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A CAGLIARI TANTI GIOVANI BRAVI, I NOMI NON SONO DI GRANDE UTILITA'."
Sabato 08 Agosto 2020 21:38

colabianchi1


Nuovo sovrintendente da poco del Teatro Lirico di Cagliari, Nicola

Colabianchi non ha mai fatto parte del cosiddetto “cerchio magico” dei 

dirigenti di vecchia data, quelli che invariabilmente si ritrovano nel carosello

delle nomine. Direttore d’orchestra, compositore, pianista, librettista, ha

studiato con illustri docenti quali Giuseppe Patané per la direzione

d'orchestra e composizione con Guaccero, Renzi, Marinuzzi a Santa Cecilia. 

La sua breve esperienza come direttore artistico dell’Opera di Roma, da molti

osteggiata, non lo ha affatto scoraggiato, né le sue determinate prese di 

posizione contro un “sistema” di cui ha sempre posto in rilievo le numerose

manchevolezze. La sua tranquillità nel giudizio, sempre pacata, e l’aristo-

cratico distacco che lo contraddistinguono caratterialmente lo hanno visto

nella classica posizione defilata degli uomini “per bene”, privi cioè di quella

arroganza e quell’arrivismo che purtroppo si notano in altri e in svariati

settori.

Non appena nominato a Cagliari si è ritrovato addosso l’incubo del virus e dei

suoi controversi protocolli.

 

 Come ci si trova dover navigare a vista , in una fase tanto difficile per tutti i

teatri italiani?

 

 “ Intanto qui a Cagliari abbiamo il grande vantaggio di uno spazio

all’aperto accanto al Teatro, il Parco della Musica, che consente di

realizzare molti concerti per un folto pubblico. Già dalla metà di luglio

abbiamo avviato un Festival estivo, che proseguirà anche durante il

mese di settembre. Siamo riusciti, rispettando i protocolli, a far entrare

500 persone a concerto, quindi riavviando l’attività. A giugno abbiamo

realizzato dei concerti on streaming per allenare l’orchestra e

mantenere quell’amalgama che i mesi di interruzione avevano messo in

pericolo.”


Ma dopo l’estate cosa accadrà , hai una previsione in merito?

 

 “ Dipende tutto dalle limitazioni che ci verranno imposte.Per ora siamo

200 ingressi al chiuso, che è pochissimo. I fattori in ballo sono

parecchi: superficie, volumetria, impianti di aerazione, gli ingressi e il

deflusso del pubblico, insomma sapere cosa e come sarà possibile

agire per la sicurezza degli spettatori. Dopodiché il problema della

valutazione sui titoli in programma, poiché distanziamento e misure di

sicurezza valgono anche per chi agisce sul palco. In buca , per

esempio, abbiamo il problema dei leggii che ora sono uno per ogni

professore (parlo degli archi, che prima ne avevano uno per due

professori). Con le nuove norme in buca non entrano più 70 o 80

persone. Dobbiamo ripensare la programmazione, quindi titoli con

esecutori in numero più contenuto da eseguire in forma scenica e titoli

dagli organici più massicci da eseguire in forma oratoriale. Inoltre c’è il

problema di riprendere i titoli saltati durante il periodo di chiusura

generale, è una cosa a cui tengo molto perché gli impegni vanno

onorati. Per esempio West Side Story di Bernstein, che è un titolo

assolutamente peculiare, come fai a non riproporlo? Cercheremo di far

slittare i titoli al prossimo anno, fermo restando che io sento anche il

dovere di dare un’impronta personale alla stagione. Quindi cercheremo

di equilibrare questi due aspetti.”


Insomma sei un pò in mezzo al guado…

 

 “Esattamente così. La decretazione avviene seguendo ritmi che non

sono quelli teatrali. Comunque finora siamo rimasti a galla e ce la siamo

cavata egregiamente.”


E’ un momento difficile per molte Fondazioni, dopo la nota inchiesta di Torino

e le successive interrogazioni parlamentari. Tu che ne pensi ?

 

 “E’ una questione annosa , di cui mi sono anche occupato in passato.

