Domenica 19 Luglio 2020 17:37 |
Ancora e forse per l’ultima volta torniamo sull’”evento” musicale dell’estate 2020 : il Rigoletto di Verdi nella versione modernizzata da Damiano Michieletto.Successo dunque, grazie a un forte battage pubblicitario prima durante e dopo, la presenza del Capo dello Stato, diretta televisiva (anche se sul canale “di nicchia” di Rai5) , scenografia desueta con parco macchine e giostra sul grande palco al centro del Circo Massimo, schermi, distanziamenti utilizzati come mantra doloroso ma “necessario” (ma poi…perchè?) , cast importante con direttore ugualmente importante.
Dal punto di vista strettamente mediatico, e per quanto riguarda la comunicazione, lo staff che promuove i successi di Damiano Michieletto può essere più che soddisfatto. L’operazione è riuscita . E’ vero, non ci sono più i critici di un tempo e la sola “benedizione” di Corrado Augias è un pò pochino per poter suonare le campane a festa, ma il trionfo annunciato si è poi concretizzato nei titoli dei vari giornali e dei Tg. A fronte di tanti turiboli agitati, in maniera anche sproporzionata, notiamo un altro classico: la valanga di odi et amo presenti sul web. Con una prevalenza , mi pare abbastanza evidente, di detrattori che si accaniscono utilizzando concetti che ottengono l’ esatto contrario di ciò che si prefiggono: quello di avallare l’operazione compiuta dal regista veneziano. Leggere frasi ripetute del tipo “Povero Verdi” , “Verdi rotola nella tomba”, “Cosa avrebbe detto Verdi”, “Che tempi!” ( il più dotto “Mala tempora” ) , oppure “L’Opera è morta” , secondo me finiscono per giustificare l’operazione Rigomichieletto e persino per esaltarla , più di una recensione falsamente positiva.
Intanto chi può stabilire cosa volesse e cosa direbbe Verdi , se non evocandolo attraverso un medium davanti a un tavolino a tre gambe? Nessuno , eppure di queste frasi è letteralmente invaso ogni gruppo che parla d’Opera. Si potrebbe addirittura ipotizzare un Verdi, all’opposto, perfettamente in sintonia con l’impostazione modernista voluta dalla regìa, proprio per venire incontro alle esigenze di un pubblico più giovane, perché no? In fondo a chi interessa nel 2020 vedere il gobbo con il berretto multicolore e la corte dei Gonzaga in calzamaglia? Giusto a qualche nostalgico intransigente, a qualche talebano reduce dei vecchi loggioni…e poi, importantissimo :non fa chic!
Eh sì, perché le mode e le tendenze impongono alla cosiddetta “intellighenzia” un atteggiamento totalmente lontano dagli orpelli e dal polverume dei “Rigolettacci di provincia” , ma che scherziamo? Ancora con i costumi d’epoca??? Roba vecchia, superata, già vista e rivista, fritta e rifritta. Verdi e Piave hanno previsto questo, il libretto dove lo mettiamo? Ma ragazzi: il libretto oggi non conta più. E’ puramente indicativo, pretestuoso, persino fuorviante. Chi dice più “E’ dessa, la mia diletta” ? Ma nemmeno nei Baci Perugina. Se a questo uniamo l’ignoranza crassa e dilagante di una italica popolazione quasi totalmente scevra delle più comuni nozioni di Storia , a cosa mai può servire una rievocazione della Mantova cinquecentesca e di una delle corti di cui parlò tutta Europa nel periodo rinascimentale? A nulla. Sarebbe come mostrare i geroglifici egizi a un criceto, sperando che il simpatico animaletto provi un qualche interesse.
Ovvio che in una situazione del genere l’unico sistema per avvicinare il pubblico, quello che sia, e tenerlo fisso davanti allo schermo, per oltre 10 minuti di seguito, è proporgli ciò che si aspetta, ciò che vede ogni giorno: abiti moderni desunti dai film di Coppola o dal superpremiato Joker, il puttanone con calze a rete, Gilda in lustrini con pistola, il tenore tra Elvis e John Travolta. Mettici pure macchine, una giostra , la solita roulotte (che ormai vediamo ovunque, in ogni opera) e i mega schermi , per fare un pò di cinema (che non guasta mai , in una società visiva e televisiva come questa). E’ una scelta a mio parere obbligata. Provate a immaginare un palazzo del Duca fatto di colonne palesemente finte, scene dipinte che il vento muove come vele, Rigoletto con la gobba più grande del suo corpo , Gilda vestita da cresimanda, Maddalena da Carmen , il tenore con le gambucce che spuntano da un abito pesante 15 chili…si voleva questo?
