INCONTRO CON IL MAESTRO FRANCESCO PASQUALETTI
Lunedì 07 Marzo 2016 05:47
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Incontro  con il Maestro  Francesco  Pasqualetti al  Teatro  Verdi  di  Pisa, in occasione  del Mefistofele  di  Boito  che andrà  in scena  il  18  e  20  marzo, poi a  Lucca  e  Rovigo.

Le  prove  stanno andando  avanti benissimo, in un clima  di  grande  collaborazione  e rispetto reciproci. Soprattutto  è  tangibile  la  preparazione  e  l'entusiasmo  di  questo  giovane  direttore  d'orchestra, già  segnalatosi  per  una  pregeviole  edizione  del  Don Giovanni di  Mozart  nello stesso  Teatro  Verdi.   Presente a  tutte le  prove  di  regìa, prodigo di consigli , scrupoloso. Ottima  occasione  per quattro chiacchiere  sulla  Sua  formazione  e  sulle  Sue  idee  in generale.


Maestro  Pasqualetti, può indicare insintesi le tappe  fondamentali della  Sua  formazione?

Per brevità ti inizio a raccontare da quando poco più che ventenne, con il diploma di pianoforte in tasca, frequentavo Filosofia a Pisa, Composizione a Firenze, seguivo da assistente il Maestro Gelmetti all’Opera di Roma (di cui ero anche allievo ai corsi estivi dell’Accademia Chigiana) e fondai l’Orchestra dell’Università’ di Pisa, l’attività’ che tra tutte mi occupava di più in termini di tempo ed energie. Dopo la laurea e il diploma d’onore alla Chigiana ho vinto il concorso alla Royal Academy of Music di Londra (dove ho vissuto per 4 anni) per studiare nella classe di Sir Colin Davis. Grazie a questa esperienza sono entrato in contatto con il Maestro Noseda, altra persona che ha inciso moltissimo nella mia formazione artistica e di cui sono stato assistente a Manchester, Aix-en-Provence e Stresa. E poi il primo contratto da direttore, una vera gavetta “vecchio stile”: 120 recite di Nabucco (in versione un po’ alleggerita) per le scuole in oltre 30 città italiane, prodotta da AsLiCo. In questo modo ho avuto l’occasione di farmi conoscere in vari teatri, per esempio al Teatro Regio di Torino, dove qualche hanno dopo sono tornato per Il Matrimonio Segreto e Die Zauberfloete. E poi in tempi più recenti La Scala di Seta per la Fenice, Boheme e Madama Butterfly per New Zealand Opera ecc.


Ha  dei  direttori  d'orchestra  come  modello? Qualche predilezione?

Da adolescente il mio modello era Abbado. Mi conquistava la naturalezza disarmante del suo dirigere anche lavori di notevole complessità. Rispetto ad altri grandi direttori mi appariva perennemente fresco, pieno di vita e di senso musicale. E poi Bernstein, Mariss Jansons, Harnoncourt. Di Karajan ho iniziato a comprenderne l’immensità’ molto più tardi e adesso provo per lui un’autentica devozione.

Spaventa  l'impegno di Mefistofele, è un debutto  impegnativo?

Beh, bisogna sempre avere un po’ di paura del diavolo! A parte gli scherzi, no, per ora non ne sono spaventato, ma certamente sono cosciente dello straordinario impegno in termini di concentrazione e tecnica che questa partitura richiede al direttore (come del resto a tutti gli artisti coinvolti e a tutte le maestranze del Teatro).  Innanzi tutto per l’ampiezza delle masse che in questa produzione (tra orchestra in buca- banda in palcoscenico- coro del Teatro- Voci Bianche- Coro extra per Prologo ed Epilogo) raggiungono la singolare cifra di circa 300 esecutori. Ma la quantità non è certamente l’unica insidia. Puccini ad esempio è molto impegnativo per il direttore, eppure i suoi tempi fluiscono quasi sempre l’uno nell’altro con una certa naturalezza. La scrittura di Boito mi appare almeno per ora piu’ impervia e frammentata tra le mille idee e suggestioni che il compositore ci offre senza sosta e con straordinaria giovanile generosità. Tessere la trama narrativa di quest’opera è uno sforzo che richiede molta concentrazione e molta immaginazione.
Del resto stiamo parlando di un capolavoro che merita queste attenzioni: basterebbe la qualità dell’invenzione melodica a renderla da sola un’opera immortale. Eppure c’e’ di più. Tra le pagine della partitura si agita una tensione che non esito a definire avanguardista, seppure non si palesi primariamente nel linguaggio armonico che resta ovviamente tonale per quanto spesso cromaticamente ardito. Una volontà di rottura certamente riconducibile alla “scapigliatura” del giovane Boito, eppure certe intenzioni musicali restano veramente estreme. Indicazioni come violento, vertiginoso, vaneggiando sono relativamente frequenti in questo spartito e ci parlano di un uso talvolta espressionista della materia sonora che la storia della musica conoscerà a pieno soltanto una cinquantina d’anni dopo.
E poi parlano all’interprete le stesse indicazioni di metronomo che Boito specifica in ogni sezione, in un paio di casi certamente al di la dell’umana realizzabilità e di per se testimonianza di una tensione verso il limite, oltre il limite, verso l’abisso che la furia della musica può far presagire. E ancora la folle audacia del prologo, dove si passa improvvisamente dalla enorme massa di qualche centinaio di esecutori che celebrano la gloria di Dio, ai soli due fagotti che per qualche battuta da soli introducono l’ingresso in scena di Mefistofele, come a rappresentare un corpo talmente scarno dove semplicemente non ci sono appigli per un’anima.
A tal proposito devo aprire una parentesi. L’edizione che normalmente Ricordi fornisce ai Teatri recepisce tutte le piccole ma significative variazioni e aggiunte che Toscanini apportò alla partitura. Una casualità mi ha fatto trovare la partitura a stampa (rarissima!) antecedente alle modifiche di Toscanini, edizione di cui la stessa Ricordi aveva praticamente dimenticato l’esistenza e dalla quale si possono attingere alcune informazioni veramente preziose.
In questo caso specifico del prologo per esempio Toscanini ha effettuato diversi raddoppi, perfettamente logici e naturali, per dare più corpo al suono senza snaturarne l’effetto complessivo e mitigare cosi l’arditezza del passaggio da centinaia di esecutori a due soli.
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Mefistofele, opera  adorata  dal  pubblico e spesso stronacata dalla critica:   è  d'accordo?

