GLI ABITI NUOVI dell'IMPERATRICE |
Martedì 09 Aprile 2013 19:35 |
CECILIA BARTOLI all'AUDITORIUM, Roma 8\4\2013 N. Porpora Sinfonia da "Meride e Selinunte"
“Sacrificium” , l'album dedicato ai castrati, approda a Roma nel grande auditorium di Santa Cecilia e la Bartoli fa il suo ingresso travestita da Fanfan la Tulipe, con ampio mantellone nero foderato di rosso, camicia bianca a sbuffo e stivaloni, procedendo di aria in aria a un piccolo strip, fino a presentarsi nel bis immancabile “Son qual nave” di Broschi con ampi pennacchi, lanciati in aria uno a uno durante gli osanna del pubblico. E sotto al vestito? Qualcosa c'è, in effetti...un gran temperamento, che poi è la dote migliore per chi voglia diventare qualcuno o qualcosa nel mondo dello spettacolo.
La Bartoli, come è noto, si è costruita un personaggio attorno a un non-repertorio (dove si esegue Germanico in Germania, Zenobia e Palmira o il Siface?) e con una piccola voce. Già, perchè privo della dovuta amplificazione, lo strumento della diva non è più che modesto, buono forse per piazzarla in una finale di concorso ma senza vincere. La Bartoli è un fenomeno assolutamente mediatico: i dischi Decca, che la presentavano 20 anni fa in bluson noir e con look vagamente zingaresco, oggi la propongono in ogni maniera possibile: in posa Anita Eckberg sotto la fontana di Trevi, in frak , marmorizzata e androgina nell'omaggio agli evirati cantori di “Sacrificium”, calva e in clergyman in puro stile Angeli e Demoni nel suo ultimo album "Mission" , insomma....un 'abile gioco di travestimenti buono per creare un perfetto mito discografico. In fondo, nello scaffale del melomane, i cofanetti della Bartoli fanno bella mostra di sé, a prescindere dal contenuto; e , come tutti i salmi finiscono in gloria, così quasi tutti i concerti della Bartoli finiscono con standing ovations e trionfi di pubblico, felici tutti di naufragare nei gorghi della simpatica Cecilia . Gli acuti squittiscono? Manca la polpa? Ma che voce è? ....considerazioni da vociomani inveterati, da 'fissati' , da nostalgici. La Bartoli vince ridacchiando e saltellando, il biglietto è ampiamente pagato dallo show.
Intendiamoci: la cantante è molto intonata (salvo qualche perdonabile scivolone nei bis finali), espressiva, sa variare e nei cantabili, nelle arie “di portamento” , è persino plausibile quando la tessitura giunge in suo soccorso, cioé quando canta nel registro medio (che è il suo registro d'origine). Quando iniziò la Bartoli era appunto un mezzosoprano di agilità, di voce non grande ma abbastanza omogenea, destinata a un repertorio limitato ma comunque splendido, che partendo da Monteverdi poteva approdare all'opera napoletana del 700, a Mozart, a talune opere di Rossini. Se si confronta la voce della prima Bartoli, quella ancora svincolata dalle acrobazie forsennate e isteriche degli ultimi tempi, con la attuale si nota un solo dato eclatante: il “sacrificium” è stato quello della sua vocalità, prosciugata e stravolta da un abuso di suoni non appoggiati e paurosamente “indietro”. Ascoltate questa Bartoli di 23 anni fa: la voce è più omogenea, piena, persino il colore è più bello, gli acuti non sono così vuoti e pigolanti come quelli attuali. Poteva essere la vera erede di Teresa Berganza. Giusto le "facce" sono rimaste le stesse, ma quelle sono difficili da eliminare....
Basta oggi una compagine come quella scaligera guidata da un direttore “vero” come Barenboim, ed ecco la vocina travolta dall'onda sonora, esattamente come la nave di tante arie di paragone del repertorio barocco. E giù fischi, come da tradizione "Scala".
Con la ventina di strumentisti del complesso “La Scintilla” , striduli e spesso stonicchianti (cos'erano i corni....) , questo pericolo non si corre e la Bartoli può vocalizzare allegramente, facendo felice il pubblico dell'Accademia di Santa Cecilia, che la adora. Esito trionfale, dunque, come da copione.Ma...sotto al vestito....
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