CANTARE INTONATI :IL MINIMO.
Giovedì 20 Agosto 2020 10:19

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Sembra incredibile ma uno dei fattori base del Canto, imprescindibile, è anche uno dei più trascurati: l’INTONAZIONE. Ogni giorno vediamo pubblicare su Instagram o su Facebook un quantitativo scandaloso di brani platealmente stonati. Si osservano i volti compiaciuti e compresi , fieri della propria “stonazione” , quasi avessero raggiunto nuovi traguardi. Al che vien da porsi più di qualche domanda: sono stonati o sordi?

L’intonazione alla fin fine è un effetto percettivo legato al variare dell’altezza del suono e , a meno che uno non abbia dei clamorosi problemi di udito, non dovrebbe precipitare nel baratro della stonazione o stonatura. Eppure…il fenomeno è diventato drammaticamente frequente e i social lo accentuano in maniera impietosa.

Intonare un suono vuol dire CENTRARLO non andarci vicino. Immaginate i vecchi tiri a segno , quelli con le freccette da lanciare contro un cerchio in polistirolo graduato: al centro 100 punti, poi via via sempre meno fino a 0 punti quando si esce dai cerchi concentrici. Cantare bene vuole dire centrare SEMPRE il centro della nota e ho constatato che chi stona è generalmente qualcuno che non ha collocato la voce nella giusta posizione: in pratica, se non “centri” il focus vocale , non centri nemmeno l’intonazione.

Ci sono cantanti famosissimi eppure abbastanza stonati. Per non impermalosire nessuno ne ricorderò uno ormai defunto, il baritono Kostas Paskalis , che fece una eccezionale carriera nei massimi teatri del mondo. La voce era grande e di bellissima qualità, aveva un fraseggio classico, nobile e la sua specialità erano le mezzevoci , che elargiva con generosità nei grandi ruoli verdiani , da Rigoletto a Macbeth, Don Carlos de Vargas ne La forza del destino e così via. Stonava a più non posso , quando meno te l’aspettavi: nel “Veglia o donna” diretto da Giulini all’Opera di Roma o in altri punti del Rigoletto era capace di permanere quel quarto di tono sotto, sufficiente a produrre un effetto davvero fastidioso (almeno per le mie orecchie). La tecnica di Paskalis era sicuramente ottima ma si vede che la posizione del suono, in fase di studio, non fu perfettamente  centrata e il baritono non se ne avvedeva. Intendiamoci: non tutti riescono a rilevare una “calata” di un quarto di tono o ancora meno, però non si può contare sempre sui limiti uditivi altrui per imporre i propri limiti vocali. Almeno NON a quei livelli.

La cattiva intonazione è come uscire da un binario. Ci sono molti che proseguono imperterriti, dall’inizio alla fine dell’aria. Ricordo una registrazione terrificante di Ljuba Welitsch nel Ballo in maschera (“Morrò ma prima in grazia”) dove la lotta con il violoncello solista è imbarazzante o il baritono Scandola (altra voce imponente) che nel “Corsaro” di Verdi non ne volle sapere di imbroccare le note esatte.

A fronte di un deciso miglioramento del fattore intonazione nei cantanti professionisti , ai giorni d’oggi, c’è un peggioramento nel pubblico, molto meno allenato a giudicare note stonate da note esatte. Passano cose da non credere e persino tra applausi : una recente Aida eseguita in Sicilia ha dell’incredibile sotto questo profilo, tanto da far pensare a una scelta precisa, quasi a un marchio di fabbrica. Ricordo la battuta di uno spettatore all’Opera di Stato di Vienna , seduto in platea , che reagì con questa frase ai numerosi fischi provenienti dai loggionisti dei posti in piedi: “Ho pagato 500 scellini per questo posto, non voglio ascoltare i vostri fischi!!” . La cantante fischiata era il famoso soprano Molnar -Talajich , altra voce enorme ma incline alla stonazione (per di più con oscillazioni di almeno una terza abbondante, effetto ondaflex). La frase dello spettatore in platea fa capire che quando paghi un biglietto salato NON tolleri che le cose possano andare male e sei persino disposto a digerire qualsiasi cosa. In sostanza non vuoi sputarti in faccia. Ma l’intonazione è un fattore fisso, quella è e quella dovrebbe restare.

 

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