Scala, Simon Boccanegra: Placido tenore para siempre! |
Giovedì 22 Aprile 2010 16:22 |
…..e così abbiamo verificato che Placido Domingo non è un baritono ma è e resta un tenore, seppure a corto di acuti. Il Simon Boccanegra alla Scala, dopo due recite, conferma una buona forma vocale nonostante la lunghissima , onerosa carriera e il recente intervento chirurgico ma dimostra che nel Canto non si può bluffare. Mancano a Domingo gli armonici, i colori, la densità, l'autorevolezza di una voce baritonale verdiana: Domingo non è Tibbett, non è Warren, non è Taddei né Gobbi, non è McNeil, non è Milnes e non è nemmeno Bruson o Nucci. Domingo è un tenore molto eclettico, dotato di bel colore e di straordinaria musicalità, ma non può ricoprire dignitosamente un ruolo tanto importante quale quello del Doge. Imbarazzante l'affanno del Prologo, quasi parodistiche le grandi frasi che aprono la scena del Senato, inesistente la “terribilità” della maledizione a Paolo, in difficoltà palese nei cantabili del duetto con Amelia e nel finale...Domingo ha voluto togliersi un capriccio, lo ha fatto, si è preso anche degli affettuosissimi applausi e l'ammirazione commossa di tutti i suoi fans...ma adesso STOP. E' un consiglio, soprattutto in vista dei ventilati impegni: Conte di Luna, Rigoletto....dico...scherziamo?
A fianco del prode una compagnìa miseranda, più vicina all'Armata Brancaleone che a un decoroso cast scaligero: mi è molto dispiaciuto per le non buone condizioni del basso Ferruccio Furlanetto, unica voce autorevole del gruppo e in possesso dei cosiddetti “crismi verdiani”, purtroppo spesso portato a suoni declamati, forzati, gridati quando avrebbe potuto giocare sul colore e sulla morbidezza (come facevano, pur anziani, Christoff, Siepi, Giaiotti). Colpa anche del concertatore, un disinteressato Barenboim che, nonostante alcuni buoni momenti, procedeva a fasi alterne, senza una linea omogenea e con un'orchestra spesso sporca negli attacchi e poco incisiva. Malissimo come Amelia la Perez, spesso stonata e debole, corretto ma con suoni ovattati il tenore Sartori, privo di quello charme timbrico che un grande tenore verdiano DEVE possedere, sopra le righe l'unico baritono della serata, Massimo Cavalletti (Paolo), forse perché -in assenza del baritono protagonista- sentiva l'obbligo di dover cantare per due. Alla fine sonori fischi per il direttore d'orchestra, per il basso, in parte per il tenore e un sostegno morale per il beniamino Placido, al quale in Scala per tradizione si perdona tutto. |