All'ARENA di VERONA Hugo de Ana incornicia la TRAVIATA. |
Sabato 18 Giugno 2011 16:55 |
Arena di Verona gremita in ogni ordine di posti per l'inaugurale “Traviata” , con la messa in scena di Hugo De Ana e con Ermonela Jaho nei panni di Violetta, Francesco Demuro come Alfredo e il baritono Vladimir Stoyanov -Giorgio Gérmont. Sul podio Carlo Rizzi. E' stata questa una delle rare occasioni in cui lo spettacolo, inteso come regìa -scene e costumi nonché coreografìa (la bravissima Leda Lojodice), ha retto praticamente in toto le sorti dell'intero evento. Esattamente il contrario di quello che avviene, purtroppo, nelle frequenti occasioni in cui sono gli artisti a salvare la parte musicale a fronte di un allestimento orrendo e di una regìa folle o, peggio, stupida (vedi recentissimo Trittico di Puccini a Buenos Aires!). Traviata, Verona 2011 De Ana riempie lo spazio areniano con enormi cornici vuote, meravigliosamente realizzate, e una quantità di fogli, libri, tele, drappi che rappresentano la casa di Violetta in disfacimento ma anche un grande senso di vuoto, di solitudine, di alienazione, quella appunto che avvolge la protagonista dall'inizio alla fine dell'opera. Ci sono scene molto forti: la festa sadomaso del I atto, i fantasmi del carnevale parigino che strapazzano Violetta trattandola come uno straccio, la violenta reazione dei convitati in casa di Flora contro Alfredo, dopo la scena della borsa. E' una Traviata intensa e ricca di dettagli: arricchita da un perfetto gioco di luci e dalle coreografìe estrose, eleganti, raffinate della Lojodice, oltre che dalla fastosità (tipica di De Ana) nel taglio dei costumi . Spettacolare il “Sempre libera” che chiude il I atto, con Violetta appollaiata su una cornice che nel finale inizia a salire, facendola volare esattamente come “dee volar” il suo pensier. La parte musicale, soprattutto vocale non è stata all'altezza dello spettacolo, complici le prove funestate dai temporali e il carattere acerbo di alcuni artisti presenti nel cast. La Jaho, lanciatissima, bella donna, ottimo temperamento artistico e perfetto phisique du role, non possiede purtroppo (o non ancora) le doti vocali necessarie per questo ruolo tremendo:la voce non ha particolari magìe timbriche né una estensione speciale (niente mi bemolle alla fine del I atto, ma non è questo il dato grave). Il suo vero problema è che per caricare il suono e renderlo più “importante” tende a spingere e a crescere di intonazione, il che è fastidioso nell'arco di tutta l'opera. I pianissimi, poi, non sufficientemente appoggiati tendono a spezzarsi, cosa che è accaduta al termine del famoso “Addio del passato” sul la acuto di “finì” . Insomma, c'è da lavorare e da mettere a posto varie cose prima di imbarcarsi in imprese troppo più grandi di lei: tuttavia, se saprà meditare con intelligenza e umiltà sulla sua prestazione, avrà certamente modo di migliorare in futuro. F.Demuro Stesso discorso, ancor più severo, per il giovane tenore Demuro che ha dalla sua un timbro davvero bellissimo e una straordinaria verve scenica, forse addirittura eccessiva considerando la pericolosità di un palcoscenico come quello veronese. Sta di fatto che correva da una parte all'altra come Speedy Gonzalez, a volte rischiando lo scivolone ...In questo caso troppi suoni aperti e poco sostenuti dal fiato, troppe note incerte, troppi suoni emessi “di gola” e un quantitativo di microstecche oltre il limite di guardia. L'ultimo atto lo ha visto praticamente KO, come un pugile stremato da un lungo combattimento. Se saprà rivedere con impegno e sollecitudine la propria fonazione, garantendosi un solido sostegno delle note e un maggior uso dei risuonatori alti, il tenore Demuro sarà un numero 1 per il repertorio lirico e non solo per Traviata, Elisir e Rigoletto. Ricordavo più sicuro e squillante il baritono Stoyanov, ma gli acuti di Gérmont, compresa la famosa aria “Di Provenza” non erano a posto, tanto da fargli rischiare opacità e raucedini. Il fraseggio era buono ma molto sommario e monocorde, anche sotto il profilo dell'allure in scena e della scarsa autorevolezza. Quando in Traviata entra Gérmont, con quel tema così grave e solenne, non si può vedere un impiegato delle poste in trasferta. Tra i comprimari alcune piacevoli sorprese: l'Annina di lusso di Serena Gamberoni, bella e brava oltre il consueto, l'ottimo Nicolò Ceriani come Barone che -detto per inciso- aveva molta più voce e tecnica di Gérmont stesso, il preciso ed elegante Saverio Fiore come Gastone, la sonora Chiara Fracasso come Flora . Non bene il Grenvil ostrogoto di Gustav Belacék (“La tisi non le accUORda che pUOche UooooRRRe”!!!??) e nella norma gli altri: Paolo Orecchia come Marchese, Gianluca Sorrentino e Manrico Signorini. Il maestro Rizzi, sulla scìa di Toscanini-Muti, ha staccato tempi vorticosi, a tratti forsennati (il balletto delle Zingarelle, per esempio) ma con il risultato di “scollare” spesso il palcoscenico dalla buca. Il I atto , soprattutto nei passaggi dell'orchestra “fuori scena”, è stato un continuum di svarioni ritmici. Però sono andati meglio i passaggi più lirici e gli accompagnamenti delle arie, anche se un po' troppo metronomici. Più respiro, più respiro, più canto...maestro Rizzi, e sarà un bene per tutti. Allontaniamoci da certe “lezioni” che sono più fuorvianti che altro: Verdi è un autore NOBILE, anche le cabalette possono essere eseguite con eleganza e serenità. Molto bene l'orchestra nonostanze le incongruenze di cui sopra e il Coro. Si registra, alla presenza del Capo dello Stato, un buon successo da parte del pubblico, con applausi per tutti. |