LARGO AL MAESTRO! |
Domenica 25 Luglio 2010 08:23 |
Il Direttore d'orchestra, meglio identificabile come "maestro concertatore e direttore d'orchestra", può essere considerato il baricentro dello spettacolo d'opera. Per molti ignari è una specie di vigile urbano o di tergicristallo, un signore che si agita su un podio, non si sa bene perché; in effetti ogni maestro che si rispetti è un pò schizzato, nevrotico, ma deve celare con abilità le sue ansie per infondere tranquillità e sicurezza al cast, agli orchestrali, ai responsabili del Teatro e al pubblico. Sul fatto che sia determinante per la riuscita dello spettacolo non vi sono dubbi: è lui il supremo garante della partitura, il depositario del sacro volere dell'Autore, colui che conosce ogni nota ogni indicazione e qualunque trabocchetto. E' il Maestro (con la maiuscola, mi raccomando) che deve completare in ogni suo tassello e nel miglior modo possibile questo intricatissimo puzzle. Avete mai osservato con attenzione gli occhi dei cantanti? Verso chi sono puntati? In certe recite zoppicanti, messe in piedi con scarse o nulle prove, gli interpreti sono impalati e praticamente ipnotizzati, lo sguardo fisso sulla bacchetta che generosamente distribuisce attacchi, scansioni ritmiche, blocca intemperanze, riprende catastrofiche uscite, ricuce concertati o assiemi pasticciati. I cantanti con più esperienza e , in genere, quelli bravi non hanno bisogno di fissare il Maestro, ma anche loro sanno che quello è il loro punto di riferimento, dalla prima all'ultima nota; così qualche sbirciatina, magari con la coda dell'occhio, al dunque la lanciano anche Domingo o la Freni. Il Maestro Concertatore si presenta quindi in varie maniere: c'è l'austero e nobile intellettuale (Gianandrea Gavazzeni, Vittorio Gui), il sacerdote officiante, quasi un Papa (Carlo Maria Giulini, Karl Boehm, Otto Klemperer), l'imprevedibile (Furtwaengler), il raffinato (Prétre), l'estroverso (Bernstein, Oren), l'ipersensibile (Abbado), il filosofo (Sinopoli), il santone (Menuhin), il mago (Celibidache), l'estroso (Guarnieri, Ozawa), il geniale (Karajan, Kleiber, De Sabata), il pazzoide (Harnoncourt), il padrino (Mannino), il venale (Maazel), il dittatore (Toscanini,Muti), il bonaccione (Serafin, Bruno Walter),il domatore (Oren), il preciso (Markevitch, Fricsay, Baremboim), l'esperto (Patané,Guadagno, Sawallisch, Mehta). C'è anche il raccomandato, ma qui non faccio nomi! Tutti hanno in comune la diffidenza verso la ben nota ignoranza dei cantanti e sono rimasti celebri alcuni battibecchi. Guarnieri , grandissimo maestro veneto, mandava spesso e volentieri a quel paese chi non gli andava a genio, quasi sempre per motivi musicali; una volta, a un tenore che stonava parecchio nel duetto "Parigi o cara" (Traviata) disse di spostarsi rispetto al soprano, e tanto lo fece spostare da mandarlo dietro le quinte: " Maestro! Ma sono fuori scena!" protestò il tenore, e Guarnieri :"Bravo! Quello è il posto tuo!". Quando si presenta il tipico direttore d'orchestra nei cartoni animati, nelle pubblicità o nei fumetti lo si vede magro, ispirato, scapigliato (possibilmente con ciuffo aerodinamico ), occhio socchiuso, più o meno la caricatura di un Karajan o di un Muti, quest'ultimo famoso per la frase rivolta agli orchestrali:" Dove arrivo arrivo, altrimenti ci arriva il ciuffo!". Le movenze sono indiscutibilmente isteriche, eccezion fatta per i maestri olimpici, sospesi su nuvole altissime, inaccessibili. L'uomo comune si chiede se sia effettivamente necessario quel signore così agitato; la risposta è : sì. Se la recita o il concerto concedono qualcosa (o molto ,a seconda dei casi) alla coreografia, con dovizia di salti, grugniti, ciuffi svolazzanti e bacchette roteanti, è vero però che durante le prove il maestro concertatore costruisce tutto, dalla prima all'ultima nota. E' lui a stabilire i tempi, cioé la scansione ritmica delle pagine musicali; le dinamiche e le agogiche delle frasi, valori come il "legato", i "pianissimi" o i "fortissimi" , il rispetto delle "forcelle", i "diminuendi" o i "crescendi". E' il maestro a conferire anche la cifra stilistica di una partitura: come si deve variare un'aria belcantistica, l'inserimento di cadenze e puntature (salite agli acuti), il valore di una "corona" (che può essere una nota più lunga ma anche, e soprattutto nel Belcanto,una cadenza o una variazione). Daniel Oren Il maestro deve anche tenere a bada tutti, dal sindacalista dell'orchestra al corista intemperante, dalla primadonna ritardataria al tenore capriccioso, dal sovrintendente ignorante all'agente mafioso. Mica male per un cachet solo: lo stress è all'ordine del giorno. Non è quindi un caso che i maestri abbiano spesso i nervi a pezzi e che cerchino varie soluzioni per darsi la carica (ne conosco alcuni che fanno uso di stupefacenti, alcol e altri "rimedi" similari). Una caratteristica che ho frequentemente ritrovato in molti maestri è l'amore per la velocità, che li porta ad appassionarsi a macchine sportive, motociclette, aerei, motoscafi. Direttori d'orchestra si nasce ma in tantissimi casi si diventa. Alcuni tra i più famosi maestri vengono infatti dallo studio e dalla pratica di uno strumento, sostituito poi dalla bacchetta. Così dal pianoforte derivarono Daniel Barenboim, Georg Szell, Lukas Foss, André Previn,Vladimir Ashkenazy, James Levine; dal violoncello Arturo Toscanini, Mstislav Rostropovich, Alfred Wallenstein,Pablo Casals; dal violino Charles Dutoit, Neville Marriner, Lorin Maazel; dalla viola Carlo Maria Giulini,Hermann Scherchen; dal contrabbasso Serge Koussevitsky; dall'organo Leopold Stokowsky. Alcuni derivano invece dal canto, ma è un caso abbastanza raro. Ne abbiamo due classici esempi in José Cura ma in modo più significativo in Placido Domingo. |