IL MIRACOLOSO PLACIDO DOMINGO |
Lunedì 12 Ottobre 2020 11:00 |
IL MIRACOLOSO PLACIDO DOMINGO
analisi di una voce inimitabile
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Dopo l’ascolto del Nabucco fiorentino di questi giorni e fatte le debite considerazioni storico-vocologiche non ho più dubbi: per Placido Domingo si deve parlare di miracolo.
Non è certo un miracolo dovuto soltanto all’intervento soprannaturale di Dio, che pur concesse al tenore spagnolo tutte le qualità necessarie per assurgere alla sua attuale condizione, ma è un fenomeno spiegabile soltanto dal perfetto connubio tra natura e tecnica, laddove la seconda è completamente generata dalla prima. Cerco di spiegarmi meglio e di sondare (di provarci almeno) il mistero.
Domingo nasce da una famiglia di cantanti, sia il padre che la madre avevano delle bellissime voci e sono stati celebri esecutori di zarzuelas, un genere lirico drammatico in auge nei paesi di lingua spagnola che solo gli inesperti reputano “leggero” rispetto all’Opera, quando invece l’alternanza di brani recitati, parlati, cantanti e danzati conferisce una difficoltà ben superiore a tantissimi conclamati titoli operistici. Domingo proviene da quell ‘humus, ha respirato quell’aria fin da bambino, vivendo più all’interno dei teatri che altrove. Ha subito imparato a suonare (è un ottimo pianista), a leggere la musica, a cantare .
Non chiedetemi di collocare in un preciso arco temporale Domingo: la sua data di nascita è notoriamente uno dei misteri più grandi della Storia, da Stonehenge ad Atlantide. L’equivoco , a detta dello stesso Domingo, deriva da uno scritto di Giacomo Lauri Volpi che attribuì al collega ben 7 anni in più di quelli ufficialmente denunciati , cosa che determinò tutto un susseguirsi di storie e leggende fino ai nostri giorni. Sia come sia, Domingo ha battuto ogni record di longevità artistica : dal 1956 , anno del suo debutto ufficiale, a oggi , sono la bellezza di 64 anni continuativi di carriera , con 130 ruoli diversi di cui 126 eseguiti in scena. I numeri sono impressionanti come le migliaia di recite svolte a ritmi impensabili , spesso sorvolando con aerei privati l’America da un capo all’altro e altri continenti, senza sosta e con una tenuta vocale senza paragoni possibili.
Veniamo dunque a questa vocalità e al perché e come abbia retto l’impatto dei numeri succitati.
Domingo è l’esempio lampante , forse paradigmatico, di come una vocalità teatrale debba forgiarsi essenzialmente partendo dal proprio intuito e dalle proprie forze . “Un solidissimo equilibrio psico-fisico” disse il grande soprano Antonietta Stella per definire il perfetto cantante. Domingo sembra incarnare questo stato.
Partiamo dai mezzi naturali: una voce di bellissimo colore, brunito ma schiettamente tenorile, non particolarmente estesa (anche se Domingo si è divertito in disco a emettere do e re bemolli sopracuti, persino un re sopracuto in falsettone nei Vespri siciliani di Verdi ) , morbida nell’emissione almeno in tutta l’ottava centrale e sui primi acuti. Gli acuti, l’eterno problema. Domingo ne è consapevole (“Non sono nato tenore come Gianni Raimondi o Pavarotti” mi confessò in una intervista) e tuttavia mette in repertorio opere che di acuti ne hanno a iosa. Nelle serate migliori i si bemolli e i si naturali sono pieni e ricchi di armonici. Ricordo un “la vita mi costasse” (si naturale) in Tosca eccezionale, con conseguente esplosione entusiasta del pubblico. Quando la serata è “no” gli acuti sono la buccia di banana su cui Domingo è scivolato, anche malamente e non mancano le registrazioni su YouTube in tal senso. A fronte di migliaia e migliaia di recite, concerti e serate di vario genere la media generale è tutta in favore di Domingo, la tecnica c’è e gli garantisce una tenuta senza pari.
Su cosa poggia la tecnica di Domingo? Sui due pilastri del Canto: il fiato e la posizione del suono. Il fiato è eccezionale: è un uomo alto, dai polmoni lunghi e capienti, la cassa toracica è estesa con muscolatura robusta. La moglie, Marta Ornelas (cantante anche lei) mi confermò che il segreto vocale di Placido era l’uso del fiato, il cantare SUL fiato e quindi l’assenza di un vero e proprio logorìo delle corde vocali. Non c’è dubbio che la respirazione di Domingo sia da manuale: il famoso legato, che tanti non sanno nemmeno cosa sia, in Domingo è esemplare, persino oggi nella tremenda aria “Dio di Giuda” dal Nabucco, dove le note lunghe e le cadenze fanno spesso sudare sangue ai baritoni. In ogni aria al microscopio, confrontando i modi di cantare degli altri, Domingo esce vincitore: la musicalità, certo, l’intonazione sempre impeccabile, ma soprattutto il fraseggio, gli accenti sempre giusti, il solfeggio perfetto, l’assenza di portamenti e di altri vezzi dettati dal cantare approssimativo , LO STILE. I più grandi direttori d'orchestra lo hanno adorato per questo.
