NORMA versione light con la DEVìA
Venerdì 19 Aprile 2013 13:52

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Ho  sempre sostenuto che  una buona tecnica  sia  in grado di assicurare  anche una  buona interpretazione. Il corretto  uso del  fiato, la  posizione  "alta" dei suoni, la  capacità di  modulare  il proprio strumento  sono  i  dati precipui  per  poter  risolvere  quanto  previsto  dall'autore, e  l'espressione  è  segnata  da  precise dinamiche  musicali.

Mariella  Devìa  è  ancor  oggi, alla  sua  bella  età, il miglior  soprano  leggero  in circolazione: nulla a  che  vedere  con  talune starlettes  terribilmente  sostenute  dai battages  pubblicitari  e  tragicamente penalizzate  dalle  loro  prestazioni  pubbliche.

Il problema  però  si  pone  con Norma, che  NON E'  un SOPRANO LEGGERO.  Norma  è  il  prototipo esatto  del soprano  drammatico di agilità, una  tipologìa  vocale  che  a fianco  dei caratteri  tipicamente belcantistici   propone  accenti, fraseggi  e  un mordente  tipicamente  drammatici, antesignani  di  quei  personaggi  che  Verdi  e  successivamente  gli autori  del  naturalismo avrebbero  esaltato. Ho volutamente  fatto  cenno al  Verismo  poichè  è  noto, dalle cronache del  tempo, che  Giuditta  Pasta  riusciva  a commuovere  il  pubblico  della  Scala  proprio  aggiungendo  al  proprio  canto  : pianti, singulti, accenti  che  oggi  vedremmo  bene  per una  Santuzza   più  che  per una  Norma.  Questo  è  un grande  paradosso:  sul  principio  dell'800  si  recitava  e si  cantava  in maniera  più  "veristica"  di  quanto si  sarebbe fatto  oltre  un secolo  più  tardi!

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Ma torniamo alla  Devìa.  Non possiede  un timbro  scuro, pieno, corposo  ma  chiaro. Una  Norma  chiara  non va  bene, mi si  dirà? No, non va  bene, perchè  come  suo contraltare  dovremmo avere  una  Adalgisa  soubrette  e  un Pollione  contraltino, il che  non può  essere. La  Devìa  non  possiede l'agilità "di  forza"  , conditio sine  qua  non per risolvere   frasi incendiarie  come  "Tutti, i romani a  cento a  cento", "Vanne  sì, mi lascia  indegno",  gli allegri  dei  duetti con Adalgisa: tutte  le  volte  che  deve  salire  in agilità, lo fa  alla maniera  dei  soprani leggeri, cioè -per  l'appunto- alleggerendo l'emissione  e schiarendola, un  sistema  perfetto  per  Amina, Elvira  dei  Puritani, Adina  in Elisir, Fiorilla  nel  Turco in Italia  ma non  per  il  carismatico  ruolo  di Norma. La  Devìa   emette  gli acuti  in perfetta  posizione  alta ma  non ha  la  "canna"  sufficiente  per dare ai  suoi  do  e  si naturali  l'autorità  e  la  grandiosità  necessarie. Diciamo  pure  che  per  guidare  e  convincere  un'orda  di  barbari  si  supporrebbe  una  autorità diversa.

Un altro sostanziale  problema  della  Devìa  è  per  l'appunto l'accento  in relazione  al  suo  fisico, gracile  e  minuto: : era  il  problema  della  Gruberova, accusata  di  essere  una  Norma  formato  mignon, è il problema  della  Norma-zanzara  della  Bartoli, è un problema  per  ogni  Norma  di ascendenza  "leggera".

Non  parlo nemmeno di  volume, sebbene  gli  acuti  della  Devìa  sono  giusti ma non  certo  fulmini  di  guerra: la  Caballé aveva  ben  altri  decibel, e  così la  Sutherland, la  stessa  Anderson, per  non andare  troppo indietro  nel  tempo.

Fatto  sta  che  il  pubblico  bolognese  ha  tributato un trionfo all'amata  Mariella, con  un paio di  solitari  "buh"  al  termine della  cabaletta  "Ah  bello,a  me  ritorna"  (insolitamente  eseguita in maniera  prudenziale e   persino timorosa) e altri  "buh" , più nutriti  stavolta, al  termine dello sbiadito terzetto  che  chiude  il  primo atto. In effetti  il momento peggiore  della  serata. Risolti al  meglio  tutti i passaggi  più  lirici, dove  l'emissione  in pianissimo  ha  giovato  sia  alla  Devìa  che alla  sua partner, Carmela  Remigio, con un  ottimo risultato nel  secondo atto e  in particolare  nel  duetto  "Mira  o  Norma".

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Il  tenore  Machado  canta  con proprietà  e  gusto  (nonostante  un brutto  do  gridato  nell'aria  del  primo  atto), ma  anch'egli  è  leggero per  nascita  e  censo:  con una  determinata  voce  ci nasci, non puoi trasformarla  a  tal  punto  da  cambiare  la  categoria  dai  "piuma"  ai  pesi  "massimi". In troppi  punti  faceva  pensare  (anche guardandolo) a  Nemorino, o a  Elvino,  agli  -ino  e  non agli  -ONE.

Il basso  Sergey Artamonov funzionava  fino a che non doveva  salire, poi  sugli acuti....addio....la  voce si  strozzava.

Efficace  Gianluca  Floris  come  Flavio, anche se  con troppe  note  "aperte", e  buona  la  Clotilde, Alena  Sautier, che  aveva  persino  più  voce  di  Norma....assurdo.

Lo spettacolo  di  Tiezzi gettava  sul dramma  una  secchiata  di  gelo, come una  grande  fotografia  sbiadita. Pose  plastiche  per  comparse  e  Coro, strani gesti, Clotilde  e  i  bambini afflitti  da  narcolessìa, Adalgisa  che pareva  spesso  in preda al   colpo della  strega,  Norma  mite  e disincantata   come  in un  party . Belle  le  scene  di  Bisleri   e  i  dipinti  di  Schifano  ma  mal  utilizzati  dalla  regìa, belle  le  luci  di   Gianni  Pollini.

Il maestro Mariotti  ha  curato  molti  dettagli  e  ha  aiutato  in maniera  incredibile  tutto  il  cast,  conferendo un  bello sprint  laddove  ha  potuto  (certo, la  cabaletta di  Norma  al  rallentatore  non è  stata  sua  responsabilità). Buona  la  prova  dell'orchestra  e  del  Coro ancor  di  più, anche  se  qualche strumento a  fiato non è  sempre  intonatissimo e  l'acustica  bolognese...non perdona.

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