BRAVO NON VUOL DIRE FAMOSO e VICEVERSA |
Venerdì 28 Agosto 2020 14:55 |
Con il maestro Nicola Colabianchi, neo sovrintendente del Teatro Lirico di Cagliari, avevamo parlato tempo fa di alcuni argomenti inerenti l’organizzazione teatrale e le nuove esigenze del pubblico. Tra i temi uno è risultato particolarmente interessante : l’inutilità del grande nome. Ci sono state molte segnalazioni e condivisioni da parte del pubblico, molti “finalmente! Era ora!” Che meritano quindi un approfondimento. Torniamo sulla questione.
Insomma, che fine ha fatto l’idea del “nome” che garantisce l’eccellenza di uno spettacolo?
"Assolutamente irrilevante . Bisogna distinguere bene un concetto: uno è bravo perché è bravo, non è bravo perché famoso. E uno famoso non è per forza bravo, più facile il contrario. Se facciamo attenzione l’eccellenza si rende effettiva soltanto con la verifica del palcoscenico, non con l’abilità della comunicazione (per quanto si impegni a spingere un nome rispetto ad altri)."
Il pubblico se ne accorge?
"Certamente. Callas, Di Stefano, Tebaldi, Del Monaco, Corelli…ma vogliamo fare i confronti con i nomi di oggi? Questi ultimi fanno una ben magra figura. Ci sono tenori di oggi che non valgono un’unghia di Corelli, dobbiamo essere sinceri ed evitare false ipocrisie. Ci sono le società di comunicazione che muovono le loro pedine e si naviga nell’equivoco del nome. Nome che non vuol dire nulla."
C’è molta confusione, anche a leggere i commenti sui social networks.
"Il filosofo-cantautore Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti dice che oggi non ci sono più regole ma solo eccezioni. Ecco. Non esiste più oggettività, si è perso il senso della realtà. Cito a memoria alcuni dati SIAE (la società italiana autori editori) riferiti alla fine anni 50 che parlavano di circa 300.000 spettatori per i teatri d’Opera, con una media di 7 spettacoli visti da ognuno nel corso di un anno. Fine anni 90 gli spettatori erano 2 milioni ma di spettacoli ne vedevano uno all’anno! E’ diminuita drasticamente la competenza, abbiamo più spettatori ma più ignoranti."
Un processo irreversibile?
"Lo spettacolo d’opera vuole anzi pretende certe conoscenze ,bisogna saper distinguere i tenori dai baritoni, non è come il cinema dove ti siedi e assisti al film anche senza preparazione. Per l’Opera devi conoscere il libretto, informarti. Lo spettatore d’opera oggi è molto superficiale, tutto è banalizzato, appiattito. L’Opera resta uno spettacolo che vuole una selezione, un determinato livello. Lo spettatore medio non capisce , non è in grado di valutare il grado di competenza necessaria. E’ pur vero che l’Arte è immediata e può essere compresa a tanti livelli ma un minimo deve esserci."
Quindi i nomi dei divi odierni sono una abile costruzione mediatica?
"I nomi di oggi son tutti così, pompati, caricati. Ma pensiamo a cento anni fa: come mai c’erano i grandi tutti insieme, una sfilza di nomi davvero leggendari. Un paesino come Montagnana generava Pertile e Martinelli, che hanno fatto la Storia della vocalità. C’erano voci che da paura,l’elenco è infinito…"
Da sinistra Giovanni Martinelli, Toti Dal Monte, Aureliano Pertile.
Gigli, Lauri Volpi, Granforte, De Luca, Galeffi, Pinza, la Ponselle… "Oggi non c’è un solo nome che possa stare all’altezza di costoro, tutto è livellato in basso. Dov’è un vero divo? Sì, giusto la Netrebko, una bellissima voce, e poi? L’Opera era LO SPETTACOLO. Oggi c’è Sky, Netflix, Internet, YouTube…proposte che hanno tolto centralità all’Opera e anche hanno ridotto la sua funzione sociale. Andare a Teatro oggi è quasi un sacrificio: trova il parcheggio, affronta il traffico, il costo del biglietto…e ti chiedi ‘ Ma che ci vado a fare?’ . Quando puoi vederti qualsiasi tipo di spettacolo seduto comodo sul tuo divano. I divi dell’Opera, VERI, sono spariti per questo.Non è più uno spettacolo per spettatori abituali ma tutt’al più casuali."
Esiste un rimedio a tutto ciò? Come tornare ai fasti di un tempo? "No, indietro non si torna mai. Si possono offrire proposte diverse, incrementare la qualità ma non con i nomi, di questo possiamo starne certi. Ma poi chi sono? Quali sono questi nomi? Si è un nome se si è passati un paio di volte in Tv? Chi canta con dizione perfetta? La dizione è un parametro che non esiste più. Parlavamo della Netrebko, la voce è bella certo ma la tecnica non è esattamente ideale per ogni titolo. Cantare Turandot senza perdere la voce non significa cantarla bene o con dizione corretta . Io ricordo la Nilsson, la Rysanek…quelle sì che erano favolose."
Eppure le voci non mancano, basta saperle cercare. "Certo che ci sono, tantissime. Le belle voci limpide, morbide , naturali . Ars est celare arte, dicevano gli antichi: l’Arte consiste nel nascondere l’Arte. Io dico sempre: “Sarai pure famosissimo ma io non ti scritturo!”.
Tempo fa ti eri interessato all’annosa questione delle agenzie, cercando una soluzione che mettesse a posto le problematiche ben note. "Sì, è vero, mi ero interessato soprattutto al problema giuridico su rappresentanza e mediazione, mai del tutto risolto.Del resto le agenzie fanno il loro mestiere, non vanno criminalizzate. Diciamo che trovano facile penetrazione dove non c’è competenza . Bisogna premiare i capaci e i meritevoli, quelli bravi non quelli famosi. In chiusura fai ascoltare la Scacciati in Turandot ! "
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