della Frasquita.
Nota dolente la direzione d'orchestra di Philippe Auguin, che già in altre occasioni avevo trovato pesante e demotivato. In Carmen l'effetto “moscerìa” è imperdonabile . Spero non derivi dalla affermazione fatta da Auguin in una delle interviste (“Bizet un probabile Wagner francese”) , del tutto priva di ogni fondamento. Auguin, se ciò fosse, sarebbe caduto in una delle classiche trappole interpretative poste dal wagnerismo: il suono pesante, denso, i tempi allargati...che sono un colossale equivoco. In Wagner come in molti autori del suo tempo vi sono tutti i colori, le raffinatezze, i pianissimi richiesti a fronte dell'enfasi del tutto apparente di molti celebri quarti d'ora. Ah....Karajan....!!!
Auguin non ha acceso il fuoco e ha creato con la sua direzione a tratti incomprensibile (penso al finale del II atto , per esempio) un divario nettissimo con lo spettacolo luminoso e vibrante di Livermore. Peccato. |