Veniamo alla posizione del suono, che -soprattutto in zona alta- risulta talvolta schiacciata e con un abuso di suoni “nasali”. Qui occorre spiegare meglio e in maniera più approfondita. Il volto di Domingo , le sue naturali cavità di risonanza, non sono quelle classiche del tenore con la T : guardiamo le cavità di un Caruso, il suo faccione quadrato, di Gigli, idem, di Tucker…si somigliano tutti. I faccioni di Pavarotti, Gianni Raimondi, Poggi, Bjoerling…sono tutte voci che “girano” i suoni naturalmente , sfruttando delle risonanze naturali magnifiche (la famosa “maschera”) che madre Natura ha dato loro in dono. Domingo non ha il faccione rotondo, con gli zigomi pronunciati, bensì un volto allungato più stretto, in cui campeggia un naso importante: ed ecco dove si posiziona il suono, ai lati di quel naso, nelle cavità preposte. L’attacco del suono in Domingo è nettamente rino-faringeo, sfrutta cioè la zona che comprende la gola in cui nasce il suono (perché in gola risiedono le corde vocali) e le cavità nasali, alte, per far sì che non siano le sole contrazioni della gola a produrre i suoni teatrali, cosa che sarebbe fortemente perniciosa a lungo o a breve andare. Domingo ha quindi una emissione personalissima che gli garantisce , sfruttando tutte le sue doti naturali, la tenuta, la resistenza, il superamento degli ostacoli creati dalle tessiture più perigliose (si pensi a Turandot, Manon Lescaut, Trovatore, Otello, ma anche Ballo in maschera, Rigoletto, Forza del destino, Aida, Fanciulla del West,Gioconda e chi più ne ha ne metta, TUTTE opere cantate da Domingo in teatro!).
Resta il problema degli acuti estremi, che questo tipo di emissione non può garantire al 100% poiché non vi è la stessa libertà di un suono ampio, a ventaglio, che sfrutti non solo il naso ma anche zigomi, seni frontali e quella benedetta “aspirazione” che si avverte nei più famosi acutisti, da Lauri Volpi a Filippeschi, arrivando a Pavarotti & C. Domingo sugli acuti ha sempre rischiato , talvolta è scivolato, in altre occasioni ha risolto intelligentemente gli scogli peggiori. Nell’ultima fase della carriera, la scelta di cantare ruoli baritonali mi pare legata proprio all’insicurezza sul registro alto, che si è accentuata naturalmente col passare degli anni.
Voglio chiudere questa analisi ricordando che in Domingo non c’è UN SOLO SUONO TIMBRICAMENTE SPOGGIATO, CASUALE, ABBANDONATO A SE' STESSO. Domingo canta SEMPRE sul timbro e quindi non affatica mai il suo strumento. Ancora oggi, ed ecco il miracolo, la voce appare sana, fresca, come quella di un Alfredo o di un Rodolfo con 40 anni di meno sulle spalle. Assai di più, lo ripeto, rispetto a colleghi con la metà della carriera svolta e un decimo dei ruoli interpretati in teatro. In ultimo voglio anche dire che “imitare” Domingo , come Di Stefano, come Del Monaco, come la Callas, come tanti altri….è pericolosissimo, perché per farlo bisognerebbe ESSERE Domingo, Di Stefano, Del Monaco, Callas…e sono tutti modelli unici e originali, non riproducibili.
English translation
THE MIRACULOUS PLACIDO DOMINGO
analysis of an inimitable voice
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After listening to the Florentine Nabucco of these days and having made the due historical and vocological considerations, I have no more doubts: for Placido Domingo we must speak of a miracle.
It is certainly not a miracle due only to the supernatural intervention of God, who even granted the Spanish tenor all the qualities necessary to rise to its current condition, but it is a phenomenon that can only be explained by the perfect combination of nature and technique, where the second is completely generated by the first. I try to explain myself better and to probe (at least try) the mystery.
Domingo was born into a family of singers, both his father and mother had beautiful voices and were famous performers of zarzuelas, a dramatic lyric genre in vogue in Spanish-speaking countries that only inexperienced people consider "light" compared to the Opera, when, on the other hand, the alternation of recited, spoken, singers and danced passages confers a much greater difficulty than many acclaimed operatic titles. Domingo comes from that humus, he has breathed that air since he was a child, living more in theaters than anywhere else. He immediately learned to play (he is an excellent pianist), to read music, to sing.
Don't ask me to place Domingo in a specific time frame: his date of birth is notoriously one of the greatest mysteries in history, from Stonehenge to Atlantis. The misunderstanding, according to Domingo himself, derives from a writing by Giacomo Lauri Volpi who attributed to his colleague 7 years more than those officially reported, which led to a succession of stories and legends up to the present day. Be that as it may, Domingo has beaten all records of artistic longevity: from 1956, the year of his official debut, to today, they are the beauty of 64 continuous years of career, with 130 different roles of which 126 performed on stage. The numbers are as impressive as the thousands of performances performed at unthinkable rhythms, often flying over America from one end to the other and other continents with private planes, without stopping and with an unparalleled vocal performance.
