A PIACENZA UN NABUCCO CON I CONTROFIOCCHI
Martedì 29 Dicembre 2015 16:56
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Gli ingredienti sono semplici: un grandissimo protagonista, ancor oggi sulla breccia dopo  oltre  mezzo secolo di carriera  (Leo Nucci), un  astro ormai  emerso (Anna Pirozzi) nella  parte  micidiale  di  Abigaille, un  gruppo di  giovani  entusiasti e  motivati a  offrire  il massimo, uno spettacolo  collaudato e  funzionale alle esigenze  di  tutti, una  direzione  d'orchestra  (Aldo Sisillo)   con le  idee  ben  chiare riguardo  i  tempi da  staccare, le dinamiche  , l'equilibrio da  assicurare  tra  buca  e palcoscenico. Cosa ne  risulta?  Semplicemente uno strepitoso  Nabucco, di  quelli che riportano indetro nel  tempo, quando  era  il TEATRO  a  farla  da  padrone, o meglio  il  "senso  del Teatro"  che  è  qualcosa  di  diverso e  di prezioso, da  difendere.

Il Nabucco messo in scena  domenica scorsa e  che verrà  replicato  stasera al Municipale di Piacenza  veleggia verso  il suo  trionfo, con il  pubblico  proteso dai palchi ad applaudire, in un clima festoso e  mi è parso addirittura  liberatorio. Si sa  come  in Emilia  Romagna  la  passione  operistica  non sia  affatto sopita, per fortuna: si respira  ancora  quell'aria  permeata  di sano  loggionismo, con la presenza  dei Clubs, di personaggi  anche  pittoreschi  ma che costituiscono lo zoccolo duro  di una passione  che  molti  vorrebbero   posta  sotto  formalina, e  che  non troviamo  più  in molti  conclamati  "templi". Per loro, come  per  tutti, è  stata  una  grande  festa, con continui applausi a  scena  aperta  e  un autentico trionfo al termine  e  il merito va  al  lavoro  tenace, serio  e  costante  del  direttore artistico, Cristina  Ferrari, che ha  saputo mettere assieme  gli ingredienti  'giusti'  di  cui parlavo all'inizio.

Un Teatro  senza  un solo euro di  deficit e  che  il Ministero  non premia, inspiegabilmente, forse manovrato  da  altre  cabale  che spostano  gli emolumenti  verso la  costiera  ravennate o  inopinatamente  procede a  tagliare, pensando  di risolvere così  le  magagne  amministrative   prodotte  da  altri.

 

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Sperando  che  questo andazzo cambi e  al  più  presto, godiamoci  questo Nabucco e  i fuochi d'artificio  musicali : in primis  i luminosi acuti della  coppia  Nucci- Pirozzi, coinvolti in una gara di bravura. “Ho fatto semplicemente Nabucco” dice in sintesi Leo Nucci al termine della sua recita. Il fatto è, come tutti sanno, che è proprio quella benedetta “semplicità” a essere tremendamente difficile da raggiungere: frutto d'un equilibrio sottile fatto di esperienza, tecnica, buona salute e soprattuttio uno smisurato amore per l'Opera, e questo non te lo insegna nessuno....devi averlo di tuo. Nucci ha oggi un colore e uno spessore nella voce che non aveva da giovane, avendo però mantenuto la spavalda sicurezza e lo smalto degli acuti, la sua arma vincente. Impressionanti l'entrata, il duetto con Abigaille, la cabaletta del IV atto coronata da un la bemolle “bomba” che forse farà storcere il naso ai maniaci del segno scritto ma che sarebbero piaciuti assai a Verdi, che non apponeva le puntature acute in partitura ben sapendo che non tutti sarebbero stati in grado di eseguirli. Di Nucci è ancora da apprezzare la dizione scolpita e l'uso degli accenti, sempre appropriatissimi , l'uso della cosiddetta “parola scenica” tanto invocata dal genio bussetano. Rispetto al famoso Nabucco all'Opera di Roma, diretto dal maestro Muti, abbiamo per fortuna notato la quasi totale eliminazione di quegli eccessi (anche comici) nella recitazione nel III e IV atto, quando Nabucco è indebolito dal folgore divino: Nucci lo pensa un po' come gli anziani all'ospizio, ne abbiamo anche parlato nel dopo-Teatro, ma a mio parere Nabucco più che sembrare afflitto da demenza senile è soprattutto turbato, depresso, sconvolto, ma resta - a mio parere- la grande dignità del personaggio, protagonista dell'opera.