Il problema per me, lo ribadisco , è un altro. La Musica e la realizzazione tecnica.
La Musica di Verdi non è la colonna sonora di un film ma un meditato , sofferto , impegnativo tracciato melodrammatico . Non sto a fare qui un’analisi di questo straordinario componimento, rivoluzionario per i suoi tempi, ma nel Rigoletto c’è una nobiltà compositiva , una elevazione , una ricerca del colore espressivo che temono ben pochi confronti. Verdi non pensava alle supposte o presunte “genialità” dei registi futuri ma caso mai, inconsapevolmente, alla propria , infinita genialità. Verdi non ha composto un capolavoro, si è fatto egli stesso capolavoro: come i grandi sanno fare, andando oltre l’atto. La massima zen dell’agire senza dover agire. Ora, nell’operazione del Rigomichieletto la musica cozzava, a mio giudizio, violentemente contro le immagini proposte.Ma non perché la regia era “moderna” , bensì perché in troppi punti era mal realizzata tecnicamente. In questo Davide Livermore,ad esempio, ha una tecnica e una abilità nel gestire il mezzo filmico molto più solida , come ha dimostrato soprattutto in Attila e Tosca alla Scala. Pochi giorni di prove con i pur bravi cameramen? Probabilmente. Scarsa abitudine col mezzo televisivo, sincronia imperfetta , forse un pò di fretta ma soprattutto, insisto, la musica di Verdi, che è ben diversa da quella di Rossini, dove Michieletto si è trovato molto più a suo agio (mi riferisco al Viaggio a Reims romano, spettacolo a mio parere riuscitissimo).
English translation
Again and perhaps for the last time we return to the musical "event" of summer 2020: Verdi's Rigoletto in the version modernized by Damiano Michieletto. Success therefore, thanks to a strong advertising hype before, during and after, the presence of the President Mattarella, live broadcast (even if on Rai5's "niche" channel), outdated scenography with car park and carousel on the large stage in the center of the Circus Maximus, screens, distances used as a painful but "necessary" mantra (but then ... why? ), important cast with equally important director.
From a strictly media point of view, and as regards communication, the staff that promotes the successes of Damiano Michieletto can be more than satisfied. The operation was successful. It 's true, there are no longer the critics of the past and the only "blessing" by Corrado Augias is a little bit to be able to ring the bells, but the announced triumph then materialized in the headlines of the various newspapers and news programs. . In the face of many agitated thuribles, even disproportionately, we notice another classic: the avalanche of odi et amo on the web. With a prevalence, it seems to me quite evident, of detractors who are relentless using concepts that obtain the exact opposite of what they aim for: that of endorsing the operation performed by the Venetian director. Read repeated phrases like "Poor Verdi", "Verdi rolls in the grave", "What Verdi would have said", "What times!" (the more learned "Mala tempora"), or "The Opera is dead", in my opinion they end up justifying the operation Rigomichieletto and even to enhance it, more than a falsely positive review.
Meanwhile, who can determine what Verdi wanted and what would he say, if not by evoking it through a medium in front of a three-legged table? Nobody, yet of these phrases every group that speaks of Opera is literally invaded. One could even hypothesize a Verdi, on the contrary, perfectly in tune with the modernist approach desired by the director, precisely to meet the needs of a younger audience, why not? After all, who cares in 2020 to see the hunchback with the multicolored cap and the Gonzaga court in tights? Just to some intransigent nostalgic, to some Taliban veterans of the old loggias ... and then, very important: it is not chic!