Per quanto riguarda le indagini non è la prima volta che si verificano e

io, come garantista, attendo i tempi della Giustizia. Se ci sono dei

colpevoli vanno puniti senz’altro, cosicché certi fenomeni non si

verifichino più in futuro. Riguardo le agenzie in generale io tendo a far

lavorare tutti, senza alcuna preclusione ma soprattutto faccio

tantissime audizioni. Le audizioni, che hanno avuto molto successo, mi

hanno fatto trovare voci molto interessanti ed è su questa strada che

intendo proseguire. Oggi nei Teatri c’è la tendenza a voler trovare

“giovani, giovani, giovani” …va bene, giusto ma dico io : vanno trovati i

giovani bravi . Quindi il mio obiettivo è ascoltarli, cercarli e infine

trovarli. Ora riprenderò le audizioni, perché gli artisti talentuosi ci sono

e ce ne sono tanti. Non è necessario essere famosi per essere bravi.”


Giusta considerazione, è quello che dico spesso anch’io. C’è la mania di

vincere facile con il cosiddetto “nome” , tutto questo per quanti spettatori in

più?

 

 “ Ma li fai poi veramente questi spettatori in più? Parliamoci in maniera

chiara: il fenomeno del divismo nell’Opera è molto limitato. Il grande

nome di trent’anni fa era conosciuto da tutti, ma il grande nome di oggi

è per una cerchia molto stretta. Se pensiamo alla notorietà di un

Pavarotti, della stessa Ricciarelli, rispetto a molti nomi di oggi, non c’è

paragone. Forse la Netrebko, ma mai arrivando a quei livelli. Per non

parlare poi dei grandi nomi di un passato ancor più remoto: la Tebaldi,

la Callas ma persino la Stella era conosciuta da tutti. Io ricordo che i

rotocalchi di allora mostravano dei servizi su Antonietta Stella che

prendeva l’aereo per andare a New York e debuttare al Metropolitan,

oggi sarebbe impensabile. Non sono un lettore di rotocalco ma non mi

sembra di ravvisare lo stesso tipo di interesse.”



Motivo per cui il nome oggi si costruisce sul palcoscenico…

 

 “Eh sì, ci vuole tempo. Quando ero direttore artistico all’Opera di Roma

ci fu un cantante (non faccio nomi) che mi chiese 30.000Euro a recita. Io

dissi a lui : ‘ Se Lei dovesse fare un concerto per canto e pianoforte

quanti verrebbero ad ascoltarLa?’ , mi rispose che sicuramente 200

persone sarebbero venute e io di rimando : ‘ E io come faccio a pagarti

30.000Euro per duecento persone di pubblico?’. La Ricciarelli di 40 anni

fa avrebbe portato 3000 persone in sala, non c’è proporzione tra il

richiamo dato dal nome e i compensi richiesti.”



Vogliamo tentare una previsione ottimistica per il 2021, magari Covid-free?

 

 “Voglio essere ottimista e sperare che si possa riprendere il prima

possibile, almeno qui in Italia. Il vero problema è che il decorso di

questa pandemia è incerto e investe tutto il mondo, quindi vi saranno

artisti provenienti da zone più infettate, quarantene ulteriori. Penso per

esempio al mercato americano che sarà in grande ritardo comunque ,

forse oltre la prossima primavera. Certo se ne dicono di cose: il virus

doveva sparire con il caldo e non mi pare sia così, altri parlano di

ritorni, insomma…non ci resta che attendere, fiduciosi e speranzosi.

Una cosa voglio aggiungere e ci tengo molto: il pubblico di Cagliari ha

avuto un atteggiamento molto positivo nei confronti del Teatro. C’è chi

ha rinunciato al rimborso del proprio abbonamento, dimostrando una

grande comprensione per i problemi che abbiamo tutti, sento un grande

sostegno e questo per me è molto importante. Sono riuscito a

programmare una serata di danza trovando coppie di ballerini, nell’arte

come nella vita, quindi senza il problema del distanziamento. E’ un pò

più difficile fare le opere con moglie e marito.”


Ci sarebbero Netrebko e marito…

 “Ecco sì…ma costano un pò troppo.”


Hai ereditato un Teatro con i conti in ordine, grazie al lavoro svolto da Claudio

Orazi con la consueta competenza e attenzione al suo risanamento…

 

 “ Verissimo. Orazi ha fatto un lavoro egregio, ho trovato un teatro sano

con i bilanci in attivo. C’è volontà di lavorare, di crescere, ci sono tutte

le premesse per un ottimo lavoro.”


