ADDIO GRANDE TADDEI! |
Mercoledì 02 Giugno 2010 21:25 |
Giuseppe Taddei (Genova, 1916- Roma, 2010)
Scompare con Taddei uno dei più grandi artisti della storia dell'Opera. l'ultimo erede di una tradizione gloriosa e d'un modo di VIVERE il teatro di cui non si ha oggi piu traccia.
Ho avuto l'onore di condividere con Giuseppe Taddei tante ore straordinarie, tanti momenti indimenticabili, un'infinità di episodi , battute, situazioni che rendono una vita degna di essere vissuta. Taddei è stato un artista straordinario, sotto moltissimi aspetti. La voce unica e preziosa per il timbro scuro e vellutato, di magnifico smalto, ampia e cordiale, unita idealmente a un'anima e a un cuore che non vedono molti termini di paragone possibili, sicuramente senza eguali tra i diecimila artisti che ho conosciuto. Buono e generoso, affettuoso come persona e straordinario battutista, dalla memoria prodigiosa , con la caratteristica tutta sua di parlare al singolare di colleghi scomparsi da molto tempo: “Beniamino (Gigli) canta con quella mezzavoce così suadente...” , “La Callas non è una tigre come dicono, è molto simpatica e alla mano”, un modo così cordiale da far rivivere la memoria di questi 'immortali' e capace di emozionare ogni volta. L'Opera per Giuseppe Taddei è stato un modus vivendi, quasi fuori dalla realtà: ha cantato sempre, da quando è nato a quando è scomparso . Il baritono dei grandi numeri: quasi 70 anni di carriera, dal debutto come Araldo nel “Lohengrin” all'Opera di Roma nel 1936 fino al suo ultimo Dulcamara a Tokyo, passata la soglia del 2000.
Ho avuto il privilegio immenso di poter organizzare con lui e per lui alcune storiche performances alla Rai e in altri siti: “Falstaff”, “Tosca”, “Gianni Schicchi” , le SUE opere. A 80 e passa anni suonati Taddei era capace di strabiliare, per la potenza del suono, la qualità vocale, la quantità incredibile di 'colori' , la verve scenica, il fraseggio,la dizione scandita, la potenza creativa dei suoi personaggi. Il teatro del suo cuore era la Staatsoper di Vienna. Sfuggito alla morte nei campi di concentramento nazisti (grazie al suo canto: un colonnello tedesco melomane gli aveva salvato la vita in cambio di varie cavatine di Figaro e altre arie a piacimento), Taddei era stato accolto dall'Austria come un beniamino, grazie all'entusiasmo di Herbert Von Karajan che lo aveva ascoltato casualmente come Figaro nelle “Nozze” mozartiane. Con Vienna e con Karajan nacque una fantastica amicizia, che produsse almeno tre cofanetti storici: “Pagliacci”, “Tosca”, “Falstaff”. Proviamo a riascoltare la forza tellurica del Te Deum con Karajan, il Prologo così vero e umano (l'attacco “Un nido di memorie” ineguagliato) , il monologo del Taverniere nel “Falstaff” (Taddei mi raccontava che Karajan smetteva di dirigere e si limitava ad ascoltare, con gli occhi lucidi).
Taddei sapeva divertire e far commuovere, ti inchiodava alla sedia in Tabarro, in Rigoletto, nel Macbeth, in Traviata, nello stesso Falstaff, che non era mai volgare ma grandioso nella sua totale umanità. Ha cantato con tutti i più grandi cantanti d'Opera del secolo: da Gigli a Schipa, Lauri Volpi, Pertile, la Callas, la Tebaldi, la Carteri, arrivando a Corelli, Bergonzi, Tucker, Bjoerling,Pavarotti, Domingo, Carreras, Freni,Dimitrova, Scotto, Devìa , Anderson. Esiste da poco un bellissimo libro scritto da Peter Launek, marito della figlia Marina, in cui il ritratto artistico e umano di Taddei esce a tutto tondo e con eccezionali documenti su una vita e una carriera senza eguali. Una volta, a casa del maestro Marco Boemi (presso il quale Taddei amava ripassare, studiare e dare gratuitamente lezione a tanti , tanti allievi) prima di andar via, già indossato cappotto e berretto, si girò e disse: “Mi è venuta voglia di cantare Nulla, silenzio dal Tabarro....” . Taddei, ottantenne e passa, attaccò l'aria di Michele e già dopo le prime battute ERA il personaggio. Sedeva davanti a me, potevo vedere i suoi occhi iniettati di sangue, la sua maschera di dolore...”Sei tu! Tu!” , boati emozionanti e terrificanti, fino a un sol acuto che credo stìa ancora girando in quella stanza. Tutti noi eravamo pietrificati, qualcuno piangeva dall'emozione. Passarono alcuni interminabili secondi, poi Taddei stesso per rompere la tensione disse bonariamente:”Però....il sol c'è ancora!” . Un repertorio smisurato, oltre 200 ruoli diversi (credo 240 ) , quasi 10.000 recite, un numero pauroso di concerti eseguiti ovunque, in tutto il mondo. Ricordava con particolare gioia lo Chénier con De Sabata alla Scala, la Traviata con la Callas a Mexico City e quell'Aida in cui la grande Maria lanciò il mi bemolle nel II atto. Amava molto il ruolo di Don Giovanni, che aveva inciso ma mai cantato in teatro per via del suo fisico, tozzo e tarchiato, poco adatto al ruolo del grande seduttore. Mozart fu un vessillo per la sua vocalità morbida e la sua musicalità perfetta: Guglielmo con Boehm, Leporello con Giulini, Papageno con Karajan....il più grande Papageno mai esistito.
E poi Verdi, Puccini, Donizetti (Dulcamara in quasi 1000 recite ma anche Don Pasquale , Malatesta, Enrico in “Lucia” , un Belisario commovente a Venezia con la Gencer, Re Alfonso in Favorita) . Non vorrei tralasciare il Guglielmo Tell, eseguito in svariate occasioni, parte perfetta sia come scrittura vocale si a per la forza dirompente del personaggio. “Taddei era un artista che non annoiava mai” scrisse Celletti, ma quando Taddei seppe che Celletti aveva scritto e parlato male dei suoi “amici” (Di Stefano, Callas, Gobbi, Bastianini, ec.) disse: “Mi vergogno che abbia parlato bene di me!”.Non l'ho mai sentito parlar male di nessuno. Del suo rivale Bechi diceva “E' sardonico” ma non una parola in più per denigrarlo , mai! E lo stesso di Gobbi, di Panerai, di Bastianini (che adorava) , di tutti i colleghi di ieri e di oggi. Con i giovani allievi aveva gli atteggiamenti che si addicono a un padre o a un nonno affettuoso: una parola buona per tutti, dava la carica e la voglia di andare avanti a chiunque manifestasse un sincero amore per questa Arte che di amore si nutre.
Con Taddei scompare un vero pilastro, un Grande . E l'Opera, questa vecchia signora piena di rughe e di acciacchi, è oggi molto più sola. |