Yes, because fashions and trends impose on the so-called "intelligentsia" an attitude totally far from the trappings and dust of the "Provincial Rigolettacci", but what joking? Still with period costumes ??? Old stuff, outdated, already seen and revised, fried and refracted. Verdi and Piave have foreseen this, where do we put the booklet? But guys: the booklet no longer matters today. It is purely indicative, pretentious, even misleading. Who says more "E 'dessa, my beloved"? But not even in Baci Perugina. If we add to this the crass and rampant ignorance of an Italic population almost totally devoid of the most common notions of history, what can a reenactment of sixteenth-century Mantua and one of the courts of which all of Europe spoke about in the Renaissance period? To nothing. It would be like showing Egyptian hieroglyphics to a hamster, hoping that the cute animal will have some interest.
Obviously, in such a situation, the only way to approach the public, whatever it is, and keep it fixed in front of the screen, for more than 10 minutes in a row, is to offer them what they expect, what they see every day: modern clothes from Coppola's films or the award-winning Joker, the slut with fishnet stockings, sequined guild with a gun, the tenor between Elvis and John Travolta. Just put machines, a carousel, the usual caravan (which we now see everywhere, in every work) and mega screens, to make some cinema (which never hurts, in a visual and television society like this). In my opinion it is a forced choice. Try to imagine a palace of the Duke made of blatantly fake columns, painted scenes that the wind moves like sails, Rigoletto with the largest hump of his body, Gilda dressed as a confirmation, Maddalena da Carmen, the tenor with the legs that emerge from a heavy dress 15 kilos… did you want this?
The problem for me, I repeat, is another. Music and technical realization.
Verdi's Music is not the soundtrack of a film but a thoughtful, painful, demanding melodramatic track. I'm not doing an analysis of this extraordinary composition here, revolutionary for its time, but in Rigoletto there is a compositional nobility, an elevation, a search for expressive color that fear very few comparisons. Verdi did not think of the supposed or alleged "genius" of future directors, but never, unconsciously, of his own infinite genius. Verdi did not compose a masterpiece, he made himself a masterpiece: as the great ones know how to do, going beyond the act. The zen maxim of acting without having to act. Now, in the operation of the Rigomichieletto, the music clashed violently, in my opinion, against the proposed images, but not because the direction was "modern", but because in too many places it was technically poorly realized. In this Davide Livermore, for example, has a much more solid technique and ability to manage the film medium, as he has shown above all in Attila and Tosca alla Scala. A few days of rehearsals with the good cameramen? Probably. Little habit with the television medium, imperfect synchrony, perhaps a little in a hurry but above all, I insist, Verdi's music, which is very different from that of Rossini, where Michieletto found himself much more at ease (I refer to the Viaggio a Reims of Rossini in Rome Opera House, show in my opinion very successful).
|
Domenica 19 Luglio 2020 12:52 |
A seguito dell’importante interrogazione parlamentare avvenuta venerdì 17 luglio, prima firmataria l’onorevole Giorgia Latini, in merito alle inchieste sui teatri lirici si torna a parlare di Legge 800 art.29 che indica la scrittura “in misura prevalente” di artisti lirici italiani.
Abbiamo con noi due importanti avvocati, esperti in materia, Michele Lai e Francesco Andretta. Diamo loro la parola:
In alto nella foto : Avv. Michele Lai, in basso l'Avv. Francesco Andretta.
Avv. Lai: “E’ un piacere confrontarsi tra colleghi esperti in questo settore, siamo così pochi."
Avv. Andretta : “E’ un limite, purtroppo…"
Avv.Lai: “Ringrazio Enrico Stinchelli per questa occasione”
Sull’articolo 29 della Legge 800 mi sembra che abbiate pareri contrapposti, come si snoda questa questione in termini giuridici?
Avv. Andretta: “Se posso prendere la parola vorrei dire che non siamo in contrasto. L’avvocato Michele Lai ha sollevato alcune perplessità che poi sono anche le mie sulla validità di questo articolo in relazione alle norme comunitarie europee.
In questo momento gli artisti italiani sono i più penalizzati, al di là di ogni facile nazionalismo o sovranismo che sia: è una conseguenza logica di una situazione sotto gli occhi di tutti..
