GLI ABITI NUOVI dell'IMPERATRICE
Martedì 09 Aprile 2013 19:35
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   CECILIA  BARTOLI  all'AUDITORIUM, Roma 8\4\2013



N. Porpora Sinfonia da "Meride e Selinunte"
"Come nave" aria di Siface da "Siface"
R. Broschi "Chi non sente al mio dolore" aria di Epitide da "Merope"
N. Porpora Ouverture da "Germanico in Germania"
G. F. Händel "Lascia la spina", aria di Piacere da "Il Trionfo del Tempo e del Disinganno"
F. M. Veracini Ouverture N. 6 in sol minore - Allegro
L. Vinci "Cervo in bosco" aria di Climaco da "Medo"
L. Leo "Qual farfalla", aria di Decio da "Zenobia in Palmira"
F. Araia "Cadrò, ma qual si mira", aria di Demetrio da "Berenice"
N. Porpora "Usignolo sventurato", aria di Siface da "Siface"
C. H. Graun "Misero pargoletto", aria di Timante da "Demofoonte"
A. Scarlatti Sinfonia di concerto grosso n. 5 in re minore - Spiritoso e staccato - Adagio - Allegro
A. Caldara "Quel buon pastor", aria di Abel da "La morte d'Abel"
N. Porpora Overtures dalle cantate "Gedeone" e "Perdono, amata Nice" - Adagio - Spiritoso andante - Allegro
L. Vinci "Quanto invidio la sorte... Chi vive amante" Recitativo e aria di Erissena da "Alessandro nelle Indie"
N. Porpora "Nobil onda" aria di Adelaide da "Adelaide"

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“Sacrificium” , l'album dedicato ai castrati, approda a Roma nel grande auditorium di Santa Cecilia e la Bartoli fa il suo ingresso travestita da Fanfan la Tulipe, con ampio mantellone nero foderato di rosso, camicia bianca a sbuffo e stivaloni, procedendo di aria in aria a un piccolo strip, fino a presentarsi nel bis immancabile “Son qual nave” di Broschi con ampi pennacchi, lanciati in aria uno a uno durante gli osanna del pubblico.

E sotto al vestito?  Qualcosa c'è, in effetti...un gran temperamento, che poi è la dote migliore per chi voglia diventare qualcuno o qualcosa nel mondo dello spettacolo.

                   

La Bartoli, come è noto, si è costruita un personaggio attorno a un non-repertorio (dove si esegue Germanico in Germania, Zenobia e Palmira o il Siface?) e con una piccola voce. Già, perchè privo della dovuta amplificazione, lo strumento della diva non è più che modesto, buono forse per piazzarla in una finale di concorso ma senza vincere. La Bartoli è un fenomeno assolutamente mediatico: i dischi Decca, che la presentavano 20 anni fa in bluson noir e con look vagamente zingaresco, oggi la propongono in ogni maniera possibile: in posa Anita Eckberg sotto la fontana di Trevi, in frak , marmorizzata e androgina nell'omaggio agli evirati cantori di “Sacrificium”, calva e in clergyman in puro stile Angeli e Demoni nel suo ultimo album "Mission" , insomma....un 'abile gioco di travestimenti buono per creare un perfetto mito discografico. In fondo, nello scaffale del melomane, i cofanetti della Bartoli fanno bella mostra di sé, a prescindere dal contenuto;  e , come  tutti i  salmi  finiscono in gloria,  così  quasi  tutti i  concerti  della  Bartoli  finiscono  con standing ovations  e  trionfi  di  pubblico, felici tutti   di  naufragare  nei  gorghi  della  simpatica  Cecilia . Gli acuti squittiscono? Manca  la  polpa? Ma  che  voce  è? ....considerazioni  da  vociomani inveterati, da  'fissati' , da  nostalgici. La  Bartoli  vince  ridacchiando  e  saltellando, il biglietto  è  ampiamente pagato dallo show.

                      


Intendiamoci: la cantante è molto intonata (salvo qualche perdonabile scivolone nei bis finali), espressiva, sa variare e nei cantabili, nelle arie “di portamento” , è persino plausibile quando la tessitura giunge in suo soccorso, cioé quando canta nel registro medio (che è il suo registro d'origine). Quando iniziò la Bartoli era appunto un mezzosoprano di agilità, di voce non grande ma abbastanza omogenea, destinata a un repertorio limitato ma comunque splendido, che partendo da Monteverdi poteva approdare all'opera napoletana del 700, a Mozart, a talune opere di Rossini. Se si confronta la voce della prima Bartoli, quella ancora svincolata dalle acrobazie forsennate e isteriche degli ultimi tempi, con la attuale si nota un solo dato eclatante: il “sacrificium” è stato quello della sua vocalità, prosciugata  e stravolta da un abuso di suoni non appoggiati e paurosamente “indietro”. Ascoltate  questa  Bartoli  di  23  anni  fa: la  voce  è  più omogenea, piena, persino il colore  è  più  bello, gli acuti  non sono  così  vuoti  e pigolanti  come  quelli attuali. Poteva  essere  la  vera  erede  di Teresa  Berganza. Giusto le  "facce"  sono rimaste le stesse, ma  quelle  sono  difficili da  eliminare....

                     

Basta  oggi una compagine come quella scaligera guidata da un direttore “vero” come Barenboim, ed ecco la vocina travolta dall'onda sonora, esattamente come la nave di tante arie di paragone del repertorio barocco. E  giù  fischi, come da  tradizione  "Scala".

                       

Con la ventina di strumentisti del complesso “La Scintilla” , striduli e spesso stonicchianti (cos'erano i corni....) , questo pericolo non si corre e la Bartoli può vocalizzare allegramente, facendo felice il pubblico dell'Accademia di Santa Cecilia, che la adora.

Esito trionfale, dunque, come da copione.Ma...sotto al vestito....

 

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