MANRICO E L'ACUTO CHE DISTURBA |
Venerdì 26 Agosto 2016 23:15 |
“Per i tedeschi un acuto equivale a una offesa sessuale”...questa singolare affermazione di Konstantin Schenk, direttore d'orchestra figlio del più famoso regista austriaco, Otto Schenk, mi è risuonata alla mente stasera dopo il terzo atto del Trovatore di Verdi all'Arena di Verona. Una incandescente, entusiasmante Pira eseguita da un tenore turco esordiente, Murat Karahan, voce di grana spessa e squillo spettacolare, con un do fantastico che ha coronato l'intera scena. La platea dell'Arena, gremita, composta da migliaia di tedeschi fedeli alla tradizione lirica estiva, che li vede prima rosolati al sole sulle sponde del lago di Garda poi schierati compatti nel grande anfiteatro, ebbene....questa platea era immobile, silente, non un applauso, statue di cera, mentre si udivano le urla di “Bravo!” del popolo italiano, composto soprattutto dai Club lirici. Li guardavo questi austeri signori e signore: non capivano quell’entusiasmo, quella strana euforìa che ha trasformato l’Arena in uno stadio. Ho capito stasera, più di altre volte, quanto sia vera quella frase di Schenk: ai tedeschi dà proprio fastidio quel lungo acuto di tradizione, l'exploit vocale fine a sé stesso, all'italiana, con quell'idea di sano, vecchio teatro di tradizione che ci riporta alla prima memorabile scena di “Senso” di Visconti: l'acuto di Manrico che scatena i “Viva l'Italia!”. Lo spettacolo di Zeffirelli è meraviglioso in ogni suo dettaglio, come già in Turandot e in Carmen: quando durante la monacazione di Leonora si spalanca la torre ,mostrando una accecante cattedrale dorata, beh....l'applauso scatta spontaneo per la Bellezza che , ripeto, E' OGGETTIVA, esattamente come la bruttezza quando si manifesta. I costumi, le coreografie di Lucia Real, le battaglie organizzate dal Maestro d'armi Musumeci Greco (perfette) , la sfilata interminabile delle bandiere e dei cavalli: Zeffirelli paga il biglietto a tutti e dimostra che il Trovatore della più alta tradizione è questo, insuperabile. Per i Trovatori “moderni” largo ai frigoriferi, appuntamento ad Amburgo. La serata veronese è stata di quelle che si ricordano: la scoperta di questo bravissimo tenore, che ha cantato uno dei più bei “Ah sì ben mio” da me ascoltati (con i colori e le dinamiche previste da Verdi, i pianissimi, le smorzature, i trilli) e splendido in tutta l'opera, con una tenuta invidiabile, una potenza in acuto (finalmente la Pira in tono!) e solo una dizione italiana che andrebbe perfezionata un pò in qualche passaggio; la conferma di Simone Piazzola come di uno dei migliori baritoni odierni, nobile ed elegantissimo nell'aria “Il balen” , cantata con una padronanza e una sicurezza davvero eccezionali, un po' meno autorevole nel duetto del IV atto, forse per aver dato moltissimo nel secondo , ma comunque salutato da applausi trionfali alla fine; la spettacolare forma di Violeta Urmana, tornata alla “sua “ Azucena dopo il lungo periodo da soprano e magnifica nel fraseggio, negli accenti, nella sicurezza di tutta la lunga gamma vocale, fino a un incredibile si bemolle conclusivo. Note dolenti , invece, per il soprano Hui He, voce di colore prezioso e di bel spessore, che però ho sentito molto appesantita sugli acuti, tanto da incorrere in una spiacevole stecca nella prima aria e in una serie davvero non proponibile di note calanti per il resto della recita, fino al naufragio nella cabaletta “Tu vedrai che amore in terra” . Dispiace di averla ascoltata così stanca e fuori forma. Tra le seconde parti di spicco le voci squillanti di Elena Borin come Ines, di Antonello Ceron come poderoso Ruiz e di Cristiano Olivieri , mentre non così a fuoco mi è parso il basso Sergej Artamonov come Ferrando. La direzione di Oren, a parte un bruttissimo taglio nel finale del II atto, ha assicurato la consueta solidità all'assieme e momenti di autentica poesia nelle arie elegìache, tra cui un meraviglioso “Ah sì ben mio”, accompagnato alla grande come in un ideale duetto tra la voce e l'orchestra. Molto bene il Coro e la compagine orchestrale, che ha raggiunto livelli di assoluta eccellenza con una tenuta straordinaria di sera in sera, senza dimenticare le difficili questioni che hanno attanagliato tutta la fase preparatoria delle opere e che rischiavano di inficiare tutta la stagione. Il solo fatto di essere andati in scena con questi risultati dimostra la grande maturità e la serietà delle maestranze veronesi, giustamente legate al loro grande Teatro.
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