So let's come to this vocality and why and how it withstood the impact of the aforementioned numbers.
Domingo is the striking, perhaps paradigmatic, example of how a theatrical vocalism must essentially be forged starting from one's intuition and strengths. “A very solid psycho-physical balance” said the great soprano Antonietta Stella to define the perfect singer. Domingo seems to embody this state.
Let's start with the natural means: a voice of beautiful color, burnished but frankly tenor, not particularly extended (even if Domingo had fun on the record emitting C and D flat above), soft in the emission at least in the whole central octave and on the first acute. The treble, the eternal problem. Domingo is aware of this (“I was not born a tenor like Gianni Raimondi or Pavarotti” he confessed to me in an interview) and yet he puts in his repertoire works that have plenty of high notes. In the best evenings the B flat and natural B are full and rich in harmonics. I remember a "life cost me" (of course) in Tosca exceptional, with a consequent enthusiastic explosion of the audience. When the evening is "no" the high notes are the banana peel on which Domingo has slipped, even badly and there is no lack of YouTube recordings in this sense. In the face of thousands and thousands of performances, concerts and evenings of various kinds, the general average is all in Domingo's favor, the technique is there and guarantees him an unparalleled performance.
What is Domingo's technique based on? On the two pillars of Canto: the breath and the position of the sound. The breath is exceptional: he is a tall man, with long and capacious lungs, the rib cage is extended with robust muscles. His wife, Marta Ornelas (also a singer) confirmed to me that Placido's vocal secret was the use of breath, singing ON the breath and therefore the absence of a real wear of the vocal cords. There is no doubt that Domingo's breathing is textbook: the famous legate, which many don't even know what it is, is exemplary in Domingo, even today in the tremendous aria "God of Judas" from Nabucco, where the long notes and cadences often make baritones sweat blood. In every aria under the microscope, by comparing the ways of singing of the others, Domingo emerges as the winner: the musicality, of course, the pitch always impeccable, but above all the phrasing, the accents always right, the perfect solfeggio, the absence of portamento and other charms dictated by approximate singing, THE STYLE. The greatest conductors loved it for it.
We come to the position of the sound, which - especially in the upper area - is sometimes squashed and with an abuse of “nasal” sounds. Here we need to explain better and in more detail. Domingo's face, his natural resonance cavities, are not the classic ones of the tenor with the T: let's look at the cavities of a Caruso, his big square face, of Gigli, idem, of Tucker… they all look alike. The big faces of Pavarotti, Gianni Raimondi, Poggi, Bjoerling… are all voices that “turn” the sounds naturally, taking advantage of the magnificent natural resonances (the famous “mask”) that Mother Nature gave them as a gift. Domingo does not have a round face, with pronounced cheekbones, but an elongated, narrower face, in which an important nose stands out: and this is where the sound is positioned, on the sides of that nose, in the appropriate cavities. The attack of the sound in Domingo is clearly rhino-pharyngeal, that is, it exploits the area that includes the throat where the sound is born (because the vocal cords reside in the throat) and the nasal cavities, high, to ensure that they are not the only ones throat contractions to produce theatrical sounds, which would be highly pernicious in the long or short term. Domingo therefore has a very personal emission that guarantees him, taking advantage of all his natural qualities, resistance, resistance, overcoming the obstacles created by the most perilous textures (think of Turandot, Manon Lescaut, Trovatore, Otello, but also Masked Ball , Rigoletto, Forza del fate, Aida, Fanciulla del West, Gioconda and so on and so forth, ALL operas sung by Domingo in the theater!). There remains the problem of extreme treble, which this type of emission cannot guarantee 100% since there is not the same freedom of a wide, fan-shaped sound, which exploits not only the nose but also cheekbones, frontal breasts and the blessed "aspiration ”That can be felt in the most famous acute players, from Lauri Volpi to Filippeschi, arriving at Pavarotti & C. Domingo on the high notes has always risked, sometimes slipped, until other occasions he intelligently solved the worst obstacles. In the last phase of my career, the choice to sing baritone roles seems to me linked precisely to the insecurity in the upper register, which has naturally increased over the years.
I want to close this analysis by remembering that in Domingo there is not ONLY ONE STAMPED, RANDOM SOUND, ABANDONED TO HIMSELF. Domingo ALWAYS sings on the timbre and therefore never tires his instrument. Even today, and here is the miracle, the voice appears healthy, fresh, like that of an Alfredo or a Rodolfo with 40 years younger on his shoulders. Much more, I repeat, than colleagues with half of their career and a tenth of the roles played in the theater. Lastly, I also want to say that "imitating" Domingo, like Di Stefano, like Del Monaco, like Callas, like many others… .is very dangerous, because to do it you would have to BE Domingo, Di Stefano, Del Monaco, Callas… and they are all models unique and original, not reproducible.
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