"LA GOVERNANCE DEI TEATRI VA URGENTEMENTE RIFORMATA" , intervista con la sen.MICHELA MONTEVECCHI |
Giovedì 16 Luglio 2020 12:39 |
Michela Montevecchi, senatrice, vicepresid. 7 Commissione Cultura
Bolognese purosangue, vicepresidente della settima commissione Istruzione pubblica e beni culturali, la senatrice Michela Montevecchi è pronipote del famoso soprano Pia Tassinari, una delle più intense e significative interpreti negli anni Trenta del secolo scorso. Con un certo giustificato orgoglio e commozione la senatrice ricorda la sua amata prozia , che aiutò tantissimo i suoi nipoti oltre ad aver dato tanto all’arte lirica italiana. “In omaggio a Lei mi dedico tantissimo alle questioni operistiche, qui in Parlamento, voglio ricambiare la sua grande generosità” , esordisce.
Il DNA non mente mai… “ Il mio unico grande cruccio è che sono stonata come una campana…”
Senatrice, nel corso delle inchieste che sto conducendo da oltre due mesi e sulla base delle notizie che quotidianamente giungono a noi, si sta rivelando un quadro abbastanza desolante riguardo alcune Fondazioni liriche.Un quadro che lascerebbe pensare al peggio tra scandali, bilanci non chiari, deficit, la scadenza della legge Bray a dicembre. Lei come vive questa situazione? La politica come affronta queste tempeste? “Guardi, io sono come Le ho detto legata affettivamente a questo mondo e non voglio parlare di quadro desolante.Preferisco parlare di un momento di grande difficoltà, in cui ci sono parecchi nodi da sciogliere e in cui la politica deve assolutamente impegnarsi per trovare le soluzioni giuste. Lei parla con una persona che in tempi non sospetti , quando nella scorsa legislatura facevo parte di una forza politica di opposizione, ha portato avanti delle battaglie, ha posto in luce delle criticità e ha fatto proposte per risolvere queste criticità. Oggi secondo me non si può più rimandare un discorso di revisione di questo sistema e di presa in carico, ma davvero, di una riforma radicale di certi meccanismi.”
Lei è nota per essere molto determinata nelle Sue prese di posizione. Vogliamo aiutare il pubblico a capire quali sono esattamente queste criticità e quali vanno assolutamente combattute.Io individuo principalmente due filoni: uno è quello amministrativo, poiché indubbiamente la gestione di alcuni teatri è molto allegra con sprechi, confusioni e incongruenze , un ‘altra è la questione della corruzione che ha invaso questo mondo, come leggiamo dall’inchiesta nata al Regio di Torino. Lei come vede questi due aspetti? “ A mio avviso, alcune criticità sono propedeutiche (mi passi il termine) a un ragionamento successivo , perché noi comunque ci portiamo dietro un problema ancora irrisolto derivante dalla natura ibrida di certe istituzioni. Da una lato c’è una forma di fondazione “privata” a cui è riconosciuto giustamente un interesse “pubblico”: da questa condizione ibrida si generano tutta una serie di problematiche anche per l’interpretazione di certe misure, che nel tempo poi hanno causato anche dei problemi gestionali.” Quindi , per prima cosa serve una legge che regoli questa questione ambigua…
“ Dovremmo finalmente decidere se il comparto vada considerato privato o se riteniamo di aprire una discussione e un confronto su come renderlo pubblico. Il problema è che questa natura ibrida fa sì che talvolta le fondazioni siano considerate enti di diritto privato e talvolta come enti di diritto pubblico, anche se in realtà sono giuridicamente private.” Sono giuridicamente private ma con soldi pubblici però…
“Percepiscono legittimamente soldi pubblici perché al comparto viene riconosciuto, giustamente. un interesse pubblico. Ricordiamoci che l’Opera lirica è la nostra “amabasciatrice nel mondo” ,ma non solo: la Lirica ci rende simpatici, ci apre le porte dei contesti culturali internazionali…” L’Italia viene rispettata grazie all’Opera?
“ Sì…laddove l’Italia soffre talvolta di una rappresentazione negativa legata ad altri fenomeni che la interessano. Quindi io credo che questo nodo vada assolutamente risolto, se vogliamo poi procedere con la massima chiarezza. Non dimentichiamo che questa ambiguità è ricaduta sulle spalle dei lavoratori delle masse artistiche, coloro che più hanno pagato in questi anni e continuano a sopportare il peso delle difficoltà. Poi dovremo anche capire se noi intendiamo la cultura come una azienda, quindi con i conti in pareggio e magari anche capace di generare un profitto o se invece noi consideriamo la cultura una ricchezza intellettuale e spirituale, con un bilancio non tangibile, vista come arricchimento di una persona. Una bellezza da cui il cosiddetto “Made in Italy” trae costante ispirazione e crea produzione, generando così una ricchezza indiretta. Un indotto vero e proprio, tenendo però sempre presente la necessità di avere gestioni trasparenti, adeguate, corrette e oculate che abbiano come obiettivo il pareggio di bilancio. Senza mai dimenticare che è un comparto che va sostenuto, proprio per la ricchezza intangibile che genera.” Quando potrà essere prodotta , secondo Lei, questa famosa legge quadro?
