QUATTRO SALTI A NEW YORK |
Venerdì 14 Maggio 2010 23:14 |
Il recente soggiorno a New York mi spinge a fare alcune considerazioni , diciamo qualche appunto di viaggio che condivido amabilmente con chi ha voglia e tempo di leggere. Partirei dagli aeroporti. L'aeroporto JFK di New York è in condizioni disastrose, tanto da far apparire Fiumicino come una sorta di Eden: per imbarcarsi tocca affrontare chilometriche file oppure munirsi del check in elettronico via internet e poi affidarsi a uno di quegli omini col cappello da soldato, che pesano le valigie e le sbattono dentro la carlinga. In compenso il passaggio attraverso i controlli è abbastanza rapido, ma solo se usufruisci del “servizio VIP” , che non a tutti viene concesso. A bordo del comodo aereo Delta ti accorgi della differenza fondamentale tra le hostess italiane e quelle americane: le italiane sono stupende, le americane....orribili. Dove sono finite le bellezze delle innumerevoli fictions dalle quali siano quotidianamente bombardati? Scomparse le larve di Hollywood ecco aggirarsi sull'aereo delle tragiche fanciulle para-cinquantenni , decisamente contro ogni possibile tentazione. A New York , tutti sanno, si corre. L'elemento base della vita nella Grande Mela è la corsa: un passo podistico accompagna ogni singolo spostamento a piedi, tutti corrono, ognuno scatta velocemente verso la sua mèta come in preda a una strana ossessione. Il passo all'italiana, lento e indeciso, viene considerato un insulto: una vecchietta terribile mi ha scansato di brutto urlando “Excuse me!” , tanto che ho pensato volesse scipparmi. Quando un new yorchese è arrabbiato lo capisci dal tono del suo “Excuse me!” , se scandisce separando le sillabe “Ex- CU-SE ME!” vuol dire che è incazzato nero. A proposito di neri. I neri occupano lo strato sociale più basso alla faccia di Obama e di ogni possibile secessione: neri sono i portieri, nere le cameriere, nero il poliziotto, nero l'usciere, nero il facchino, nero il tassinaro. Nulla sembra cambiato dall'epoca della capanna dello zio Tom. New York è un gigantesco shopping center, un supermercato a cielo aperto. Trovi tutto quel che ti serve ma anche di più. I molteplici Duane Reade sparsi in ogni dove ti inducono a munirti anche di sostanze solitamente prescritte dal medico, e così fai scorta di echinacea, magnesio, vitamine, polveri per ogni fungo, olio di pesce, tea tree...scatta inesorabile la libidine farmaceutica e come per incanto scopri l'orgasmo da omega 6 . Del Metropolitan , il tempio dell'Opera, ho già parlato ma varrà la pena tornarci un po' sopra. Ci si va per divertirsi, e fin qui nulla di male: singolari , però, le risatazze del pubblico per opere drammatiche come Tosca e Armida di Rossini. Rossini è considerato autore comico, sempre. Ora anche Puccini. Molte signore hanno difficoltà a tollerare per tre atti le scarpe strette e quindi pensano bene di toglierle durante lo spettacolo. Una signora accanto a me, allungò le gambe sulle ginocchia del partner per farsele massaggiare durante l'Olandese volante di Wagner: un comodo sistema per superare le lungaggini di questo particolare, non sintetico compositore. Al Met vi sono altre stramberìe: i beverini dedicati al grande basso Ezio Pinza (perché lui?!), un gigantesco e minaccioso ritratto di Domingo , le foto in ordine alfabetico dei protagonisti più famosi del Met, da Licia Albanese a Teresa Zylis Gara. A New York, quando la temperatura sfiora i 10° sopra lo zero, si considera di essere ai Tropici, la gente si spoglia. A 20° siamo nel Sahara, la gente è ai limiti del nudismo, a 30° siamo alla sauna. Per questo motivo l'aria condizionata viaggia a paletta ovunque: nei taxi si rischia l'ibernazione, al Met vieni sferzato da autentiche lame di Toledo di ghiaccio, la tua stanza in hotel è una neviera. In compenso vi sono negozi per melomani in cui lo spaccio dei dischi rasenta l'impossibile: trovi tutto ciò che sogni o che cerchi, a prezzi molto convenienti. A New York non muori mai di fame né stai mai fermo, l'ombrello deve essere sempre nella borsa, un telefono tri-band e una cospicua carta di credito. Suggerisco anche di partire con una valigia semi-vuota: è impossibile resistere alle tentazioni e alle compulsioni del tipico turista. I supermercati sono un'altra favola: lo stand della frutta e verdura sembra uscir fuori dal paese di Gulliver : meloni giganti, fragoloni in serie dolcissimi, uva grossa come palle da tennis, banane blu, sedani che paiono armi contundenti. Giapponesi impazziti confezionano 24h su 24h blocchi di sushi, tali da sfamare un esercito. Non si fermano mai.
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