CROSSOVER ,CROCE e\o DELIZIA? |
Sabato 17 Luglio 2010 11:11 |
E' un pò di anni che il termine crossover è entrato nel nostro gergo familiare. In ambito musicale, crossover viene usato per descrivere materiale preso in prestito da più generi diversi, la cui popolarità supera i confini convenzionali della musica e dei suoi stili. E' la commistione dei generi, la contaminazione...già questo dovrebbe metterci in guardia poiché quando si parla di contaminazione si parla di virus, microbi, germi nocivi, veleni. Finché si resta nell'ambito della musica pop, del rock, dell'heavy metal, di generi cioé che si nutrono di contaminazioni e che , tutto sommato, vivono di influenze esterne, di provocazioni, di situazioni "estreme"...poco male. Il guaio è quando ai compromessi della commistione di generi deve scendere la musica "colta" , che sia classica o operistica (il cosiddetto operatic pop). Secondo un assunto molto discutibile per il quale "la musica colta va portata alla gente" , e non il contrario (come in realtà dovrebbe accadere e accade per le anime più sensibili), il crossover riduce e confeziona un brano musicale secondo stilemi e versioni più fruibili, più 'facili' , più immediatamente recepibili da una non ben identificata massa, giudicata a priori bruta, rozza,amorfa. La musica da camera e sinfonica è stata la prima a subìre varie trasmutazioni crossover: pensiamo al celebre Canone in Re maggiore di Johann Pachelbel, il secondo movimento del Concerto per pianoforte e orchestra n. 21 K 467 di Wolfgang Amadeus Mozart inserito nella colonna sonora del film Elvira Madigan (1967). Potremmo elencare altri 40-50 brani famosissimi, usati per film, sigle, pubblicità. Non si può certo dire che le versioni 'modernizzate' di tali brani siano più belle e piacevoli rispetto agli originali. Diciamo che suonano più "facili". Con l'Opera , soprattutto dopo l'avvento del disco, le cose procedettero di pari passo. Già Caruso iniziò a spaziare dal genere operistico alla canzonetta, inserendo nei propri cataloghi brani molto lontani dalle armonìe ricercate degli autori classici. Così anche e più di Caruso , Beniamino Gigli che, forte del mezzo cinematografico, assunse il ruolo di "Cantore del Popolo" e dalla Manon Lescaut o dal Lohengrin, passò tranquillamente alla canzonetta, come l'inno campestre "Se vuoi goder la vita" inserito nel film "Mamma", con la leggendaria Emma Gramatica assisa al pianoforte e un Coro incredibile di contadini , più intonati dei professori della Scala!
Dopo Gigli tutti i tenori vollero passare il guado, nessuno escluso. Un divo assoluto come Mario Del Monaco non poté sottrarsi alla tentazione del crossover e, attirato dalle lusinghe della Televisione (nuovo giocattolo destinato a soppiantare il cinema) si divertì a trasformare la sigletta di Raffaella Carrà in un'aria degna di Otello o Mario Cavaradossi...
Passano altri 20 anni da quel lontanissimo 1970, e presso le Terme di Caracalla si celebra un evento destinato a segnare lo spartiacque tra l'Opera e l'Operatic pop : il Concerto dei Tre Tenori. Nato per celebrare il ritorno di Carreras sulle scene liriche, dopo la drammatica malattìa che stava per costargli la vita, l'incontro tra Placido Domingo, Luciano Pavarotti e lo stesso Carreras finì per diventare un fenomeno mass-mediatico e discografico senza precedenti. Dopo le arie d'Opera, regolarmente cantate dai tre artisti, il medley conclusivo a suon di canzoni e canzonette ruppe il diaframma tra pubblico pop e puristi del melodramma: i Tre Tenori valicarono così i propri naturali confini, per entrare nelle case di tutti, a costo di sembrare anche un pò goffi e un pò buffi.
Fu soprattutto Luciano Pavarotti a trarre i maggiori benefici (anche economici) dall'operazione Tre Tenori, avendo egli un contratto speciale di royalties con la Decca, produttrice del disco e del dvd. Compresa l'importanza dell'operazione, Big Luciano si gettò a capofitto nel crossover e inventò, per conto suo, il "Pavarotti International" meglio noto come "Pavarotti & Friends" , laddove i "friends" non erano più Domingo e Carreras, bensì Lucio Dalla, Sting, Elisa, Ligabue, Bono, persino Michael Jackson e Grace Jones. I quali, a onor del vero, amici di Luciano diventarono a suon di bigliettoni , non certo per aver frequentato mai teatri d'Opera. I duetti tra Pavarotti e i suoi amici, per 10 anni, furono della più varia specie, dal sublime all'orrido, ma costituirono la più solida base per il crossover ormai adulto e vaccinato, pronto a tutto...
"Pavarocky Horror Show" verrebbe da dire, dopo il Werther versione Lamberto Bava interpretato dal Tenorissimo con l'inquietante Grace Jones. Non si può tuttavia parlare di crossover senza ricordare il decisivo contributo offerto al genere da Andrea Bocelli, che potremmo definire un "crosstenor" o un "overtenor" , considerando il suo vastissimo repertorio e il continuo, a volte audacissimo impegno nell'ambito del pop e dell'opera lirica. Bocelli duettò, ça va sans dire, con lo stesso Pavarotti in uno degli storici incontri modenesi...
Gli anni 2000 vedono il trionfo e l'avallo totale del crossover, passato di ugola in ugola, da Bocelli a Safina, da Filippa Giordano a Vittorio Grigolo,ancora il Trio Pupo-Vittorio Emanuele e Luca Canonici, arrivando ad alcuni fenomeni televisivi odierni, come la "Barbie" Katherine Jenkins, pronta a indossare il vestitino giallo e a cantare "Nessun dorma" davanti a folle plaudenti e mediamente disorientate...
Crossover, croce e\o delizia? Dipende dai gusti , dalle abitudini, forse anche dalle latitudini e dallo stress... Certo è che l'Opera nel corso della sua lunga e tormentata storia ne ha fatti parecchi di salti mortali. Sopravviverà anche a questo, com'è sopravvissuta a un Brindisi singolare , realizzato come bis al Covent Garden di LOndra da Carreras, da Katia Ricciarelli, da Agnes Baltsa e da Ruggiero Raimondi. Osservando ciò che accade, tra risate, lazzi e orchesche emissioni, verrebbe da chiedersi quale veleno si stato instillato nelle coppe di Violetta Valéry e Alfredo Gérmont?
...sarà sicuramente la stessa pozione, non magica ma tragica, bevuta dai quattro 'magnifici' interpreti di quest'altro Brindisi, cioé dai vincitori del talent show inglese Popstar to Operastar con i loro rispettivi maestri: Rolando Villazon (ormai identico al santone Sai Baba) e Katherine Jenkins, ancora lei, sempre più Barbie.
|