Avv.Lai: “ Questo articolo nasce nel 1967 ma poi nel 2000, la Legge 400 gli ha aggiunto la dicitura “in misura prevalente”, questo articolo è vigente. Tuttavia le fondazioni lirico sinfoniche si sono staccate, acquisendo l’autonomia, quindi il Ministero usa il criterio dell’art.29 per tutti i soggetti che svolgono attività musicali differenti dalle fondazioni lirico sinfoniche.Lo verifichiamo leggendo il decreto 29 luglio 2017, l’ultimo sul reparto del FUS, dove si legge al titolo 1: i predetti teatri devono impiegare non meno di 45 professori d’orchestra di nazionalità italiana o di paesi UE, salvo i casi della musica da camera, così vale per i Festival e per tutti gli Artisti in genere, compresi i compositori italiani (c’è proprio un punteggio apposito). Importante: il termine “comunitario” è sempre accompagnato dalla parola “italiano” , proprio per la libera circolazione del lavoro nella comunità europea. Questo vale per i teatri di tradizione e le istituzioni concertistiche mentre le Fondazioni, che si sono staccate da questi criteri avendo acquisito autonomia, hanno dei punteggi attribuiti dal Ministero sui loro programmi, per avere il FUS. A mio giudizio , quindi, la parola “artista italiano” deve essere accompagnata dal termine “artista comunitario”, il Ministero indica delle linee guida che potrebbero essere rafforzate, questo sì.”
Alla fin dei conti tutto si riduce al fatto che in una Traviata, non si può affidare la frase “La cena è pronta” a un comprimario straniero..
Avv.Lai: “ Questa è una problematica esistente. Se le fondazioni sono considerate aziende private finanziate dallo Stato e lo Stato indica l’opportunità di scritturare il cantante italiano, seguendo le varie normative, il privato fa quello che vuole. altrimenti se vengono considerate aziende pubbliche finanziate dallo Stato deve cambiare la natura giuridica. A quel punto una norma come quella dell’art.29 della Legge 800 torna ad avere la sua cogenza, che per ora hanno solo i teatri di tradizione ma sotto forma di criteri.”
Avv.Andretta: “E’ proprio questo il punto. La normativa europea che si occupa principalmente di questo problema è la n.43 sulla “razza e origine etnica”, caratteristiche indicative, semplificative e non chiuse, che per non discriminare nessuno, applica queste direttive sia nel settore pubblico che in quello privato, compresi gli organismi di diritto pubblico per quanto attiene (dalla lettera A alla lettera H) le condizioni di accesso all’occupazione al lavoro sia indipendente che autonomo.C’è un divieto di discriminazione per razza o origine etnica con efficacia verticale, quindi indipendente dalla natura pubblica o privata, quindi possiamo tranquillamente parlare di nazionalità. Quindi questa è una fattispecie abbastanza esemplare di discriminazione indiretta: ciò avviene quando la disposizione di un criterio o una prassi, apparentemente neutri, possono mettere le persone che appartengono a una determinata razza, origine o nazionalità in una posizione di svantaggio rispetto ad altre persone.
In questo caso in svantaggio sarebbero gli italiani?
Avv. Andretta :“ La direttiva precisa anche quali siano gli ambiti di applicazione e quali sono le possibili deroghe, tra cui l’articolo 4 che dice: ‘ in deroga all’art. 2 paragrafi 1 e 2 ,che disciplinano la discriminazione diretta e indiretta, gli stati membri possono stabilire che una differenza di trattamento basata su una caratteristica correlata alla razza o all’origine etnica non costituisca discriminazione laddove la natura di un'attività lavorativa o per il contesto in cui essa viene espletata tale caratteristica costituisca un requisito essenziale e determinante per lo svolgimento della attività lavorativa ,purché l'obiettivo sia legittimo e il requisito proporzionato . In breve, cosa dice l’art.4 ? Dice: non costituisce un’ipotesi di discriminazione qualora in ragione della natura dell'attività lavorativa che vado a svolgere o per il contesto in cui tale attività viene espletata la nazionalità è un requisito essenziale o determinante per lo svolgimento di tale attività.
Quindi ciò si collega al famoso art.29 della Legge 800?