Colabianchi3

 


ENGLISH TRANSLATION


New general director of the Cagliari Opera House, Nicola

 Colabianchi has never been part of the so-called "magic circle" of the gods

 longtime executives, those who invariably find themselves in the carousel

 of appointments. Conductor, composer, pianist, librettist, ha

 studied with distinguished teachers such as Giuseppe Patané for the direction

 orchestra and composition with Guaccero, Renzi, Marinuzzi in Santa Cecilia.

 His brief experience as artistic director of the Rome Opera, by many

 opposed, it did not at all discourage him, nor his determined holds of

 position against a "system" of which he has always emphasized the numerous

 shortcomings. His tranquility in the judgment, always calm, and the aristo-

 cratic detachment that distinguish him temperamentally have seen him

 in the classic secluded position of "decent" men, that is, without that

 arrogance and that achievement that unfortunately can be seen in others and in many

 sectors.

 

As soon as he was appointed to Cagliari, he found himself in the nightmare of the virus and the

 its controversial protocols.


How do you feel having to navigate on sight, in such a difficult phase for all Italian

theaters?

 "Meanwhile, here in Cagliari we have the great advantage of an outdoor space next to the Theater, the Parco della Musica, which allows for many concerts for a large audience. Already in mid-July we have started a summer festival, which will also continue during the month of September. We were able, respecting the protocols, to bring in 500 people to concert, thus restarting the business. In June we created streaming concerts to train the orchestra and maintain that amalgam that the months of interruption had put in danger. "

 

But what will happen after the summer, do you have a prediction on this?

 “It all depends on the limitations that will be imposed on us. For now we are 200 indoors, which is very little. There are several factors at stake: surface, volume, ventilation systems, the entrances and outflows of the public, in short, knowing what and how it will be possible to act for the safety of spectators. Then the problem of the evaluation of the scheduled titles, since distancing and security measures also apply to those who act on stage. In the pit, for example, we have the problem of the lecterns which are now one for each professor (I am talking about the arches, which previously had one for two professors). With the new rules in the hole no longer 70 or 80 people enter. We have to rethink the programming, so titles with a smaller number of performers to be performed in scenic form and titles with more massive staff to be performed in oratorial form. In addition, there is the problem of resuming the titles missed during the general closing period, it is something that I care a lot because commitments must be honored. For example, Bernstein's West Side Story, which is an absolutely peculiar title, how can you not bring it back? We will try to postpone the titles to next year, it being understood that I also feel the duty to give a personal touch to the season. So we will try to balance these two aspects. “

In short, you are a bit in the middle of the ford ...

 "Exactly like that. The decree takes place following rhythms that are not theatrical ones. However, so far we have remained afloat and we have managed very well. "

 

It is a difficult time for many foundations, after the well-known Turin investigation and subsequent parliamentary questions. What do you think about it ?

 "It is a long-standing issue, which I have also dealt with in the past. As for the investigations, it is not the first time that they have taken place and I, as a guarantor, await the times of Justice. If there are culprits, they must be punished without any further ado, so that certain phenomena do not occur again in the future. Regarding agencies in general, I tend to make everyone work, without any foreclosure but above all I do a lot of auditions. The auditions, which were very successful, made me find very interesting voices and it is on this path that I intend to continue. Today in theaters there is a tendency to want to find "young, young, young" ... okay, right but I say: good young people must be found. So my goal is to listen to them, look for them and finally find them. Now I will resume the auditions, because there are talented artists and there are many. It is not necessary to be famous to be good. "

 

Right consideration, that's what I often say too. There is a mania to win easy with the so-called "name", all this for how many more spectators?

 “But are you really doing these extra spectators? Let's talk clearly: the phenomenon of stardom in the Opera is very limited. The great name of thirty years ago was known by everyone, but today's great name is for a very close circle. If we think of the notoriety of a Pavarotti, of Ricciarelli herself, compared to many names today, there is no comparison. Maybe Netrebko, but never reaching those levels. Not to mention the great names of an even more remote past: Tebaldi, Callas but even Stella was known by everyone. I remember that the magazines of the time showed reports on Antonietta Stella who took the plane to go to New York and debut at the Metropolitan, today it would be unthinkable. I'm not a rotogravure reader but I don't seem to see the same kind of interest. “

Reason why the name is built on the stage today ...

