ERNANI : SI RIDESTI IL LEON DI MOLFETTA
Giovedì 28 Novembre 2013 09:54

 

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Ernani di Verdi trionfa all'Opera di Roma nel pieno di una bufera che coinvolge il teatro della capitale, le cui casse presentano un controverso bilancio in rosso e la difficoltà latente di sopperire regolarmente ai 480 stipendi mensili da corrispondere ai lavoratori . Che la gestione De Martino-Vlad non sia un modello di oculatezza è evidente a chiunque e che i costi assorbiti dalla presenza prestigiosa ma onerosa del Direttore Emerito, Riccardo Muti, vadano oltre l'accuso è altrettanto evidente. Vedremo come finirà questa storia, probabilmente come sempre: trattandosi del teatro che rappresenta la capitale di questo paese giungeranno soccorsi speciali, appunto “all'italiana” uniti a un vassoio di tarallucci innaffiati dal buon vino dei Castelli. “Lo vogliamo salvare questo Teatro?” urla Muti durante gli applausi finali al pubblico delle impellicciate signore e degli anziani signori che rappresentano il cosiddetto “generone romano” , e la risposta corale è ovviamente “sìììììììì”.....che suona un po' ridicola e molto ipocrita, poiché la domanda che sorge spontanea è :” Maestro....perchè non inizia Lei , riducendosi il cospicuo cachet? “ .

 

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Lo spettacolo è di quelli che si ricordano, grazie all'apporto straordinario del più grande regista oggi in attività assieme al veterano Zeffirelli, e cioé Hugo De Ana. La scena rappresenta la facciata e il bugnato esterno di un palazzo nobiliare, le cui pareti si alzano e si abbassano o appaiono scorrevoli, a seconda delle varie scene. Un palazzo solenne e grigio, opprimente come il melodrammone cappa e spada che Ernani in fondo è, illuminato con tagli e bellissimi effetti di controluce, in maniera semplice ed efficacissima. I costumi sono un autentico capolavoro, qui De Ana esprime il meglio del suo gusto sopraffino e ricco, con un risultato affascinante nel III atto, quando Carlo viene incoronato Imperatore. Stupende le Dame di Compagnìa di Elvira, ognuna curata nei minimi dettagli e così le guardie, i dignitari del Re, persino i banditi di Ernani erano dei protagonisti e così la scena brillava come non mai, mettendo al tappeto tutta quella massa di sistematici massacratori di opere che ritroviamo nei teatri del mondo, soprattutto in Germania, i quali ritengono che l'opera italiana sia la palestra dei loro delirii.

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                                  Francesco  Meli  (Ernani)  e  Tatiana Serjan (Elvira)


Con De Ana i trionfatori sono stati i cantanti e soprattutto il trio costituito dal debuttante Francesco Meli, giovane e baldanzoso interprete d'un ruolo che fu pensato da Verdi NON per un tenore drammatico bensì per un belcantista di classe, capace cioé di cantare all'occorrenza piano e pianissimo, con gusto ed eleganza; il baritono Luca Salsi, finalmente un Don Carlo giovane e vibrante d'amore (troppe volte, anche da parte di conclamati interpreti abbiamo ammirato un totem, assai poco incline ad accarezzare Elvira ma piuttosto impegnato a emettere suoni), con straordinarie mezzevoci distribuite nelle frasi topiche “Vieni meco, sol di rose”, “O de' verd'anni miei” e accenti sempre autorevoli e scanditi nei meravigliosi recitativi; e last but not least il nobilissimo Ildar Abdrazakov, dalla magistrale linea di canto morbida e legata, truccato più da fascinoso Don Giovanni che da anziano Silva. A queste tre voci superbe si sono unite le prestazioni perfette di Gianfranco Montresor come Jago, lo scudiero di Silva, e del sempre tonante Antonello Ceron, Don Riccardo.

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                                             Luca  Salsi (Carlo V) 


Debole invece il reparto femminile, soprattutto per una stanca e fioca Tatiana Serjan nella difficile parte di Elvira, al che mi chiedo : perchè non mettere nel primo cast la bravissima Anna Pirozzi? I misteri dei teatri. Una prestazione davvero sotto il livello minimo quello della Serjan, con acuti indietro e strillacchiati, note in pianissimo prive del necessario sostegno, frasi spezzate e intonazione periclitante. Meglio la Giovanna di Simge Buyukedes, anche se limitata a pochi sparuti interventini.

Buona la prova del Coro e dell'Orchestra dell'Opera di Roma, guidati da quello che ho già definito come il “Muti umano” degli ultimi anni: misurato, prudente, con sonorità attenuate, attentissimo negli accompagnamenti, prodigo di colori e di pianissimi. Ai cantanti vengono ormai concesse le variazioni nel da capo, le strette non sono più folli e vorticose come alla Scala, insomma....un Verdi più meditato, riflessivo, nobile. Se ne giova il suono nei momenti più delicati, come il finale, splendido nel tremolo degli archi sulle frasi del morente Ernani. Peccato lo stacco troppo rapido del finale III, 'O sommo Carlo', unico neo della serata.

Note di colore: al termine dell'inno nazionale si udì un isolato “Viva il Presidente” , rivolto al Napolitano collocato nel palco reale. Risposero pochi non convinti applausi e un sonoro fischio.

Dopo il Coro “Si ridesti il Leon di Castiglia” ...Muti si gira e dice: “Ma si ridesterà davvero sto' Leone di Castiglia?”....applausi, risate....bis del Coro.....

Un clima tra la Vedova allegra e il Marchese del Grillo.