LA LUCIA DALLE PIUME DI CRISTALLO |
Domenica 22 Febbraio 2015 11:13 |
Attraverso il lodevole servizio streaming offerto dal Teatro Carlo Felice di Genova abbiamo potuto seguire passo passo la Lucia di Lammermoor di Donizetti proposta da Dario Argento e da una compagnìa di canto interamente italiana (il che non vorrà dire niente ma come tutte le cose che non vogliono dire niente poi...dicono tutto) , capitanata da Desirée Rancatore, con Gianluca Terranova, Edgardo, il maestro Bisanti sul podio . Questa regìa mi ha confermato che i maestri del cinema, allorquando si cimentano in un genere totalmente diverso dalla loro consuetudine, trovano non poche difficoltà e finiscono per annichilire esattamente quelle caratteristiche per cui sono famosi. Se Argento è il “Mago del Brivido” dovrebbe a quel punto osare e proporre la “magìa del Brivido”....ma l'Opera non è il Cinema e le magìe sono tecnicamente diverse. Ecco quindi un Argento che si rifugia nella piena tradizione, che rubacchia idee a destra e a manca (il cane dalmata di menottiana memoria nel primo atto, molte cose desunte dalla regìa di Mary Zimmermann al Metropolitan), l'ambientazione ottocentesca, lo scalone obliquo da cui scene Lucia dopo l'omicidio, l'apparizione del fantasma (una bellissima donna nuda, Fabiola Di Blasi) accanto alla protagonista
“Quella fonte mai senza tremar non veggo... Ah! tu lo sai. Un Ravenswood, ardendo di geloso furor, l’amata donna colà trafisse: l’infelice cadde nell’onda, ed ivi rimanea sepolta... m’apparve l’ombra sua... “
Un'operazione tutto sommato didascalica, come tante Lucie che si vedono in giro e forse meglio di taluni orrendi allestimenti provenienti da area anglo-germanica, ma senza guizzi. Non appena Argento osa....poi....cade in alcune risibili trovate, come la comica uccisione dello sposino, che ci riporta ai mitici anni 70 e alle mosche di velluto grigio,oppure la veste insanguinata della protagonista persino più macchiata di quella leggendaria di Joan Sutherland o il ritorno di Lucia, stavolta come fantasma, nel finale dell'Opera, evocata dalle frasi di Edgardo suicida. Musicalmente una ottima direzione del maestro Bisanti, con Coro e Orchestra in gran forma (un plauso particolare al primo flauto solista per la perfetta “Pazzia”) , qualche taglietto qua e là ma senza stravolgere la partitura (come è spesso accaduto e ancora accade). Desirée Rancatore , troppo infagottata dal trucco e da costumi decisamente ingombranti, deve attendere la Scena della Pazzìa per trovare il giusto equilibrio vocale, tale da consentirle quella che in gergo sportivo si chiama “rimonta”. La cavatina “Regnava nel silenzio” presentava alcuni pianissimi poco sostenuti dal fiato, una notina accidentata, acuto finale non sicurissimo ; il duetto “Verranno a te sull'aure” terminava senza la cadenza scritta dove -di solito- il tenore evita il mi bemolle ma sale al do, lasciando il sopracuto alla primadonna; il duetto con il baritono si concludeva con un acuto un po' faticosamente preso da sotto, confermando questo stato di forma non ottimale, direi proprio stanchezza vocale. Poi la classe e il talento innati della Rancatore hanno preso il sopravvento e dopo un ottimo Sestetto e concertato successivo, eccola venir fuori nella Pazzia, finalmente priva del costumone pesante, libera di svolazzare per il palcoscenico e di dar fuoco alle polveri. Meritato il successo alla fine dell'onerosa prova. Mi è piaciuto l'Edgardo sanguigno di Terranova, magari avaro di preziosismi ma generoso, di bel timbro, giustamente drammatico nella scena della maledizione e nel finale, dove talvolta si odono da molti tenori fastidiosi falsetti mentre in questo caso si è apprezzato il tono da eroe protoromantico, quale Edgardo è. L'aria finale cantata in tono . Di bella linea , elegante e molto musicale il baritono Antonucci, una certezza devo dire, in ogni opera in cui l'ho ascoltato ho sempre ravvisato una grande sicurezza e un aplomb assoluti. Peccato anche per lui il costume, che nel II atto lo faceva terribilmente simile al classico Don Pasquale. Si imponeva anche la voce scura del basso Parodi, sempre puntuale e preciso nei suoi interventi.
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