 “Yes, it takes time. When I was artistic director at the Opera di Roma there was a singer (I don't mention names) who asked me for 30,000 Euros per performance. I said to him: 'If you were to do a concert for singing and piano, how many would come to listen to you?', He replied that surely 200 people would come and I would send back: 'And how can I pay you 30,000 Euros for two hundred people in the audience? ? '. The Ricciarelli of 40 years ago would have brought 3,000 people into the room, there is no proportion between the appeal given by the name and the fees required. "

 

Do we want to try an optimistic forecast for 2021, perhaps Covid-free?

 

“I want to be optimistic and hope that we can recover as soon as possible, at least here in Italy. The real problem is that the course of this pandemic is uncertain and affects the whole world, so there will be artists from more infected areas, further quarantines. I am thinking for example of the American market which will be very late anyway, perhaps beyond next spring. Of course they say things about it: the virus was supposed to disappear in the heat and I don't think so, others speak of returns, in short… we just have to wait, confident and hopeful. One thing I want to add and I care a lot: the public of Cagliari had a very positive attitude towards the theater. There are those who have renounced the reimbursement of their subscription, showing great understanding for the problems we all have, I feel great support and this is very important to me. I managed to plan a dance evening by finding pairs of dancers, in art as in life, therefore without the problem of distancing. It is a little more difficult to do the works with a wife and husband. "

 

There would be Netrebko and her husband ...

 "Well yes ... but they cost a little too much."

 

You have inherited a theater with the accounts in order, thanks to the work carried out by Claudio Orazi with the usual competence and attention to its restoration ...

 " Very true. Orazi did an excellent job, I found a healthy theater with positive budgets. There is a will to work, to grow, there are all the conditions for an excellent job. "

 
SENZA ORECCHIO, NON SI CANTA!
Lunedì 03 Agosto 2020 20:22
                            Giuseppe_Taddei4
                             Giuseppe Taddei

E' giusto essere molto chiari su questo punto. In ogni gola nasce il suono, ovviamente, ma il suono vocale non è cosa tangibile , non proviene dal percuotere un tasto o pizzicare una corda. Il suono vocale, proprio perché non tangibile, può essere "manipolato" quindi compiuto, bello o brutto che sia, solo dal nostro pensiero coordinato da una serie di "stratagemmi", chiamiamoli come vogliamo, messi in funzione tra loro. Una serie di "equilibri" , per essere più esatti, molti dei quali dettati da madre natura e altri determinati
da una tecnica. Più si diventa "naturali" nel Canto e meglio sarebbe. La cosiddetta "impostazione" alla lunga stufa e dà luogo a voci anche stupende ma tutte un pò uguali e tutte un pò artificiose. Non è un caso che i cantanti più amati e leggendari siano caratterizzati da voci non lontane dalla chiarezza del parlato, vedi Gigli, Di Stefano, Pavarotti, Carteri, Raimondi, Cappuccilli, Tebaldi, Schipa , Aragall, Carreras e potrei continuare a lungo.
I grandi cantanti emettono i loro suoni meravigliosi in virtù di uno studio lungo e continuo, che vuol dire continua ricerca e per raggiungere i loro risultati pongono in perfetto equilibrio una serie di fattori: fiato a sostegno del suono, posizione del suono medesimo e capacità di dare SENSO al fraseggio, la cosiddetta "interpretazione". SOPRA a tutti questi fattori regna sovrano l'ORECCHIO.Chi non ha buon orecchio non sarà mai un grande cantante, ma non perché stonerà, bensì perché non saprà creare quel magico, meraviglioso equilibrio che solo il proprio orecchio potrà governare. Per raggiungere la serenità del Canto, la morbidezza, la facilità (propria delle grandi voci) bisognerà quindi non allontanarsi dalla naturalezza, e la tecnica serve appunto a cantare con naturalezza (apparente e al tempo stesso reale). Si torna sempre allo stesso punto.
                   

