"Iniqui tOtti!" ,Maria Stuarda all'Opera di Roma |
Venerdì 24 Marzo 2017 09:26 |
La prima di Maria Stuarda di Donizetti approda con successo all'Opera di Roma, grazie al determinante apporto di una coppia di primedonne fuori dal comune: la dolce e imponente Marina Rebeka nel ruolo protagonistico e la fantastica Carmela Remigio come temperamentosa Elisabetta. Direi che quest'ultima abbia sbaragliato il campo con la sua prorompente personalità, centrando la psicologìa del personaggio e muovendosi in scena con la disinvoltura che ben conoscevamo.Grazie a queste innate doti, affinatesi nel tempo e con l'esperienza, la Remigio ha fatto dimenticare qualche asprezza di troppo nel timbro.
Marina Rebeka è una importante Maria Stuarda, alta e maestosa comme il faut e dalla voce morbida e rotonda, dolcissima nei pianissimi e sfogata verso i sopracuti, anche se talvolta un po' avventurosi. Memorabile la sua Preghiera e tutto il finale, che è un vero banco di prova per ogni belcantista che si rispetti. Lanciatissima a livello internazionale, la Rebeka è in possesso di una vocalità molto duttile e teatrale, si sente-cioé- che può serenamente affrontare i grandi palcoscenici e qualsiasi tipo di concertazione.La sua voce spiccava più di tutte nei concertati e nelle scene di assieme. A questo si aggiunge l'allure regale e la bellezza, che giovano in ogni caso.
Note dolenti per il reparto maschile, eccezion fatta per l'ottimo Cecil di Alessandro Luongo, di voce squillante e molto incisiva sulla scansione della parola.
Il tenore Paolo Fanale che a detta degli ascoltatori radiofonici appariva addirittura magnifico, in teatro si presentava con voce fortemente ingolata e con vistosi suoni “indietro” , tanto da risultare coperto in moltissime occasioni dall'orchestra e dai colleghi durante le scene d'assieme. Questo accade esattamente con le voci che presentano vistose problematiche di impostazione: in radio o in disco sembrano fulmini di guerra, dal vivo abbiamo il tragico effetto “pesce”. Peccato perchè vi sarebbero tutte le carte necessarie per poter emergere nel repertorio donizettiano:personalmente ricordo un buon Nemorino, anche se in un teatro più piccolo e molto più favorevole in quanto ad acustica. Se posso permettermi un consiglio, visto che parliamo di un giovane in rapida ascesa: occhio alla posizione del suono, che è inutile gonfiare artatamente ma che va mantenuto alto, piccolo e raccolto (vedi: Pavarotti) e attenzione a lasciare pure le vocali, una U è una U ,non si può sentire “Iniqui tOtti!” , anche se siamo a Roma e la frase potrebbe suonare come omaggio al notissimo capitano della squadra di calcio.
Molto male il basso Cigni, che sembra cantare con tre voci sovrapposte, tanto opachi e pieni di aria sono i suoni che emette, tra l'altro fuori stile.
Ottima la prova di Coro e Orchestra, guidati con sapienza e attenzione massima da Paolo Arrivabeni.Tempi giusti, pulizia negli attacchi, controllo battuta dopo battuta.
Lo spettacolo, funzionale ed essenziale come sempre in questo repertorio , con la regìa di Andrea De Rosa e le scene di Sergio Tramonti. Bella l'apparizione del patibolo prima della grande scena di Stuarda e belli i costumi di Ursula Patzak.
Successo per le primedonne e applausi fiacchi in generale.
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