SCALA 7\12\2010: VALCHIRIA E POLEMICHE
Mercoledì 08 Dicembre 2010 08:44

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Per Sant'Ambrogio alla Scala un Wagner sontuoso e con tutte le migliori prerogative del grande evento: Barenboim sul podio, un cast eccellente , un titolo tra i più rappresentativi dell'intero repertorio melodrammatico.

Colpo di scena prima dello spettacolo: fatto mai accaduto nella storia della Scala, il maestro entra, apre la porticina che lo separa dal pubblico, viene illuminato ad hoc, afferra un microfono e rivolgendosi al Presidente della Repubblica legge il famigerato articolo 9 della Costituzione, ricordando a tutti i presenti che lo Stato dovrebbe tutelare i beni culturali, ambientali e paesaggistici. Ovazione e , sugli applausi, parte l'Inno nazionale.


La polemica sui famigerati “tagli” alla Cultura in Italia dura da molti mesi e in questa occasione vorrei ribadire il mio personale pensiero sulla faccenda che, inutile nasconderselo, in vista di una crisi istituzionale assume i classici , italici caratteri della strumentalizzazione.

Che la Cultura debba essere sovvenzionata dai fondi statali, in misura degna, è cosa ovvia e scontata, sancita dalla Costituzione. Quel che invece non è affatto scontato è che tali sovvenzioni statali debbano essere fonte di lucro per chi amministra i fondi all'interno di un teatro d'Opera, di prosa, di un museo, ec.

Affermo, senza tema di smentita, che in Italia i fondi statali destinati alla cosiddetta Cultura sono stati SALASSATI, in anni e anni di mala gestione. Per una ovvio gioco di vasi comunicanti: più fondi statali = più furti. Non solo. Per chi ha memoria corta varrà la pena ricordare che in Italia sono sempre esistite, da quando è nata l'Opera, lamentele per questioni di danaro mancante, con un'unica sostanziale differenza: in epoca barocca e nell'Ottocento, i teatri venivano gestiti da PRIVATI, siano essi stati mecenati, principi o impresari , cioé persone che investivano e rischiavano di tasca loro! Successivamente quest'onere è passato allo Stato ed è quindi iniziato il famoso “magna-magna”: più mi dai e io più prendo, tanto....paga Pantalone. Vi sono alcune amministrazioni in bancarotta: Genova, Cagliari,Parma, Bologna, Catania, Palermo, Roma, la stessa Scala....continuamente in bilico, con lavoratori immersi nel più totale precariato, sottopagati, sotto utilizzati a fronte di spese enormi, faraoniche, in gran parte non motivate da una amministrazione limpida e legale.

Ciò detto , resta valido l'appello del maestro Barenboim ma non sufficientemente chiaro: perché se la Costituzione italiana obbliga lo Stato a tutelare il patrimonio artistico e culturale, detta Costituzione non presuppone il furto, lo sperpero e il malaffare all'interno delle varie amministrazioni. Che vi sia poi una forte tentazione di politicizzare questi nobili discorsi e usarli a fini propagandistici, mi pare evidente: una visione statalistica del sostegno alla Cultura preclude in maniera antiquata e rigida l'ingresso ai privati, cioé a quegli sponsors che potrebbero da soli sostenere fior di stagioni e fior di spettacoli, con un controllo amministrativo straordinario e molto più severo. Perché in Italia nel mondo se i soldi li metti tu...fai molta più attenzione a come vengono spesi o elargiti.

Concluderò questa premessa sottolineando il fatto che la Scala di Milano ha oggi la massima sovvenzione statale, com'è sempre stato, e che anche il suo sovrintendente farebbe bene a gestire questi fondi con maggior oculatezza e maggior senso del risparmio, soprattutto in un momento di crisi.

Questo, se vogliamo essere equi e giusti e non ipocriti.

              walchiria4 Daniel Barenboim

Veniamo allo spettacolo.

Risultato senz'altro positivo ed entusiasmante: Barenboim ha una visione molto lucida e chiara della fitta trama wagneriana, la tenuta della compagine scaligera è stata straordinaria in molti punti topici, dall'attacco del I atto, alla ben nota Cavalcata, al duetto tra Brunilde e Sieglinde, all'addio di Wotan, scegliendo qui un tempo molto disteso come anche nel “Winterstuerme” del tenore, liricizzato fino allo spasimo. Un'orchestra molto compatta, virtuosistica, intonata nel 99% dei casi (un piccolo cedimento alla fine, per mera stanchezza), di rara precisione, partecipe, con quel caore tipicamente italiano nei passi cantabili e nelle grandi melodie distese. Si contrappone a questo Wagner pimpante e baldanzoso il pannello epico, solenne e tesissimo offerto da Thielemann a Bayreuth, l'estate scorsa, che resta a mio giudizio inarrivabile.

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Il cast vedeva emergere la parte femminile su quella maschile: eccezionale la Brunilde di Nina Stemme, solida e sicurissima, una vera regina guerriera, affiancata dalla Sieglinde intensa e partecipe di Waltraud Meier, che sopperisce a qualche lacuna vocale (intonazione calante sugli acuti estremi, usura del timbro) con una arte scenica e un'espressività abbastanza straordinarie. La migliore in assoluto, per tecnica inappuntabile e magnificenza vocale, è stata la Fricka del mezzosoprano Ekaterina Gubanova, oserei dire perfetta in ogni sua frase e in ogni suo accento. Molto bene la compagine delle Valchirie.

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Meno bene gli uomini, a partire dal tenore Simon O' Neill come Siegmund, del tutto insufficiente a causa di una vocalità schiacciata e stretta, nasale, che lo metteva in difficoltà già nel I atto e lo faceva crollare nel II, con tanto di stecca . Pessimo anche il basso Tomlinson come Hunding: d'accordo che il ruolo è da cattivo, ma Wagner va cantato e non urlato né parlato. Wotan è il basso Vitalij Kowaljow, che ha rimpiazzato il defezionario René Pape e molto bene, tanto da non farne sentire la mancanza: la voce è sostanziosa,brunita, rocciosa, forse un po' avara di mezzevoci , soprattutto nel memorabile finale, ma tutta la zona acuta è a posto e Dio solo sa quanto ne abbia bisogno questo personaggio, per giungere vivo alla fine.

Lo spettacolo è stato firmato da Guy Cassiers, con i costumi di Tim van Steenbergen e la collaborazione a scene e luci di Enrico Bagnoli: una regìa tradizionale, essenziale, su una scena forse un po' sacrificata, invasa dalla gigantesca scultura ippica e dagli effetti di luce a volte natalizi. Buone le proiezioni ma quando si ha l'impressione di stare più al cinema che in un teatro d'Opera non è un bell'effetto, soprattutto quando l'opera è lunga e il racconto molto variegato. I costumi non erano un gran che e così il trucco: molto tradizionale la coppia Siegmund e Sieglinde, Hunding vestito da spazzacamino, Wotan truccato a metà tra Conaan il Barbaro e lo scimmione della pubblicità Crodino, la Stemme con un farfallone di stoffa collocato sul fondoschiena, insomma....comprendo le contestazioni che , in modo blando e comunque evidente, sono giunte dal loggione sui responsabili dell'allestimento.