 

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Anna Pirozzi si è dimostrata una Abigaille straordinaria poiché, intelligentemente, non ne ha soffocato l'intimo lirismo e soprattutto la matrice belcantistica. Ho letto qua e là di “nuova Dimitrova” : il paragone non mi sembra azzeccato. Parlerei piuttosto di “nuova Cerquetti”. La Dimitrova aveva una voce di metallo tagliente e di gigantesco volume, ma negli ultimi anni soffriva un po' nel do acutissimo: la Pirozzi ha un fondo lirico, non abusa in suoni di petto , non allarga mai il suono ma lo raccoglie, gioca sul contrasto continuo di “forte” e “piano” , anche pianissimo (l'aria del II atto è stata un cesello, da questo punto di vista), svetta agli acuti con sicurezza partendo da un attacco alto e mai aiutandosi con pericolosissime contrazioni di gola, tutto è sotto il controllo del fiato che sa usare con assoluta maestrìa. L'attrice è intensa, ogni gesto è giusto, ogni sguardo è pertinente al momento drammatico: meritatissimo il trionfo personale.

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Una lode particolare al resto del cast, dominato da un sicurissimo Mattìa Denti come Zaccaria, molto solido nel registro acuto ma non da meno nelle difficili discese alla zona grave, soprattutto nella Preghiera e nel finale del III atto. Ismaele era il tenore Leonardo Gramegna, che ha dalla sua una voce sonora e molto giocata sulla dizione scolpita: la sua è stata una prestazione in crescendo. Non benissimo invece la Fenena di Elisa Barbero, un po' troppo emozionata e non stabile nell'emissione soprattutto nella difficile cadenza della sua aria. Il basso Paolo Battaglia come Sacerdote di Belo di lusso ha assicurato una bella resa al suo personaggio, così come Roberto Carli nel ruolo di Abdallo e Alice Molinari nella parte molto acuta di Anna.

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Tutto poggiava sulle solide ed esperte spalle del maestro Aldo Sisillo, che ha mantenuto un ritmo incalzante ma mai soverchiando la linea vocale: il Nabucco così volava via in un batter d'occhio, senza cadute o sacche di noia, come spesso avviene per esempio con la Marcia funebre che accompagna Fenena, staccata in quattro e talvolta persino tagliata. L'imprinting del concertatore si capiva fin dalla Sinfonia, brillante e vigorosa, e chi ben comincia...è a metà dell'Opera. Ottima la compagine piacentina: Orchestra dell'Opera Italiana e due cori per l'occasione, del Teatro Municipale di Piacenza e della Fondazione Teatro Comunale di Modena, che hanno raccolto il loro personale successo dopo il “Va pensiero”. Dalla mia postazione privilegiata nel palco di barcaccia ho potuto apprezzare i contributi della sezione ottoni, percussioni, l'ottima arpa ,perfetta negli “Arredi festivi”, gli assoli del flauto, i violoncelli e soprattutto la formidabile signora bionda che assume il ruolo di konzertmeister, una vera furia che trascinava tutti gli archi con sé (mi dispiace non poterla nominare ma il programma di sala non ne riportava il nome).

Dello spettacolo, con regìa e scene di Stefano Monti, con sculture di Vincenzo Balena e costumi di Massimo Carlotto, non si può che tesserne le lodi: asciutto, funzionale, pragmatico, rispettoso della drammaturgìa ma al tempo stesso suggestivo, con un impiego delle masse a tutto tondo.

Successo incondizionato e meritato per tutti.

 

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