James Levine, in memoriam |
Mercoledì 17 Marzo 2021 23:09 |
Le notizie, oggi più di un tempo, sono come i pesci: quella più grossa divora quella più piccola. James Levine rischia di essere ricordato , come puntualmente
accade sul titolo del Corriere della Sera, per la bruttissima storia degli abusi sessuali più che per l’immenso lascito della sua arte direttoriale, testimoniato da una
infinità di video, dischi e registrazioni dal vivo con alcuni tra i più grandi cantanti della storia dell’Opera. Non dobbiamo stupirci di questo, è la dura lex della
comunicazione attuale che colpisce tutti, indistintamente.
La notizia della scomparsa di James Levine giunge in un momento storico davvero tragico per l’arte direttoriale e soprattutto per quella legata alla grande
tradizione dei maestri concertatori d’Opera. Coloro che preparavano gli assiemi lavorando prima in sala, con molte prove al pianoforte, curando il delicato
rapporto tra parola e musica (la “parola scenica” di cui parlava spesso Verdi), tra ciò che è scritto e ciò che è al di là del segno scritto o, meglio, all’interno del
segno scritto. Levine è stato uno dei pochissimi maestri del podio, a coniugare la tradizione con le accortezze filologiche , senza che le une andassero a inficiare
la libertà delle altre.
Levine è stato l’esatto contrario di Muti, per citare un famoso esempio: il suo Barbiere di Siviglia discografico , stra-completo, appaga anche il gusto degli amanti
delle Voci lasciando il grande Milnes libero di divertirsi con acuti e improvvisazioni nel suo Figaro, o la Sills di gorgheggiare a piacimento nei punti indicati da
Rossini (le famose corone sulle pause orchestrali) . Insomma la famigerata “filologia della tradizione” che a mio parere è la conditio sine qua per un giusto
approccio alla concertazione d’Opera.
Levine non ha mai posto l’Opera in una asettica stanza chirurgica, le Sue esecuzioni in disco e soprattutto in teatro hanno avuto il crisma della spettacolarità ma
sempre con il rigore esecutivo affidato a una orchestra brillante, limpida, chiarissima in ogni sezione, a volte incandescente.
Smisurato e fantastico il Suo catalogo, sterminato il repertorio con alcune punte di diamante: Verdi in primis, ma anche Wagner, Puccini, Strauss, Bellini, Bizet,
con rare ma importanti escursioni nel repertorio sinfonico.
Pianista eccezionale, allievo di Rudolf Serkin tra gli altri, fu assistente del grandissimo maestro Szell, un emulo di Toscanini . E da Szell, James Levine ha preso
la forza , la precisione ritmica, lo scatto bruciante di taluni passaggi, il virtuosismo , la strepitosa baldanza dei finali d’atto.
Tra le incisioni indimenticabili la Giovanna d’Arco di Verdi con la Caballé divina, il Parsifal con Domingo e la Norman, la Manon Lescaut con Freni e Pavarotti, le
registrazioni sinfoniche con i Berliner Philharmoniker tra cui un Mendelssohn non facilmente eguagliabile.
LA BARCACCIA su RADIO3 DEDICHERA' LA PUNTATA DI LUNEDI' PROSSIMO INTERAMENTE A JAMES LEVINE, ASCOLTANDO ALCUNE DELLE SUE
ESECUZIONI STORICHE.
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