                                          Giuseppe_Taddei

Il grande Taddei, il mio maestro, aveva studiato seriamente il Canto solo per pochi mesi, per di più rifiutandosi di fare i vocalizzi con la sua insegnante di Genova, la signora Lussi.Debuttò a 16 anni e continuò fino a 90 anni e passa con la voce intatta, cantando in oltre 240 ruoli diversi e totalizzando quasi 8000 recite. Mi diceva sempre che quel che contava era trovare sempre il senso delle parole e che fatto quello la tecnica veniva da sola.Raccomandava di cantare alto ,questo sì, e confessava di avere trovato facilità negli acuti dai 70 anni in su.Una volta a lezione eseguì il do di Salut demeure fortissimo e poi diminuito a zero,ho la registrazione e una volta la trasmisi anche in Rai:aveva quasi 80 anni. Ma per raggiungere quella naturalezza Taddei osservò i grandi colleghi tutta la vita. Il maestro Serafin lo convocò a casa sua quando aveva 20 anni e gli disse:"Oggi viene Gigli a ripassare il Lohengrin, osserva come canta". Taddei seguì tutto il ripasso in religioso silenzio ,poi per conto suo iniziò a imitare il famoso "Mercè mercè cigno gentil" di Gigli.Così imparò a usare quel suono alto, flautato, libero, tutto sul fiato e sulla parola.Potenza dell'orecchio! Torniamo sempre lì:bisogna avere un orecchio speciale e il senso del suono LIBERO dalle contrazioni della gola. Io non demonizzo la gola, le corde vocali sono in gola, non sono così sciocco.La gola va in un certo senso liberata dalle contrazioni, dalla tentazione di usarla per...?? Per rovinarsi. La gola va superata, diciamo pure va ignorata. Kraus mi diceva:"Io guardo la mia voce, al di fuori di me".Usare gli occhi, piuttosto che la contrazione della gola. Tutto qui. Facile vero? Una parola.
 
A TU PER TU con FRED PLOTKIN, IDAGIO (USA)
Lunedì 03 Agosto 2020 10:46

                  fred_plotkin1 

             Fred Plotkin         


Qui di seguito parte della lunga intervista con Fred Plotkin,

famoso commentatore statunitense appassionato dell'Arte

italiana e profondo conoscitore d'Opera.È stata una

conversazione molto piacevole,profonda,divertente in cui

abbiamo toccato temi a noi cari: l'Opera, la Musica,la regìa il

Canto ma anche la cucina, il cinema, arrivando a Franca

Valeri,Totò, Sordi,Aldo Fabrizi, Tina Pica.Insomma,non la

finivamo più.

 

LO STILE ITALIANO nell'Opera

 

Si può parlare effettivamente di stile italiano, anche se col

passare del tempo questo modo di cantare e di interpretare è

passato dall’Italia ad altri paesi, come per esempio gli Stati

Uniti. Un pò come è successo con altri grandi prodotti di

esportazione, meno nobili, che so la pizza, la cucina

mediterranea.

 Io parlerei di stile e di SCUOLA italiana, la grande scuola

italiana del Belcanto.

 Belcanto vuol dire cantar bene ma soprattutto rispettare

alcune precise regole, tecniche e stilistiche.

 Il Belcanto pretende un uso corretto della voce su almeno

due ottave di estensione, con il medium della voce si canta e

sugli acuti si risolve, questo dicevano i vecchi maestri.

Cotogni per esempio, che cantò con Verdi e fu il maestro di

Giacomo Lauri Volpi, uno dei più grandi tenori esistiti. Anche

perché fu uno dei pochissimi tenori che usavano il cervello

oltre che la voce.

 

Belcanto vuol dire anche saper legare le frasi, saper cantare

piano e pianissimo a tutte le altezze, saper usare i COLORI

nella voce.MOlti cantanti hanno voci bellissime ma urlano,

cantano tutte forte o fortissimo, colpa anche di molti direttori

d’orchestra che portano le loro esecuzioni verso sonorità

inaccettabili. Un tempo i teatri avevano l’orchestra spostata

in avanti, verso il centro della sala, perché il palcoscenico

non era retroposizionato come oggi. In tal modo si cantava

senza spingere, in maniera morbida ed educata. Ecco il

Belcanto.

 

Alla base del corretto stile italiano vi è poi la libera fantasia

dell’interprete, quello intelligente e guidato da maestri

esperti, che suggeriscano le varianti autorizzate dagli Autori.

Vi sono segni precisi , come i punti di corona sulle pause

orchestrali , questi segni autorizzano gli acuti o le variazioni.