“ Le rispondo ma mi faccia dire che sono molto preoccupata da ciò che leggo sulla norma 160 del 2016, che prevede declassamenti e altre misure penalizzanti per questo comparto …” La famosa Legge Bray, il prossimo 31 dicembre, giunge alla sua risoluzione conclusiva…
“ La famosa Legge Bray proponeva la rinegoziazione e ristrutturazione del debito con tutta una serie di misure che sono ricadute sulle spalle delle masse artistiche e tecniche. Poi nel luglio del 2016 è arrivato un articoletto nella Legge 160, dove è previsto il declassamento per i teatri che non avessero raggiunto determinati obiettivi e altre misure di contenimento della spesa a carico sempre dei lavoratori, e in subordine -se non ricordo male- anche il reparto dirigenziale. A tutto ciò hanno fatto seguito alcune proroghe della Legge Bray e poi, mi dispiace dirlo, nel luglio del 2019 nel Decreto Cultura dell’allora Ministro Bonisoli si reiterarono norme che davano la facoltà di licenziare o comunque rivedere le piante organiche qualora non fossero stati raggiunti determinati obiettivi.” In un incontro che ebbi tempo fa con l’attuale Segretario Generale dello Spettacolo, Nastasi, mi venne fatto un quadro abbastanza preoccupante dei teatri italiani (non tutti, certamente) , schiacciati da debiti endemici e sostanzialmente irrecuperabili.In sostanza l’idea era quella di mantenere alcune grandi Fondazioni estremamente rappresentative, come poli di attrazione essenziali. In questi ultimi anni la situazione debitoria di alcune Fondazioni si è ulteriormente aggravata , siamo arrivati al capolinea?
“ Se c’è la volontà politica di far ripartire un comparto su basi più virtuose, adeguate, per far esprimere al meglio la qualità artistica complessiva, nulla è impossibile. Io non voglio rassegnarmi a una visione apocalittica del genere, non voglio neanche pensarci. E’ chiaro che in questi ultimi anni abbiamo assistito al fenomeno delle grandi “città d’Arte” concepito come poli di attrazione del turismo di massa, quindi al concetto delle “poche grandi istituzioni Lirico-sinfoniche” come se l’Italia non fosse un paese con un tessuto culturale molto esteso sul territorio , anche nei più piccoli meandri e nelle più piccole comunità. Un tessuto culturale che va valorizzato nella sua totalità non solo per il rilancio economico del territorio ma proprio per la funzione sociale che la cultura in tutte le sue articolazioni artistiche ha per la comunità di riferimento. Abdicare a sostenere una cultura diffusa per ragionare su grandi poli di attrazione significa rinunciare a sostenere la funzione sociale che la cultura ha da sempre, come generatore di ricchezza intangibile che fa di noi le persone che siamo. Fermo restando che il problema delle Fondazioni è la governance . Noi abbiamo chiesto nella scorsa legislatura e in questa una riforma della governance all’interno delle Fondazioni. Nella scorsa legislatura riuscii in aula, con un colpo da maestro, a farmi approvare un emendamento che prevedeva in caso di mala gestio acclarata dei sovrintendenti il loro allontanamento e l’impossibilità di ricoprire nuovamente quell’incarico in altre Fondazioni. Purtroppo non venne mai fatto il decreto attuativo e dunque è rimasta una norma senza decreto attuativo. Ci stavamo lavorando con il Ministro Bonisoli, poi è cambiato il governo. Ma io non demordo.” Fa benissimo, è una norma fondamentale. Come per i magistrati, se un giudice sbaglia perché non deve pagare per il suo errore?
“Assolutamente. Questo va anche tutela di chi gestisce bene, per gli artisti e tutto il comparto. E’ una norma che tutela i bravi sovrintendenti, i bravi direttori artistici. Chiedere trasparenza, chiedere meccanismi di selezione delle cariche apicali un pò più slegate dalla politica, credo che vada a beneficio di tutti, quelli che hanno talento. Ci sono questioni che intaccano il sistema e fanno sì che il sistema appaia come non funzionante.Così non va.” Non va, certo. Pensavo anche alla questione delle consulenze che si aggiungono alle normali figure previste dai regolamenti. Già il sovrintendente dovrebbe per statuto assumere il ruolo di direttore artistico, ma a questa figura oggi si aggiunge ulteriormente il casting manager. Si consideri il caso del San Carlo, che recentemente si ero protagonista di una polemica legata al depennamento di circa 100 artisti scritturati dalla precedente gestione. Fortunatamente parte di questi è stata riciclata , grazie anche alla Barcaccia di Rai Radio3 che si è battuta per farli riscritturare.
“Non entro nella questione specifica. E’ chiaro che il discorso delle consulenze vada affrontato, come anche la questione dei costi troppo elevati di talune produzioni o di forniture dai costi troppo alti. E’ chiaro: ci sono questioni legati alla gestione che in alcuni casi non hanno funzionato e per questo si generano queste situazioni. A mio avviso andrebbe rivisto il meccanismo di reclutamento e di selezione delle cariche apicali, che costituiscono la governance. Non metto sul banco degli imputati tutti i sovrintendenti ma pongo la questione della governance, cioè la “cura” necessaria per la gestione di queste Fondazioni.” Io La ringrazio per la chiarezza e la Sua disponibilità. Le chiedo in conclusione: questa famosa legge cui stava lavorando l’ex Ministro Bonisoli, verrà ripresa o no?
“Bonisoli stava lavorando su una proposta di revisione licenziata dal Ministro Franceschini nel 2017, Codice dello Spettacolo dal vivo, per cui io presentai numerosi emendamenti, tra cui quello di cui Le ho parlato prima. Alla luce di tutto quello che sta accadendo, aspettando che le indagini nate a Torino vadano avanti, direi che sia il caso di prendere atto che è giunta l’ora di compiere dei passi concreti. Questo comparto merita di ripartire ma su basi diverse. A me piace dire ‘ andrà tutto bene se non sarà tutto come prima’. Se sarà tutto come prima, nulla andrà bene. Io ci sono, gli strumenti ci sono per un confronto e un esame con il Ministro.” |