Altri canti di Marte, il nuovo libro di Paolo Isotta |
Sabato 26 Dicembre 2015 12:19 |
Tra i tanti doni fatui che riempiono in questi giorni le nostre case varrà la pena di porre in evidenza una strenna natalizia con cui ognuno farà bellissima figura: “Altri canti di Marte” della Marsilio, il nuovo libro di Paolo Isotta. Si tratta di una fondamentale prosecuzione e integrazione al tempo stesso de “La virtù dell'elefante” , in cui Isotta -come avevamo scritto e detto- si era confermato il colto e sagace cronista di una Napoli a pochi riservata e da pochissimi conosciuta, ma anche fine musicologo ,attento a descrivere una genìa varia e variopinta, popolata da miti assoluti e da invereconde schiappe, le seconde- spesso e volentieri- più acclamate e più popolari.
Isotta racconta, svela e rivela, descrive, smaschera in taluni casi, si indigna e si commuove e lo fa con tale profonda competenza da trascinarci con sé in un sorprendente vortice, di fatto costringendoci a scoprire assieme a lui fatti , persone e musiche di cui non si sospettava nemmeno l'esistenza o sulle quali non ci eravamo mai soffermati con attenzione.
Il libro non annoia mai perchè dal nucleo infuocato costituito dalla materia prediletta, la Grande Musica (non uso il termine Musica Seria per non avviare inutili polemiche su cosa sia “serio” e cosa “faceto”) l'Autore riesce a diramare una fitta rete di aneddoti, postille, riferimenti, intuizioni, ampliando la gamma degli argomenti e non escludendone nessuno, compresa l'attualità più spiccia. E' un libro, come già scrissi, che va letto e riletto, esattamente come il Parsifal di Wagner, che va ascoltato e riascoltato prima di poter essere, non dico capito, ma almeno “intuito”. Ed è poprio al Parsifal che Isotta dedica una formidabile disamina, l'opera con la quale Wagner si congedò dal mondo e fece pace con il mondo. E' un percorso davvero straordinario quello offerto dalle pagine che Isotta dedica a questo monumentum musicale e da sole valgono tutto il volume. Isotta aiuta a capire le origini del dramma ma soprattutto la fitta trama musicale collegata alla trama: è come se un maestro concertatore, invece di limitarsi a molinare le braccia e dare gli attacchi all'orchestra, parlasse ad alta voce raccontando la partitura via via a un pubblico avvertito ma non necessariamente competente:ed ecco che molti dettagli tecnici si svelano da soli. Una guida essenziale e preziosa, tra le migliori mai offerte dalla musicologìa.
Negli ”Altri canti di Marte” troviamo tante gemme inusitate e moltissime rivalutazioni che invitano tutti noi a riflettere seriamente sul concetto di “Popolare” e di autenticamente “Grande”, che sono -come si sa- cose totalmente diverse tra loro. Isotta è un provocatore sì, ma di ALTI sentimenti: si può benissimo non concordare su alcuni giudizi e su alcune sperticate lodi, ma non si può non scorgere la luce in ogni palinodìa anche la più inattesa.
Così riscoprire un grandissimo maestro concertatore come Gino Marinuzzi, le musiche di Casella, la grande scuola russa dell'Ottocento e del Novecento, Karl Boehm, Franco Alfano e Ottorino Respighi, conoscere giovani pianisti come Francesco Libetta e capire che sono meravigliosi musicisti ben superiori a tanti incredibili bluff (pensiamo a Lang Lang, definito giustamente “pagliaccesco” da Isotta) , inflitti a noi dal sistema pubblicitario....tutto ciò non può che ascriversi tra i meriti più alti dei libri di Isotta, destinati a essere venduti e letti da un grande pubblico e non soltanto dai monomaniaci.
Franco Alfano con i suoi cani
Da pag.103 a pag.107 il capitolo più sorprendente , dal significativo titolo “Il tradimento condividendo entrambi la grande scuola pianistica del Maestro Vincenzo Vitale a Napoli. Isotta fu anche una sorta di confidente, per non dire “fratello spirituale” di Muti: innumerevoli saranno stati i consigli prima di un impegno molto sentito, prima di una scelta artistica o immediatamente dopo un evento, tra i mille a Firenze, alla Scala, a Roma, a Chicago. Ricordo personalmente Paolo Isotta sporgersi dal palco di proscenio della direzione artistica all'Opera di Roma, fissando il maestro Muti per tutta la durata dell'opera, seguendo amorevolmente ogni gesto, come si fa con chi si ammira in tutta sincerità e senza alcun dubbio in merito. Cosa è avvenuto ? Perchè questa amicizia si è interrotta ?
Lo spiega in tre fitte pagine: dopo la rottura con l'Opera di Roma, Muti non interpella né Alessio Vlad (direttore artistico) né Paolo Isotta....” Il non aver Muti pensato di avvisarci (io ne avevo titolo nella mia qualità si a di, m'illudevo, amico del cuore sia in quella dell'unico critico musicale che a Muti desse atto del lavoro al Teatro dell'Opera svolto) significa che per lui io e Alessio siamo pula di grano, niente.” E prosegue inesorabile: “ A Roma la presenza di Alessio Vlad impediva alla signora Cristina (n.d.r. moglie del celebre direttore d'orchestra) di spadroneggiare in teatro come faceva alla Scala, ove addirittura interloquiva cogli orchestrali dettando loro norme di comportamento, decideva la composizione di compagnìe di canto e partecipava alle prove al pianoforte dando direttive ai cantanti. Il più grande direttore vivente è stato per me uno dei più cari fra gli amici del cuore : certe cose non possono cancellarsi; ma lo è stato. Egli dirige Opere con le regìe della moglie e della figlia ( la quale ha tuttavia talento) . La figlia fa la voce recitante in cose da lui dirette. Accompagna in concerto sinfonico il genero pianista: i due figli maschi gestiscono la sua attività e la sua immagine artistica in un modo che suscita la gioia dei nemici e l'ilarità di tutti...”. Parole nette, dure, pesanti cui si aggiungono aspri rimproveri per non aver minimamente considerato la musica di Marinuzzi per i suoi programmi concertistici, per non aver mai incluso Alfano, per non aver mai invitato a Chicago alcuni grandi interpreti italiani , tra cui Libetta, Nicolosi, Caramiello, Carusi, Bresciani...ma come?? : “Si riempie la bocca della parola Italianità : a differenza di quel che non facesse Abbado, le tasse le paga in Italia: e poi?”. |