Avv. Andretta: "Esatto. Purché, dice la norma, l'obiettivo sia legittimò e il requisito proporzionato. A questo punto noi dobbiamo andare a vedere se l'obiettivo dell’articolo 29 sia e segua una finalità legittima e se tale norma che impone una misura prevalente di artisti lirici italiani sia proporzionata. Per quanto riguarda la finalità non c’è dubbio che tale norma vada a tutela del patrimonio artistico e culturale italiano e se questa è la finalità, la finalità è legittima. Dal 1600 è proprio quello che facciamo e che insegnano a tutto il resto del mondo. Se l’articolo 29 dicesse che è previsto un esclusivo impiego di artisti lirici italiani sarebbe sicuramente sproporzionato e dunque la norma ilegittima, perché discriminatoria. Ma qui si indica una preponderanza , “in misura prevalente” . L’articolo indica anche che gli artisti stranieri che abbiano svolto attività in Italia per almeno 5 anni non rientrano nel limite previsto dalla Lettera A, cioè nella misura prevalente. Vengono cioè assimilati alla stregua degli artisti lirici italiani.
Avv.Lai: “ Però manca un raccordo.Il 1967 è ormai lontano e questo articolo 29 fu abrogato dalla prima Legge del 1998 , poi ripristinato dalla Corte Costituzionale che nel 2000 lo ha confermato con la dicitura ‘in misura prevalente’ .Viene applicato oggi alle attività musicali, cioè è applicato dal Ministero quando eroga il FUS ma solo per le attività musicali non per le Fondazioni.
Avv.Andretta: “ Arrivo a questo punto, Michele. C’è una sentenza della Cassazione delle sezioni unite, la 78/62 dell’11 giugno 2001 ,che esprime un principio di diritto estremamente semplice e cioè che le nuove fondazioni lirico-sinfoniche che sono effettivi datori di lavoro privati sono a tutti gli effetti, diritti obblighi e rapporti attivi e passivi, assimilabili agli ex Enti Lirici.Non c’è una trasformazione di rottura ma c’è una modifica della natura, come se fosse in ambito privatistico una fusione per incorporazione della società. Quello che era Ente Lirico e che oggi è Fondazione ha una sua continuità nel rispetto di tutti i diritti, obblighi, debiti e crediti, che le fondazioni ereditano dagli enti lirici. Quindi la continuità della vigenza di queste norme e di tutto il complesso delle norme previste dalla legge 1967 sono attualmente vigenti anche per le Fondazioni liriche.”
Avv.Lai: “ Sicuramente per quanto riguarda la continuità è così. Ma dato che ogni Fondazione ha il suo statuto , esse sono regolate dal proprio statuto in quanto enti privati.”
Avv.Andretta : “Sì Michele ma non solo dallo statuto però. E’ una situazione anomala , questo sì. Noi abbiamo assistito a una legislazione per queste Fondazioni spesso frammentaria, contraddittoria. Penso alla Legge Bray , in cui i lavoratori delle fondazioni in caso di malattia debbano essere trattati come dipendenti pubblici e quindi con una carenza del 20% della retribuzione.
Avv.Lai: “ Le Fondazioni stanno sempre più spostandosi verso aziende pubbliche. A mio giudizio manca proprio, in questo momento, una norma chiara e intellegibile.
Avv. Andretta : “ E’ una situazione anomala . Un ulteriore punto è questo: le fondazioni lirico sinfoniche dovrebbero per legge costituirsi al 50% con finanziamenti pubblici e al 50% su finanziamenti privati. Il problema è che attrarre soldi privati non è facile, a maggior ragione c’è la necessità di intervenire sulla dirigenza apicale delle fondazioni e di andare a costituire delle nomine sulla base di curriculum che rispecchiano l’esigenza di queste professionalità , cioè attività manageriali e che venga scisso quello che è oggi un potere accentrato dei sovrintendenti , che dovrebbero svolgere e taluni svolgono anche funzioni di direzione artistica. Insomma, bisognerebbe porre in equilibrio le capacità manageriali, organizzative sulla gestione delle fondazioni (avendo anche la capacità di attrarre capitali privati , come fa la Scala o Santa Cecilia, che è una questione di capacità non una questione ambientale, come dicono i più)…faccio l’esempio di Pereira alla Scala che ha prodotto in un anno circa 100 milioni di fatturato rispetto a 18 milioni di sovvenzione pubblica, dove la sovvenzione pubblica è ridicola, sproporzionata rispetto ai capitali privati..”