Le partiture di Bellini, Donizetti, Verdi  sono piene di queste

indicazioni. Purtroppo vi sono maestri o intransigenti o

direttamente ignoranti. Uno dei più grandi fu Toscanini, che

per mettersi in mostra a discapito dei cantanti, iniziò a

proibire gli acuti non scritti ma di autentica tradizione

belcantistica. Un altro è Muti, che detesta gli acuti ma ignora

le regole base del Belcanto e talvolta propone esecuzioni

soffocanti, gabbie rigide che impediscono persino il respiro ai

cantanti. Quella libertà che fa parte del Teatro.

 Io li chiamo i Dittatori del Podio.

 In molti paesi, come dicevo prima, il Belcanto è arrivato nella

sua vecchia, antica accezione: Stati Uniti, Inghilterra, i paesi

asiatici in tempi più recenti. Grazie a grandi maestri

conoscitori della materia: Tullio Serafin,Richard Bonynge, 

Julius Rudel, Mario Rossi, Angelo Questa,Ino Savini,

Anton Guadagno, Giuseppe Patané, Nello Santi, oggi Daniel

Oren, che è il massimo conoscitore di voci e che ama le voci.

Perché i maestri non devono amare solo sé stessi, devono

amare le voci, così potranno seguirle, accompagnarle e

concertare l’Opera nel vero senso della parola.


           io_taormnina

 

Il mio rapporto con l'Opera

 

Io ho sempre amato l’Opera. L’Opera è una malattia

inguaribile ma è anche un modus vivendi. Noi italiani siamo

operistici in ogni nostra manifestazione, siamo

melodrammatici. Quante Santuzze, quanti Mario

Cavaradossi, quanti Canto o Turiddu vi sono tra gli italiani .

Basta guardare il nostro Parlamento, i nostri politici: sono

protagonisti di opere ora buffe ora drammatiche, dipende.

Ma l’Opera per amarla va conosciuta.

 L’ignoranza è immorale, come diceva il grande filosofo

Spinoza.

 C’è molta ignoranza nel mondo operistico attuale, questo

sì.Come c’è molta ignoranza nel mondo.

Io ho avuto la fortuna di avere grandi maestri, ho studiato il

Canto con Giuseppe Taddei, uno dei più grandi baritoni mai

esistiti.

 Ho avuto anche la fortuna di inventare un programma

speciale, La Barcaccia, che va in onda ogni giorno su Radio3

alle ore 13 dal 1988 a oggi, oltre 6000 puntate. Grazie a

questa trasmissione ho conosciuto centinaia di artisti

importantissimi, da Pavarotti a Nicolai Gedda, Birgit

Nilsson,Victoria De Los Angeles, Renata Tebaldi, Renata

Scotto, e ancora Italo Tajo, Nicolai Ghiaurov,Mirella Freni,

ma la lista è infinita e include registi, direttori d’orchestra,

personalità del nostro mondo.

Non sono mai stato una persona pigra ma sempre molto

curioso. Ho cantato in tante occasioni ma senza aver mai

nessuna ambizione di carriera, l’ho fatto per la mia crescita e

per la mia esperienza personale . Mi sono dedicato con

grande passione all’attività di regista lirico e qui ho avuto e

sto avendo  molte soddisfazioni. Posso dire, in tutta

modestia, di aver raggiunto ottimi risultati nell’utilizzo della

"tecnologia sulla tradizione". Mi spiego. Non sono un regista

che ama le provocazioni stupide, le idiozie. Amo invece

rispettare il testo e spesso l’ambientazione originale ma

inserendo un forte discorso tecnologico, con l’uso delle

proiezioni dinamiche, delle luci, anche in modo

spregiudicato. Oggi viviamo in una società visiva.La gente

vive davanti agli schermi, o del telefonino o della Tv. Io amo

l’Opera raccontata dalla luce e dalla proiezione, avvolta nei

colori e nelle suggestioni fantasy suggerite dalla tecnologia

più avanzata.


