COSI' FAN (QUASI) TUTTE |
Venerdì 04 Giugno 2010 05:34 |
L'Accademia Nazionale di Santa Cecilia promuove da qualche anno la lodevole e doverosa iniziativa intitolata “Opera studio”, un corso annuale tenuto in pompa magna dalla grande Renata Scotto e dalla signora Vandi, l'una preposta al perfezionamento dell'arte scenica , l'altra a quello- decisamente più periglioso- dell'arte tecnico-vocale. I frutti di tale lavoro sui giovani si colgono a giugno, allorquando viene allestita un'opera intera, con orchestra, coro , scene e costumi nella sala Petrassi dell'Auditorium, solitamente destinata ai recitals della stagione cameristica del prestigioso ente romano. Stavolta è toccato a “Così fan tutte” di Mozart che, a mio parere (ma non solo il mio), è una delle 5 opere più difficili da eseguirsi, giovani o no, Opera studio o Opera già studiata. Più che “scuola degli amanti”, come dice il sottotitolo, siamo di fronte a una scuola di Canto completa e disseminata di trappole, in cui dominano sovrane la musicalità, l'intonazione, il fraseggio vario ed espressivo, la dizione, il vocalismo puro (ornamentazione, estensione, acuti), la resistenza vocale, il canto sul fiato, la proiezione, i suoni 'in maschera' e , insomma, tutto quel bagaglio che rende grande e completo un artista. Stessa cosa vale per l'orchestra, quindi per il concertatore, e per i piccoli ma scopertissimi interventi del Coro. Un capolavoro, un gioiello- come spesso leggiamo nelle varie esegèsi. Ora, se dovessi commentare apertis verbis l'esecuzione dello scorso 1 giugno da parte dei volenterosi giovanotti dell'Opera studio dovrei esercitarmi nell'odiosa e antipatica arte di “sparare sulla Croce Rossa” , cosa che non farò per rispetto a chi sta iniziando una delle più difficili attività che esistano, e per lo sforzo evidente dei maestri di colmare il baratro che separa i loro allievi da Mozart e dalle sue mostruose esigenze. Tuttavia , qualcosa andrà pur detto. Intanto che non mi spiego l'assenza della maestra più prestigiosa, la grandissima Renata Scotto, la cui partenza da Roma data il 15 maggio scorso, si presume quindi prima delle decisive prove d'assieme in Sala Petrassi. E' proprio lì che la Scotto avrebbe potuto salvare il salvabile, consigliando, dispensando saggezze e vecchi trucchi del mestiere, gettando preziose ciambelle di salvataggio. Purtroppo così non è stato e, se il capitano abbandona la nave addirittura prima che questa colpisca l'iceberg, allora le speranze di salvezza dal naufragio diminuiscono esponenzialmente. Il cast presentava una netta disparità di intenti tra uomini e donne, con la bilancia che pendeva decisamente a favore di queste ultime: fascinosa ed efficace la Dorabella di Anna Goryacheva, che mi è parsa la migliore in campo Anna Goryacheva, mezzosoprano di buona resa la Fiordiligi di Carmen Romeu e vivacissima la Despina di Damiana Mizzi, dalla voce aguzza e fin troppo leggera. Il tenore Davide Giusti, Ferrando, deve assolutamente migliorare la sua emissione, liberandola da falsetti e note di gola, così facendo migliorerà anche la sua intonazione. Guglielmo era il baritono Simone Alberti, un po' troppo 'tenorile' a mio giudizio e di timbro non piacevolissimo. Il basso Pietro Di Bianco, come Don Alfonso, non è a mio parere giudicabile, non essendo ancora in grado di mettere la voce sul fiato (problema comune un po' a tutti, ma eclatante nel caso in specie) e quindi spesso in difficoltà persino sui recitativi . Orchestra e concertazione di José Maria Sciutto non più che volenterosa ma pericolosamente vicina al saggio di Conservatorio. Coro da rivedere e correggere. Scene essenziali ma non bellissime, costumi curati, una regìa diciamo “elementare” di Cesare Scarton, che è anche il docente di arte scenica del corso. |