Avv.Lai: “Una privatizzazione vera, in sede di consiglio di indirizzo , soprattutto ottenendo capitali stranieri , rende assai più difficile l’applicazione dell’articolo 29 sui cantanti italiani. O si riporta tutto al diritto pubblico , allora il Ministero può intervenire …
Avv.Andretta; “Però ci possono essere quote di riserva…”
Avv.Lai: “Non è semplicissimo, va scritto molto bene il bando, affinché non sia impugnato dal Tar. Ma insomma: o c’è una autorità che obbliga per legge e quindi sanziona un sovrintendente che non scrittura artisti italiani, o interviene il Ministero.
Cerco di sintetizzare il Vostro interessantissimo confronto. Al Ministero sarebbe dunque demandato il compito di indicare se in questa fase difficile sia il caso di scritturare in misura prevalente più artisti italiani e di sanzionare eventualmente coloro che all’interno delle Fondazioni scritturano interi cast stranieri, persino in piccoli ruoli?
Avv.Lai: “ Io la vedo esattamente così. E’ il Ministero che dovrebbe prendersi carico di introdurre o criteri speciali ad hoc o norme che riformino il sistema.
Avv.Andretta: “Vorrei fare una osservazione. Sono d’accordo con Michele sulla posizione chiara che deve prendere il Ministero , però c’è un fatto oggettivo da un lato e di mera interpretazione giuridica dall’altro. Il dato oggettivo è che l’art.29 è una norma vigente e se è vigente è cogente. Il problema è che non è prevista una sanzione effettiva e dissuasiva al mancato rispetto dell’art.29, quindi lascia nel limbo questa tutela e quindi ampia discrezionalità al Ministero dei Beni Culturali, che ha l’onere e il dovere nel prendere atto che l’art.29 è vigente e cogente, e stabilire misure sanzionatorie nell’ipotesi del mancato rispetto .In maniera tale da non lasciare all’artista che si senta minato dalla mancata tutela e applicazione di questa norma di dover ricorrere a una azione giudiziaria.Azione che, viste le normative coinvolte, sarebbe lunga , perché toccherebbe sentire il parere incidentale non solo della Corte di Giustizia sulla applicazione corretta di questa norma, ma addirittura ci sarebbe anche l'ipotesi di una pregiudiziale costituzionale che possa far intervenire la Corte costituzionale stessa , con ulteriori lungaggini e incertezze interpretative.Molto probabilmente la stessa Corte , alla luce di provvedimenti che noi conosciamo , direbbe: la norma non è illegittimamente costituzionale oppure conforme alla Costituzione ma poiché non è prevista una sanzione è necessario l’intervento del legislatore per stabilire i termini di effettività e dissuasività , insomma torniamo al punto di partenza. Quindi è necessario cogliere l’occasione per perorare la necessità di un testo unico sulle Fondazioni…noi attualmente abbiamo una Legge quadro e poi, chissà perché , abbiamo avuto la necessità di intervenire sulle Fondazioni con una decretazione d’urgenza (dove l’urgenza non c’era) , con il famoso Decreto 59 del 2019, che ha creato una confusione maggiore rispetto alla disciplina vigente. Una cosa assurda. Invece di semplificare le norme e renderle più chiare , le hanno rese più contorte.
Avv.Lai: “Infatti. E’ mancata una visione unitaria sulle emergenze del momento.”
Avv.Andretta: “ Non puoi mandare avanti un decreto emergenziale su una visione stratificata di 30 o 40 anni. Io sto cercando di portare avanti un ‘azione che annulli il Decreto 59…è assurdo, è contro i principi degli articoli 76 e 77 della Costituzione. Diciamoci la verità, Michele: forse il legislatore ha interesse a mantenere frammentate queste normative, spigolose e contraddittorie?
Avv.Lai : “Sì è la solita condizione di Cenerentola della Musica. Io vedo più disinteresse che altro.”
Avv.Andretta: “Per me è una mancanza di coscienza, soprattutto nei confronti dell’Arte e della Cultura, cioè il patrimonio artistico italiano. Mettiamoci anche il Turismo, che subisce lo stesso trattamento da parte dello Stato e del governo. Cultura e Turismo sono i due punti nodali, fondamentali, degli interessi del paese e su cui si può produrre ricchezza con poco.Se noi andiamo a vedere i dati del PIL degli ultimi cinque anni riguardanti la ricchezza prodotta attraverso Arte,Cultura e Turismo verifichiamo che hanno gli stessi volumi e la stessa importanza di altri settori strategici del nostro paese.