       AIDA_batumi_foto_bella1

Aida a Batumi, Georgia 2019, regìa Enrico Stinchelli

 Attila_Cagliari_17    Attila , Cagliari 2019, regìa di Enrico Stinchelli

 Don_Giovanni_finale    Don Giovanni, Verona 2019, regia di Enrico Stinchelli.

 trovatore_2     Trovatore, Teatro Astra, Gozo (Malta) , 2018

Mefistofele_6_Pazzia_di_Margherita

Mefistofele, Pisa 2016, regia di Enrico Stinchelli


turandot_

Turandot in dvd, Torre del lago, 2016, regia di Enrico Stinchelli



Scelta musicale n.1: Giuseppe Taddei, baritono, Falstaff


          Giuseppe_Taddei2

 

Taddei era l’Opera egli stesso: il senso del teatro, la vocalità

ricca e pastosa, il repertorio immenso, oltre 250 ruoli diversi,

un fenomeno. Debuttò a 14 anni e smise di cantare il giorno

della sua morte, a 94. Ancora la mattina del giorno in cui

morì, cantava mentre si faceva la barba, con la voce intatta.

Un fenomeno unico. Falstaff fu il suo ruolo d'elezione.

 

Scelta musicale n.2 : EGMONT di Beethoven diretto da

Karajan


      Karajan

 

E’ un omaggio a Beethoven nell’anno del suo 250

anniversario dalla nascita. 1770 a Bonn.

Il finale dell’Egmont diretto da Karajan, per me il più grande

direttore d’orchestra mai esistito, è un compendio dei grandi

ideali di questo compositore.

Per capire Beethoven bisogna capire il pensiero di Kant

Dal filosofo, Beethoven trasse la concezione dell'esistenza,

nella coscienza individuale, di una legge morale, espressa

nella forma dell'imperativo categorico. Egli mise allora il

risultato della propria essenziale attività, la musica, al centro

della morale, inserendovi valori ideali, arricchendola di una

forza emotiva che esprimesse il movimento dei sentimenti e i

conflitti interiori. Dallo stesso autore dei Fondamenti

metafisici della scienza della natura annotò questo passo:

«Nell'anima, come nel mondo fisico, agiscono due forze,

egualmente grandi, ugualmente semplici, desunte da uno

stesso principio generale: la forza di attrazione e quella di

repulsione».Tutta l'opera di Beethoven è basata su questo.

 

 

Scelta musicale n.3: Maria Callas in Dinorah di

Meyerbeer.


        Maria-Callas

 

La Callas è stata per me la più grande cantante della Storia,

una rivoluzionaria. Seppe coniugare la profondità

dell’interprete, il carisma e la musicalità eccelsa, a una

tecnica belcantistica eccezionale. Quando parlai con Di

Stefano, il suo più grande partner,  mi disse che la Callas fu

uno straordinario soprano di coloratura,

Non un soprano drammatico. Io credo che Di Stefano abbia

ragione, infatti nei brani di autentico Belcanto la Callas fu

insuperabile. Seppe rendere espressive le agilità vocali, non

solo un semplice esercizio. In questo brano lo si capisce a

fondo e invito ad ascoltarlo con attenzione.

 

 

Scelta musicale n.4 : Giuseppe Di Stefano in Lucia di

Lammermoor


                              Di_Stefano_Callas

 

Se parliamo di Giuseppe Di Stefano non parliamo solo di un

Tenore, IL Tenore, ma di un poeta, come mi disse Pavarotti.

Di Stefano riuscì a trascendere la Tecnica, l'IMPOSTAZIONE

Classica del Canto per assurgere ai valori della poesia pura,

della naturalezza fatta Tecnica. Di Stefano, come la Callas,

fu un rivoluzionario.Portò il livello della VOCE ITALIANA da

Caruso e Gigli alla modernità, al futuro. Di Stefano è eterno,

non appartiene a una sola epoca ma a tutte.  Nella Lucia di

Donizetti, in questo struggente finale, abbiamo il dolore

dell'uomo che muore sognando di congiungersi alla sua

amata, riprodotto con una verità ,con una sincerità e con un

cuore che vanno al di là di ogni valutazione vocale. Un

capolavoro di Belcanto.

 

 Scelta musicale n.5 : finale di Mefistofele di Boito, con

Cesare Siepi e Mario Del Monaco.


         SIEPI_Mefistofele

 

Il Mefistofele è l'opera che amo moltissimo, forse più di tutte.

Boito fu un compositore molto colto e intelligente, profonde

conoscitore e studioso di materie esoteriche. Nella sua

opera più importante fece ben capire il dualismo tra Male e

Bene che alla fine si incontrano, poiché sono la stessa cosa.

Faust tradisce il patto che aveva sottoscritto con Mefistofele,

dopo aver approfittato dei suoi servigi. Il pubblico lo intuisce,

perchè Boito dà al Diavolo un carattere eroico, quasi

addirittura positivo. Siepi è fenomenale in questa

registrazione, sia come voce che come interprete.

