CHIAMA ARMIDA AL 144, RISPONDE LA MAGA RENé |
Mercoledì 05 Maggio 2010 11:56 |
Il Metropolitan di New York
New York 4 maggio 2010, va in scena "Armida" di Rossini al Metropolitan, per la prima volta nella sua storia. La cosa non sarebbe stata possibile, assicura il general manager del Met Peter Gelb, se non vi fosse stata la disponibilità del soprano René Fleming. Il battage pubblicitario, com'è tradizione negli Usa, inizia con mesi di anticipo. Ecco apparire immagini glamour che ritraggono la bella René in pose significative, adeguatamente ritoccate e patinate. Se devo essere sincero, vedendo quelle foto con la palla magica in mano, non ho pensato alla mitica maga protagonista dell'opera di Rossini, bensì a una più casereccia fatucchiera da 144, quelle che fingono di predirti il futuro in Tv, la potremmo chiamare "la maga René" e le potremmo subito chiedere cosa ne sarà dell'opera lirica in Italia... Al Met le cose funzionano diversamente, come sempre. UN teatro da 3800 posti, ogni sera tutto esaurito. Ed è singolare assistere alla rappresentazione di un'opera così desueta, che da noi riuscirebbe a mala pena a riempire un piccolo teatro da 1000 posti, in uno spazio così ampio e forse anche dispersivo. Il Met, a mio parere, non si addice a questo genere a meno che non si voglia impiantare uno spettacolo faraonico, nello stile di Zeffirelli o De Ana, per capirci. Nulla di tutto ciò. La regista , Mary Zimmermann, preferisce una strada più sobria e più stilizzata, creando una sorta di strano padiglione che potrebbe ben figurare a Gardaland o, visto che siamo negli Usa, alla Warner Bros di Los Angeles. Per la Zimmermann "Armida" è un'opera essenzialmente comica, come l'"Inganno felice", "Cenerentola" o "Il Barbiere di Siviglia". Armida è una vamp dagli abiti da sera neri o fucsia, vestita da sposa al suo apparire, non più su un carro trainato da Furie ma sopra un più tranquillo carretto in legno. Le sue magìe evocano diavoletti saltellanti, che al loro apparire fanno ridere di gusto il pubblico del Met. Si ride anche per il Ballo, poiché gli stessi diavoletti intrecciano danze da varietà del sabato sera, con mossette,sculettamenti, capriole e coriandoli luccicanti. Un piccolo Cupido (da lontano sembra Renata Scotto giovane come Adina) appare in continuazione, è l'Amore che invano tenta di conquistare il cuore di Rinaldo. Il giardino di Armida diventa una distesa di finti tulipani di plastica, palme di cartone, luci blu rosse verdi...è Alice nel Paese delle Meraviglie di Gardaland. Non è esattamente questo che intendeva Rossini...credo. Ma veniamo alle voci. René Fleming si presenta molto bella, come nella foto, ma con la metà della voce necessaria. Armida dovrebbe essere un soprano drammatico di agilità e Rossini, per sua esplicita volontà, prescriveva le cosiddette "agilità di forza" , cioé non voleva in scena un soprano leggero che risultasse diafano ed evanescente. La Fleming canta come se stesse accennando la parte, la si può capire visto che l parte è mostruosamente difficile. Ma "salvarsi" non vuol dire interpretare un ruolo, soprattutto se è al di sopra delle proprie possibilità. Il risultato è quello d'un canto alla lunga noioso, spento, privo di quella autorità e di quel nerbo necessario a una figura epica. Le agilità ci sono ma spesso la bella René le smorza in gorgoglii poco sensati. L'intonazione non è perfetta e qua e là appaiono note calanti , la dizione è lamentosa, da gatta in calore, con la tipica gnagnera americana. Va meglio la sezione acuta e soprattutto nel III atto la Fleming qualche zampata la dà, nel Finale essenzialmente, per la splendida scena di delirio prevista da Rossini. Armida è anche l'opera dei 5 tenori. Qui le cose funzionavano meglio: magnifico John Osborn come Goffredo, trionfatore della serata con Lawrence Brownlee (ottimo Rinaldo, esteso agilissimo e musicalissimo), efficace Barry Banks come Carlo, uno dei paladini. Non così bene gli altri due, José Manuel Zapata , che è naufragato nella grande aria di Gernando, e Kobie van Rensburg, terribile come Ubaldo , il quale da lontano mostrava una vaga rassomiglianza con Domingo, ma solo fisica poiché vocalmente eravamo al di là della soglia di sicurezza. Sul podio il maestro italiano Riccardo Frizza, che non ho trovato né particolarmente brillante né autorevole, fin dalle prime battute, con un corno terribilmente stonato. Pur cercando di far quadrare i parecchi conti aperti di questa difficile partitura, Frizza restava piuttosto giù di tono. Stasera Tosca, con Daniela Dessì e Marcello Giordani. Ciao da New York! |