E’ chiaro che un’opera in cui si sente Dio parlare per ben due volte susciti anche solo per questo qualche sospetto a delle persone ragionevoli come sono in genere critici d’opera. Lo dico senza ironia, se si pensa che storicamente per anni la critica ha avuto come substrato ideologico un materialismo intellettuale di origine quasi marxista. Compositori come Respighi, Casella, Rota sono stati al bando per anni dalla programmazione delle sale da concerto italiane per molto meno. Per accettare quest’opera è necessario quasi un atto di fede, un salto della ragione e della ragionevolezza. Il pubblico, che normalmente si pone meno problemi di questa natura, è libero di apprezzare senza pregiudizi gli straordinari momenti musicali che questa partitura regala.

Quale deve  essere  oggi il rapporto ideale  tra  direttore d'orchestra  e  regista?  E'  cambiato  qualcosa  negli ultimi  vent'anni?

Il rapporto ideale tra direttore e regista è molto semplice da definire: onesta collaborazione nell’ottica della miglior riuscita possibile dell’opera. Che poi questa cosa apparentemente cosi semplice, immediata e ragionevole possa diventare a volte una chimera irrealizzabile è un dato di cronaca. Penso che parte della colpa risieda nel Teatro stesso in quanto amplificatore. Nelle migliori condizioni amplifica le straordinarie emozioni che gli interpreti immettono nell’opera, ma allo stesso modo amplifica anche egoismi, egocentrismi, insicurezze e protagonismo. E quella che al tavolo di un caffe sarebbe un amichevole scambio di vedute diviene in sala prove uno scontro tra paladini in armatura in cui chi cede perde l’onore. Negli ultimi trent’anni si sono poi acutizzate due tendenze opposte: da una parte i direttori sotto l’impulso delle ricerche filologiche, hanno fatto del rispetto della partitura un idolo fine a se stesso, dimenticando che il vero fine di ogni ricerca sulla partitura è la riscoperta dell’originale forza di vita della pagina scritta e del senso che l’ha generata. All’opposto i registi hanno trovato nello scandalo e dello stupore a tutti i costi una loro primaria ragione di operare. Il che evidentemente non ha semplificato le cose.
(E poi, diciamolo, fanno molto più scalpore le 20 furiose litigare all’anno regista/direttore, rispetto alle 1000 produzioni che scorrono più o meno felicemente).

Le  prove   di  sala...sono importanti? Sempre  più  rapide e sbrigative:bisogna  tornare  alle  lunghe  sessioni di una  volta?

Le prove di sala con i cantanti sono un momento essenziale per la formazione dell’opera, delle intenzioni musicali e di senso, della psicologia dei personaggi. Non andrebbero in nessun caso eliminate, ma ovviamente calibrate in funzione dell’esperienza del cast che si ha a disposizione per quella produzione.

Maestro  concertatore:  un mestiere  che si impara? O ci si nasce? Esiste  una  tecnica  direttoriale o  vale  più  il talento?

A questa domanda non so risponderti con sicurezza. Credo però che la parola “talento” sia in se stessa fuorviante. Un mio maestro amava ripetere che non esiste il talento, ma piuttosto esistono i talenti (che possono andare dalla velocità di lettura alla costanza nello studio, dall’intuizione della bellezza alla capacità di tenere le giuste relazioni). Non penso che ci sia un unico magico tocco che scioglie tutti gli ostacoli del nostro mestiere e ti catapulta nel paradiso dei musicisti.
Io quasi tutto quello che so l’ho imparato osservando per anni il lavoro in prova di grandi direttori, andando “a bottega” per usare un termine rinascimentale.
Su una cosa sono assolutamente sicuro: esiste senza dubbio una tecnica direttoriale in assenza della quale il più grande talento di questo mondo rischia di restare quasi completamente inespresso.

Preferenze  per  qualche  Opera  o  ama   quella che  dirige  al momento?

La risposta polically correct: la mia opera preferita è quella che dirigo in quel momento. La risposta vera: la mia opera preferita è Tosca.

Sogni nel  cassetto?

Molti ! Il primo, avere la possibilità un giorno di sviluppare un rapporto continuativo con un’orchestra o un Teatro, magari come direttore musicale, ed esplorare e approfondire insieme ambiti di repertorio sia lirico che sinfonico.

Contento del  cast  che  ha  a  disposizione  a  Pisa?  Solisti,regìa, ensemble?

Sono molto contento di tutti gli artisti del cast e della regia di questa produzione. Ci sono tutte le premesse per un Mefistofele di bel livello.
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