 
SIGNORI, IN CARROZZA! A COLLOQUIO con DAVIDE LIVERMORE
Martedì 28 Luglio 2020 22:23


                                  Livermore3

                                   Davide Livermore, Direttore del TEATRO STABILE DI GENOVA



Quando il gioco si fa duro, i duri scendono in campo. Mentre

il governo vara la proroga al 15 ottobre dello stato di

emergenza sanitaria, fatto che -come abbiamo visto-

colpisce in modo durissimo Turismo e Spettacolo, il Teatro

Nazionale di Genova con il suo nuovo Direttore, Davide

Livermore, inventa nuovi spazi teatrali, nuove soluzioni per

rilanciare un settore che non si dà per vinto.

Lo aveva già annunciato il 4 maggio scorso , pensando a

uno spettacolo che aveva effettuato a Valencia. L’operina di

Mozart “Bastiano e Bastiana” , fatta girare per le piazze su

un camion, come facevano Leo Nucci e sua moglie Adriana

in gioventù.


 Perché “Bastiano e Bastiana” di Mozart?


“E’ un’operina nata nel 1768 per il teatro all’aperto del

celebre professor Mesmer, l’inventore del magnetismo

terapeutico. Mozart scrisse questo divertente Singspiel

composto da recitativi parlati e ariette, nello stile delle

operette che l’autore bambino aveva molto apprezzato

durante il precedente viaggio a Parigi. E’ una trama in cui

scienza e alchimia si guardano , con la figura dello stregone

Colas (che ha due arie molto carine) .


 

Temi che vengono trattati anche nel  recente Tuo libro

“Mozart e il violino di Lucifero”…


“Sì è vero. Io amo molto questo lavoro scritto da un bambino

di 12 anni, tutto candore e purezza ma solo in apparenza,

perché poi è anche divertente e sporcaccione. Noi siamo

partiti dalla traduzione del testo originale, il libretto di

Friedrich Wilhelm Weiskern, e su quello ci siamo innestati

per creare un carrozzone, tipo “Parnassus” il film di Terry

Gilliam, l’uomo che voleva ingannare il diavolo. Le scene

sono dei Fratelli Galliari, ovviamente ridipinte e riproposte in

una veste nuova.”



Tutto ciò montato sopra un camion…


“Sì esatto, un camion che si apre e diventa uno scrigno

magico. Faremo un’altra ventina di spettacoli di prosa  oltre a

Mozart, Laura Marinoni che fa Gilda, Lella Costa che fa la

Vedova di Socrate (l’unica autorizzata da Franca Valeri a fare

il suo testo), Elisabetta Pozzi in “Elena,memorie di una

donna”, tanti artisti anche giovani genovesi…un lavoro che in

questa Italia bloccata non fa nessuno. Portiamo un

carrozzone magico in tutte le piazze di Genova e della

Liguria.”



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Come fate con i vari protocolli ?


“ Intanto sono spettacoli gratuiti, per tutti. Si entra con

prenotazione, naturalmente e si rispettano ovviamente i

famosi protocolli. Io avevo inventato questa cosa quando

lavoravo a Valencia ma lì il teatro non parlava alla città.

Helga Schmidt aveva fatto cose meravigliose , ma non era

capace di coinvolgere la città perché Valencia ha una grande

passione teatrale ma non una tradizione. Per esempio i

tassisti non sapevano cosa voleva dire fare Opera o andare

all’Opera.Nel “Gato Montès” io organizzai la prova generale

solo aperta ai tassisti, appositamente: entrarono in teatro in

750 con signora, tutti muniti della loro regolare licenza. Così

abbiamo venduto il 60% di biglietti in più.”


Quindi in Spagna la situazione non è così rosea per

l’Opera?


“No, assolutamente. L’Opera è conosciuta da una élite ma

non dal popolo.Io ho fatto conoscere il “Bastiano e Bastiana”

di Mozart a 60.000 persone a Valencia. Ho comprato a

3500Euro la produzione, montata poi sul camion e ora la

facciamo Genova. Era semidistrutta, l’abbiamo ristrutturata,

rinfrescata, e pensare che dopo 60 recite in Spagna era

destinata al macero. Dai, ti aspetto sul camion! “



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