L'Aida con Bocelli , sì o no? |
Domenica 25 Settembre 2016 15:50 |
Ci risiamo. A pochi giorni dall’”evento” a Napoli che ha scatenato la discussione sul tenore Jonas Kaufmann, apparso in non felici condizioni vocali, eccoci qui a commentare e ad analizzare in breve un altro caso speciale: l’Aida di Verdi in una nuova edizione discografica che vede protagonisti i complessi del Maggio Musicale Fiorentino con Zubin Mehta sul podio, Kristin Lewis (Aida), Veronica Simeoni (Amneris), Carlo Colombara (Ramfis), Ambrogio Maestri (Amonasro), Giorgio Giuseppini (il Re), Maria Katzarawa (una Sacerdotessa) e Juan de Léon (il Messaggero), ma soprattutto Lui...il tanto discusso Andrea Bocelli. Già leggo nei pensieri dei melomani “talebani” , gli irriducibili: “ma per carità! Canti le canzonette!” , “Non è un tenore!”, “ Ha avuto successo per il suo handicap...”....e altre cose che pur abbiamo letto e ascoltato con le nostre orecchie, decine di volte. Cattiverie? Malignità? Come le vogliamo classificare siffatte affermazioni? Il mondo dell’Opera e direi la Storia dell’Opera sono costellati di casi del genere: Maria Callas, oggi definita “Divina” da tutti (o quasi) conservava gelosamente le lettere di insulti ricevute nel corso della sua carriera. Le pubblicò Renzo Allegri in un suo libro: erano insulti abbastanza ripugnanti, ora sull’aspetto fisico ora sulla voce . Tipico. Si diventa divini dopo la morte, in ogni caso.
Andrea Bocelli non ha avuto successo per il suo handicap ma per la tenacia con cui ha perseguito la sua passione musicale, a prescindere dall’handicap. Mi azzardo a dire che è assai meno handicappato di molti suoi colleghi, per essere più chiari: ho conosciuto tenori assai meno agili in scena, assai meno musicali, assai meno pervasi da quel “fuoco sacro” senza il quale, mi dispiace, sei un impiegato del mondo dello spettacolo e non un vero Artista. Cominciamo quindi a dire che Bocelli il suo successo se lo è ampiamente sudato e meritato: certi mercati internazionali sono assai più cinici e spietati di molti detrattori, se non piaci....ciao! Avanti un altro. Per non parlare di un mero, basso calcolo economico: si guadagna assai più cantando “canzonette” in tournée con 20\30 date in un colpo solo che con tre recite d’Opera dopo un mese di prove! Non che Bocelli abbia rinunciato a questa attività, ma l’impegno sull’Opera non ha prodotto certo i guadagni siderali e “facili” di cui sopra. Poteva vivere tranquillo in un alveo nazional-pop , senza il pericolo di essere massacrato da noi cultori della voce “avanti” e del Belcanto. Cultori che, diciamocela poi tutta in fondo, sono pronti a digerire degli orrori inqualificabili ma che storcono il naso davanti ai cofanetti prodotti da Andrea Bocelli e dal suo staff.
Ahi ahi, melomania...ninfa gentile....
