ROMA: UN BARBIERE PER LO STREAMING
Sabato 05 Dicembre 2020 18:05

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Dovevamo attendere lo spettacolo inaugurale dell’Opera di Roma per assistere finalmente a

uno spettacolo concepito direttamente PER lo streaming e non IN streaming, laddove una

preposizione cambia del tutto il significato dell’altra. Un pò come accade con i decessi PER

Covid o CON il Covid: “la cosa cambia aspetto” direbbe Don Basilio. Il regista Mario

Martone indovina un utilizzo a tutto tondo del teatro come palcoscenico, con la buona idea

di creare un intreccio geometrico di cordami attraverso l’intera sala (resa pateticamente

vuota dagli assurdi protocolli : ripeto ASSURDI quando gli studi televisivi possono

indisturbati ospitare pubblico e astanti) . Le corde intrecciate consentono tutta una serie di

movimenti e inoltre spezzano visivamente la monotonia delle poltrone rosse (nel finale tali

corde vengono tagliate da tutti i protagonisti, Coro compreso e l’effetto riesce) . Inoltre

Martone sfrutta la registrazione con una post produzione che, a mio avviso, poteva essere

anche più spericolata: vediamo il maestro Gatti e Figaro attraversare in moto Roma (definita

la città “gialla”??!!)  e commovente la citazione dei filmati d’epoca  sul finale dell’atto I

dell’Opera di Roma, con le apparizioni divine della Lollo, della Callas, di Anna Magnani e

della Pampanini. Speriamo di tornare a QUELLA normalità e non all’osceno “global reset”

che auspicano  Gates e la sua cricca.


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Lo spettacolo è ben congegnato, ogni tanto può sembrare monotono, ma gli stacchi sono

giusti e favoriti dalla registrazione: dal vivo non sarebbe stata la stessa cosa ma è appunto

così che dovrebbe essere concepito PER lo streaming.


Musicalmente le cose funzionano grazie alla buona tenuta del cast e con un singolare

andamento “a fisarmonica” del maestro Daniele Gatti, (con mascherina….perchè? Boh?!

Mehta non l’aveva e nemmeno Valcuha ieri a Napoli??!)  il quale  come già si era notato in

altre occasioni (soprattutto il Rigoletto) tende a staccare tempi prima lenti poi

repentinamente rapidi, come una sorta di tira e molla che genera a lungo andare  un senso

generale di naupatia. Nonostante ciò vi sono momenti felicissimi come la formidabile Scena

della barba  nel II atto,  la cavatina di Figaro, i finali d’atto. Mi chiedo: perché taluni direttori

d’orchestra vogliono cambiare le cose ? Per far vedere che loro comandano la baracca? 

Mah… Mi domando poi perché sia stato tagliato il rondò del Conte nel II atto, “Cessa di più

resistere”? Siamo nel 2020 e tagli del genere riportano  troppo indietro nel tempo.


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Il cast regge nonostante lo stacco di tempi talvolta strambi e scombinati. Su tutti spiccano i

grandiosi Alessandro Corbelli, davvero fenomenale come Don Bartolo “paralitico” (si era già

visto però, nella regìa di Davide Livermore all’Opera di Roma) e Alex Esposito, Don Basilio,

finalmente nella “sua” acqua. Due grandi attori cantanti, maestri del recitativo , perfetti nei

tempi comici e nelle loro arie.


Ruzil Gatin è un divertente  Conte d’Almaviva. Sulla falsariga di Florez ne imita il canto e

persino la vibrazione delle note, purtroppo però sbiancando il timbro e quindi

contravvenendo all’impronta vocale voluta da Rossini (il quale scrisse l’opera per Manuel

Garçia, tenore scuro con agilità). Quando si tornerà all’Almaviva prescritto? Uno fu il più

grande nel Novecento: Franco Bonisolli a Barcellona.


Figaro è l’ottimo baritono Andrzey Filonczyk , brillante ed esteso con una buona pronuncia

italiana.


Rosina, Vasilisa Berzhanskaya,  ha una ricca voce nelle note gravi e ottima agilità. Qualche

acuto non è centratissimo e tende a impoverirsi, ma la sua prestazione resta di alto livello,

anche nell’ottima scena della lezione. Inoltre è un'attrice spigliata.


Patrizia Bicciré è una perfetta Berta e così Roberto Lorenzi un Fiorello inappuntabile.


Coro e Orchestra ai livelli alti cui ci ha abituati l’Opera di Roma.


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