VERDI a PARIGI, nuovo bellissimo libro di Paolo Isotta
Venerdì 16 Ottobre 2020 06:43

 

      verdi_parigi

 

 

Con “Verdi a Parigi” (Marsilio Biblioteca) Paolo Isotta dà un nuovo ,

determinante contributo musicologico, inoltrandosi nel mondo variegato del

Grand Opéra , i rapporti con la società e il mondo culturale francese, a partire

dal 1847 e fino al termine della straordinaria parabola del compositore di

Busseto.

E’ un libro che, come tutti i libri di Isotta, va letto e riletto più volte, tanti sono i

riferimenti di carattere estetico, politico e letterario, imprescindibili per

distinguere non soltanto Verdi e la sua ricerca del “Vero” drammatico ma il

complesso meccanismo del Grand Opéra, genere creato da Cherubini,

Spontini e Rossini, ripreso  da Meyerbeer, Auber, Donizetti e Halévy e portato

da Verdi all’apogeo.


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La narrazione di Isotta impressiona per la quantità di elementi posti

all’attenzione del lettore , come un grande mosaico dove ogni tassello è

fondamentale per completare l’immagine finale. Vi si intrecciano dati storici,

biografici, aneddoti anche divertenti e notazioni al margine, sempre sagaci e

ironiche laddove , come diceva Victor Hugo, “è dall’ironia che inizia la libertà”.


Con la forza di un fiume in piena Isotta finalmente ricolloca nel suo giusto

alveo Meyerbeer, dimostrando in maniera impeccabile quanto fosse

determinante non solo per il genere del Grand Opéra ma per le successive

conquiste verdiane, si pensi per esempio al Don Carlos.

In sostanza, Isotta dimostra con fine e profonda analisi, che Verdi partì fin dal

Nabucco dal modello del Grand Opéra per arricchirlo man mano di contenuti

stilistici, drammatici e psicologici, tanto da trasformarlo in un nuovo genere, in

una parola “farlo proprio” e persino rovesciarlo .


Fantastici sono i passaggi del libro dedicati ai Balletti scritti da Verdi, forse la

sua musica più bella  e la profonda analisi del Rigoletto , opera rivoluzionaria,

e delle sue fonti letterarie.

Il percorso, ripeto, frastorna per la quantità e per la qualità dei concetti che

Isotta propone e giustifica sempre, senza lasciare nulla al caso ma creando

collegamenti a volte insospettabili e illuminanti. Un grande libro anzi, direi

una grande intuizione da parte del più colto musicologo vivente.


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Tullio Serafin con Maria Callas


Non mancano tanti riferimenti interpretativi , molti dei quali rendono giustizia

ad artisti talvolta colpevolmente dimenticati o ignorati: con commozione ho

letto il grande Taddei definito come un Rigoletto di assoluto riferimento, ed è

sacrosanta verità. Sommi vengono definiti Mario Del Monaco e Oliviero De

Fabritiis nello Stiffelio (giustissimo) mentre viene ridimensionato un tardo

Gavazzeni del 1995 . “Tutte deplorevoli” vengono giudicate le incisioni del

Don Carlo , salvo quelle dirette da Santini, Serafin e Votto : come non essere

d’accordo? E non devono stupire nemmeno le feroci stroncature riservate

ripetutamente alle realizzazioni discografiche di Riccardo Muti, Pappano o a

Claudio Abbado, di cui senza pietà vengono stigmatizzate opere come

Macbeth (Abbado) e Trovatore (Muti, Pappano)  come “le peggiori incisioni”

mai realizzate.