A TU PER TU con FRED PLOTKIN, IDAGIO (USA) |
Lunedì 03 Agosto 2020 10:46 |
Fred Plotkin Qui di seguito parte della lunga intervista con Fred Plotkin, famoso commentatore statunitense appassionato dell'Arte italiana e profondo conoscitore d'Opera.È stata una conversazione molto piacevole,profonda,divertente in cui abbiamo toccato temi a noi cari: l'Opera, la Musica,la regìa il Canto ma anche la cucina, il cinema, arrivando a Franca Valeri,Totò, Sordi,Aldo Fabrizi, Tina Pica.Insomma,non la finivamo più.
LO STILE ITALIANO nell'Opera
Si può parlare effettivamente di stile italiano, anche se col passare del tempo questo modo di cantare e di interpretare è passato dall’Italia ad altri paesi, come per esempio gli Stati Uniti. Un pò come è successo con altri grandi prodotti di esportazione, meno nobili, che so la pizza, la cucina mediterranea. Io parlerei di stile e di SCUOLA italiana, la grande scuola italiana del Belcanto. Belcanto vuol dire cantar bene ma soprattutto rispettare alcune precise regole, tecniche e stilistiche. Il Belcanto pretende un uso corretto della voce su almeno due ottave di estensione, con il medium della voce si canta e sugli acuti si risolve, questo dicevano i vecchi maestri. Cotogni per esempio, che cantò con Verdi e fu il maestro di Giacomo Lauri Volpi, uno dei più grandi tenori esistiti. Anche perché fu uno dei pochissimi tenori che usavano il cervello oltre che la voce.
Belcanto vuol dire anche saper legare le frasi, saper cantare piano e pianissimo a tutte le altezze, saper usare i COLORI nella voce.MOlti cantanti hanno voci bellissime ma urlano, cantano tutte forte o fortissimo, colpa anche di molti direttori d’orchestra che portano le loro esecuzioni verso sonorità inaccettabili. Un tempo i teatri avevano l’orchestra spostata in avanti, verso il centro della sala, perché il palcoscenico non era retroposizionato come oggi. In tal modo si cantava senza spingere, in maniera morbida ed educata. Ecco il Belcanto.
Alla base del corretto stile italiano vi è poi la libera fantasia dell’interprete, quello intelligente e guidato da maestri esperti, che suggeriscano le varianti autorizzate dagli Autori. Vi sono segni precisi , come i punti di corona sulle pause orchestrali , questi segni autorizzano gli acuti o le variazioni. Le partiture di Bellini, Donizetti, Verdi sono piene di queste indicazioni. Purtroppo vi sono maestri o intransigenti o direttamente ignoranti. Uno dei più grandi fu Toscanini, che per mettersi in mostra a discapito dei cantanti, iniziò a proibire gli acuti non scritti ma di autentica tradizione belcantistica. Un altro è Muti, che detesta gli acuti ma ignora le regole base del Belcanto e talvolta propone esecuzioni soffocanti, gabbie rigide che impediscono persino il respiro ai cantanti. Quella libertà che fa parte del Teatro. Io li chiamo i Dittatori del Podio. In molti paesi, come dicevo prima, il Belcanto è arrivato nella sua vecchia, antica accezione: Stati Uniti, Inghilterra, i paesi asiatici in tempi più recenti. Grazie a grandi maestri conoscitori della materia: Tullio Serafin,Richard Bonynge, Julius Rudel, Mario Rossi, Angelo Questa,Ino Savini, Anton Guadagno, Giuseppe Patané, Nello Santi, oggi Daniel Oren, che è il massimo conoscitore di voci e che ama le voci. Perché i maestri non devono amare solo sé stessi, devono amare le voci, così potranno seguirle, accompagnarle e concertare l’Opera nel vero senso della parola.
Il mio rapporto con l'Opera
Io ho sempre amato l’Opera. L’Opera è una malattia inguaribile ma è anche un modus vivendi. Noi italiani siamo operistici in ogni nostra manifestazione, siamo melodrammatici. Quante Santuzze, quanti Mario Cavaradossi, quanti Canto o Turiddu vi sono tra gli italiani . Basta guardare il nostro Parlamento, i nostri politici: sono protagonisti di opere ora buffe ora drammatiche, dipende. Ma l’Opera per amarla va conosciuta. L’ignoranza è immorale, come diceva il grande filosofo Spinoza. C’è molta ignoranza nel mondo operistico attuale, questo sì.Come c’è molta ignoranza nel mondo. Io ho avuto la fortuna di avere grandi maestri, ho studiato il Canto con Giuseppe Taddei, uno dei più grandi baritoni mai esistiti. Ho avuto anche la fortuna di inventare un programma speciale, La Barcaccia, che va in onda ogni giorno su Radio3 alle ore 13 dal 1988 a oggi, oltre 6000 puntate. Grazie a questa trasmissione ho conosciuto centinaia di artisti importantissimi, da Pavarotti a Nicolai Gedda, Birgit Nilsson,Victoria De Los Angeles, Renata Tebaldi, Renata Scotto, e ancora Italo Tajo, Nicolai Ghiaurov,Mirella Freni, ma la lista è infinita e include registi, direttori d’orchestra, personalità del nostro mondo. Non sono mai stato una persona pigra ma sempre molto curioso. Ho cantato in tante occasioni ma senza aver mai nessuna ambizione di carriera, l’ho fatto per la mia crescita e per la mia esperienza personale . Mi sono dedicato con grande passione all’attività di regista lirico e qui ho avuto e sto avendo molte soddisfazioni. Posso dire, in tutta modestia, di aver raggiunto ottimi risultati nell’utilizzo della "tecnologia sulla tradizione". Mi spiego. Non sono un regista che ama le provocazioni stupide, le idiozie. Amo invece rispettare il testo e spesso l’ambientazione originale ma inserendo un forte discorso tecnologico, con l’uso delle proiezioni dinamiche, delle luci, anche in modo spregiudicato. Oggi viviamo in una società visiva.La gente vive davanti agli schermi, o del telefonino o della Tv. Io amo l’Opera raccontata dalla luce e dalla proiezione, avvolta nei colori e nelle suggestioni fantasy suggerite dalla tecnologia più avanzata.