Sta di fatto che ascoltando questa Aida non mi associo assolutamente a coloro che gridano allo scandalo. Intanto, la prima cosa che ho fatto è stata quella di sfogliare attentamente la partitura (che in questi giorni mi sta incollata a fianco, visto che tra poco più di un mese produrrò come regista una mia nuova Aida nel magnifico Teatro Astra di Gozo a Malta, scusate la citazione autoreferenziale ma alle cose che amo...ci tengo) . Visionata la partitura si notano e vanno ribaditi alcuni concetti: Verdi creò con Aida uno dei capolavori più massacrati ed equivocati dell’intero catalogo operistico. Nulla a che vedere con centinaia, migliaia di esecuzioni tronfie, fracassone, pesanti. Verdi cesellò raffinatezze timbriche e di colori, dinamiche preziose e un susseguirsi di indicazioni che quasi costantemente vengono tradite dagli interpreti. Lo capirono i Grandi: tra gli altri soprattutto Gui, De Sabata,Karajan, Schippers,Gigli, Bergonzi, Callas, Simionato, e in tempi recenti Pappano e Kaufmann, capaci di regalare al mondo un’Aida finalmente INTIMA, NOBILE e RAFFINATA. Scusate, ma queste tre parole vanno scritte in maiuscolo. Zubin Mehta ha alle sue spalle centinaia di Aide ma almeno una discografica STORICA: quella con Corelli e la Nilsson in stato di grazia. In questa sua ultima fatica lo ritroviamo con braccio un pò appesantito (soprattutto nei famosi Ballabili, che sono sì precisi e puliti ma non così brillanti come in passate occasioni) ma sempre aristocratico nella visione complessiva dell’Opera. I primi due atti appaiono lievemente dimessi, forse anche poco misteriosi (per esempio nella scena della consacrazione della spada), insomma siamo lontani dalla cattedrale di suoni meravigliosi costruita da Karajan o dalle magìe di De Sabata, e tutto sembra appiattirsi verso una comoda routine. Poi, come per incanto, a partire dal III atto Mehta prende quota e vola verso le vette cui ci aveva abituati (l’evocazione del Nilo è sempre stato un asso nella manica del direttore indiano) e perfetto risulta il IV atto, con Coro e Orchestra del Maggio magnifici in ogni sezione.
Vocalmente delude un pò l’Aida di Kristin Lewis, che pare una Leontyne Price in sedicesima, non abbastanza convincente nel registro grave, fiacca nelle impennate, un pò anonima in generale. Peccato, perchè il suo esordio fiorentino anni fa in Trovatore lasciava presagire un futuro diverso. L’Amneris di Veronica Simeoni non piacerà ai fanatici delle Amneris “virili”, la voce potrà risultare un pò troppo chiara e poco carnosa: ma è una fine interprete, precisa, espressiva, legata al segno scritto, molto intensa nel caratterizzare una donna innamorata e giovane, Deo gratias, lontana dal cliché delle Amneris “uomo”. Si impone Ambrogio Maestri come Amonasro, un suo ruolo d’elezione, e lo stesso Carlo Colombara come autorevolissimo Ramfis, anche se viene penalizzato da un inspiegabile “allontanamento microfonico” nella scena della spada (“Nume custode e vindice”) , tanto che Bocelli lo sovrasta in primo piano.
Radames non è esattamente il ruolo in cui vedrei bene Bocelli in teatro: caso mai Edgardo, che non so perchè non ha mai inciso né cantato. Gli manca l’ampleur naturale del mezzo (vedi: Corelli, Filippeschi, Del Monaco) , molti suoni (sulla vocale “e” soprattutto) sono schiacciati e rimandano a un lirismo diverso. MA, ciò precisato, bisogna anche dire che il suo “Celeste Aida” , spiacente per i detrattori, è alla fine il miglior Celeste Aida assieme a quello di Kaufmann, per lo meno il più fedele alle intenzioni di Verdi: perfetto il si bemolle “in morendo” della chiusa, tenuto fino alla fine della Coda orchestrale, giusta l’espressione, ottimi la parte acuta e l’accento impresso a questa aria spessissimo equivocata da parte di schiere di tenori, smaniosi solo di mostrare i muscoli. Completamente da respingere la critica numero uno ascritta a Bocelli: “non è un tenore”. Su quale base poggia questa affermazione? E’ tenore a tutti gli effetti: come timbro, estensione e vocalità. Si può obiettare che non sia un tenore adatto a ruoli drammatici, forse per la qualità piuttosto chiara del timbro e per i decibel espressi senza microfono, ma non si può negare che in questa Aida canti tutto ciò che è stato scritto da Verdi ed è quello che conta in un disco fatto in studio. Quanto al tema dei confronti, a noi melomani tanto caro: meglio non farli mai, per il bene di tutti. A volte si hanno inattese e spiacevoli sorprese.
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