All'OPERA di ROMA UNA SBIADITA BATTAGLIA DI LEGNANO |
Mercoledì 25 Maggio 2011 18:16 |
Nell'ambito dei festeggiamenti per l'unità d'Italia , o meglio per i 150 anni dalla proclamazione del Regno d'Italia, approda all'Opera di Roma “La battaglia di Legnano” , opera giovanile di Giuseppe Verdi in un nuovo allestimento curato da Ruggiero Cappuccio, regista particolarmente caro al Teatro e soprattutto al vero “reggitore” del medesimo, il maestro Riccardo Muti, la cui ombra aleggia anche in questa produzione come Banquo nel Macbeth. Ritroviamo infatti un'altra protegée del Maestro nei panni della protagonista femminile, il soprano Tatiana Serjan , impegnata da un decennio e passa in un repertorio che parte da Mozart arrivando al Verdi più drammatico, prossima Lady Macbeth al Festival di Salisburgo, altra roccaforte mutiana. La voce è piuttosto squillante e imponente, ma affetta da un fastidioso vibrato stretto che alla lunga stufa e fa slittare spesso l'intonazione. Male l'aria d'entrata, molto male la cabaletta, poi via via si è ripresa ed è andata crescendo, ma sempre con i precisi limiti di cui si parlava all'inizio. Arrigo è un tenore coreano,Yong Hoon Lee, esile nel fisico e piuttosto ingolato nell'emissione, costantemente “indietro” quando si tratta di salire oltre il fa acuto. Le note le canta, il compito lo esegue ma risultare vincenti in questo ruolo “eroico” è un altro conto, oltre che un altro canto. Emerge il baritono Luca Salsi, dagli accenti giusti ed espressivi, con bella voce nei centri e con acuti efficaci anche se non del tutto a fuoco. Il suo è il personaggio più riuscito insieme al Barbarossa di Dimitri Beloselski, basso che avevamo già apprezzato come Zaccaria nel recente Nabucco. Comprimari al di sotto del minimo garantito: Tiziana Tramonti si presenta bene sul palcoscenico ma con voce poco udibile, si taccia degli altri e soprattutto del primo Podestà. Il migliore in campo è il direttore d'orchestra, Pinchas Steinberg, che affronta la partitura alla garibaldina ma senza mai strafare e soprattutto con un'idea nitida e chiara, assolutamente precisa sia negli attacchi sia nell'equilibrio tra le varie sezioni dell'orchestra, in grande forma. Bene il Coro anche se con un inizio non molto preciso, soprattutto per quanto riguarda l'assieme. Lo spettacolo di Cappuccio è una brutta imitazione del Ronconi di “Nabucco” ed “Ernani” : una strana “pittrice” in bianco spennella tutto il tempo mentre sfilano davanti agli occhi del pubblico riproduzioni in tulle di famose tele , tra cui Delacroix , Velazquez, Mimmo Paladino....una sorta di pot pourri che non sfigurerebbe in un almanacco televisivo, piccolo prontuario per un veloce ripasso di Storia dell'Arte. Trespoli, cavalletti, elmi accumulati da una parte, abiti tra l'impermeabile e la camicia da notte...sinceramente....pareva il magazzino della ditta Rancati , con luci perennemente spente o buie, tra il lugubre e il macabro. Assente la regìa:tutti schierati per foto di gruppo, Coro immobile , cantanti in posa. All'uscita, lo scarso pubblico ha distribuito applausi per tutti i protagonisti, di più per il baritono e il direttore, qualche buuh per Cappuccio, che ha così rimpiazzato Gabriele Lavia, inizialmente previsto come regista di questo spettacolo. |