Aida a Batumi, Georgia 2019, regìa Enrico Stinchelli Attila , Cagliari 2019, regìa di Enrico Stinchelli Don Giovanni, Verona 2019, regia di Enrico Stinchelli. Trovatore, Teatro Astra, Gozo (Malta) , 2018
Mefistofele, Pisa 2016, regia di Enrico Stinchelli
Turandot in dvd, Torre del lago, 2016, regia di Enrico Stinchelli Scelta musicale n.1: Giuseppe Taddei, baritono, Falstaff
Taddei era l’Opera egli stesso: il senso del teatro, la vocalità ricca e pastosa, il repertorio immenso, oltre 250 ruoli diversi, un fenomeno. Debuttò a 14 anni e smise di cantare il giorno della sua morte, a 94. Ancora la mattina del giorno in cui morì, cantava mentre si faceva la barba, con la voce intatta. Un fenomeno unico. Falstaff fu il suo ruolo d'elezione.
Scelta musicale n.2 : EGMONT di Beethoven diretto da Karajan
E’ un omaggio a Beethoven nell’anno del suo 250 anniversario dalla nascita. 1770 a Bonn. Il finale dell’Egmont diretto da Karajan, per me il più grande direttore d’orchestra mai esistito, è un compendio dei grandi ideali di questo compositore. Per capire Beethoven bisogna capire il pensiero di Kant Dal filosofo, Beethoven trasse la concezione dell'esistenza, nella coscienza individuale, di una legge morale, espressa nella forma dell'imperativo categorico. Egli mise allora il risultato della propria essenziale attività, la musica, al centro della morale, inserendovi valori ideali, arricchendola di una forza emotiva che esprimesse il movimento dei sentimenti e i conflitti interiori. Dallo stesso autore dei Fondamenti metafisici della scienza della natura annotò questo passo: «Nell'anima, come nel mondo fisico, agiscono due forze, egualmente grandi, ugualmente semplici, desunte da uno stesso principio generale: la forza di attrazione e quella di repulsione».Tutta l'opera di Beethoven è basata su questo.
Scelta musicale n.3: Maria Callas in Dinorah di Meyerbeer.
La Callas è stata per me la più grande cantante della Storia, una rivoluzionaria. Seppe coniugare la profondità dell’interprete, il carisma e la musicalità eccelsa, a una tecnica belcantistica eccezionale. Quando parlai con Di Stefano, il suo più grande partner, mi disse che la Callas fu uno straordinario soprano di coloratura, Non un soprano drammatico. Io credo che Di Stefano abbia ragione, infatti nei brani di autentico Belcanto la Callas fu insuperabile. Seppe rendere espressive le agilità vocali, non solo un semplice esercizio. In questo brano lo si capisce a fondo e invito ad ascoltarlo con attenzione.
Scelta musicale n.4 : Giuseppe Di Stefano in Lucia di Lammermoor
Se parliamo di Giuseppe Di Stefano non parliamo solo di un Tenore, IL Tenore, ma di un poeta, come mi disse Pavarotti. Di Stefano riuscì a trascendere la Tecnica, l'IMPOSTAZIONE Classica del Canto per assurgere ai valori della poesia pura, della naturalezza fatta Tecnica. Di Stefano, come la Callas, fu un rivoluzionario.Portò il livello della VOCE ITALIANA da Caruso e Gigli alla modernità, al futuro. Di Stefano è eterno, non appartiene a una sola epoca ma a tutte. Nella Lucia di Donizetti, in questo struggente finale, abbiamo il dolore dell'uomo che muore sognando di congiungersi alla sua amata, riprodotto con una verità ,con una sincerità e con un cuore che vanno al di là di ogni valutazione vocale. Un capolavoro di Belcanto.
Scelta musicale n.5 : finale di Mefistofele di Boito, con Cesare Siepi e Mario Del Monaco.
Il Mefistofele è l'opera che amo moltissimo, forse più di tutte. Boito fu un compositore molto colto e intelligente, profonde conoscitore e studioso di materie esoteriche. Nella sua opera più importante fece ben capire il dualismo tra Male e Bene che alla fine si incontrano, poiché sono la stessa cosa. Faust tradisce il patto che aveva sottoscritto con Mefistofele, dopo aver approfittato dei suoi servigi. Il pubblico lo intuisce, perchè Boito dà al Diavolo un carattere eroico, quasi addirittura positivo. Siepi è fenomenale in questa registrazione, sia come voce che come interprete. |