Come vi spiegate un fatto del genere ?
Avv.Andretta: “Un governo serio dovrebbe tener conto di questa situazione!”
Avv.Lai: “ La mia conclusione è che sul piano sanzionatorio c’è un Ministero che controlla in sede di erogazione fondi poi ci sono probabili ispezioni ministeriali , però effettivamente occorrerebbe una maggiore attenzione…”
Avv.Andretta: “ Tutto ciò senza coerenza, caro Michele. Non appena cambiano i dirigenti al Ministero automaticamente cambiano le linee guida, non c’è coerenza. In contraddizione con un principio fondamentale della macchina amministrativa, i famosi principi di correttezza, buona fede e trasparenza che vengono letteralmente buttati nel cestino dei rifiuti!”
Io sono abbastanza sgomento. Una volta stabilito che la Cultura, la Musica,l’Arte , il Turismo sono un nostro bene primario e producono ricchezza, notizia che varrà la pena ribadire a chiare lettere, qual è il disegno perverso? Perché vengono trascurate in questo modo? E’ inspiegabile, ingiustificabile …
Avv.Andretta: “ E’ ingiustificabile . Perdonatemi un inciso: io nasco come giuslavorista presso la FIOM-CGIL .Non è possibile dare la massima attenzione al Gruppo Fiat che sicuramente ha tutte le necessità , le esigenze di sostegno pubblico per le attività produttive e occupazionali (lo si fa da 30 anni a mani basse da parte dello Stato) e da 30 anni invece si sfruttano , realtà oggettiva, le risorse culturali, le risorse artistiche degli italiani e il patrimonio artistico culturale italiano, che è più del 70% di tutto il mondo, concentrato nella nostra penisola. Non è solo il patrimonio del Bel Paese ma del Bel Canto, cioè della Musica. Sono 4 secoli che noi abbiamo inventato di tutto e di più e se poi vogliamo parlare anche delle capacità artistiche e professionali italiane, abbiamo tremila anni di Storia che ce lo confermano .Possibile mai che con un patrimonio del genere non lo utilizziamo ma lo sfruttiamo, a tutto detrimento della maggior parte della popolazione italiana. A Salisburgo e a Vienna c’è una stratificazione culturale di quello che è il loro patrimonio artistico, diffuso su tutta la popolazione, dall’operaio al dirigente, e invece noi non siamo in grado di promuovere all’interno del nostro territorio la cultura e l’Arte come strumento di produzione e di distribuzione della ricchezza? Ma di che cosa stiamo parlando?
Non sarà un fatto di mera ignoranza? Nanni Moretti coniò il motto “La cultura fa paura” …
Avv. Andretta: “ La cultura fa paura perché rende liberi, rende le persone coscienti.”
Avv.Lai: “ Ecco, su questo punto vorrei dire e confermare che c’è ignoranza a 360 gradi, sulle problematiche specifiche del mondo della Musica, sugli Artisti e sulle regole di fatto, sulle consuetudini che da secoli le disciplinano. Io vedo giudici smarriti anche di fronte a un semplice caso di ‘protesta’ di un cantante lirico, lo posso testimoniare come professionista di questo settore. E’ un mondo non molto conosciuto, questo è vero.”
Avv. Andretta: “Quando scrissi il primo ricorso sui contratti dei precari dello Spettacolo, ci ho messo quasi un anno per riuscire a capire loro cosa facevano e come lo facevano.Devo ringraziare quella che era all’epoca una mia assistita e che oggi è mia moglie per l’aiuto. Ho visto negli occhi di moltissimi magistrati su tutto il territorio nazionale un particolare sgomento nell’entrare in queste tematiche e devo dire che la mia fortuna è stata che una delle primissime sentenze, al Tribunale di Napoli, venne fatta da un giudice che oggi è in Cassazione, sezione lavoro, che si era diplomata alla Scuola di Ballo e che quindi capiva perfettamente di cosa stavamo parlando.”
Avv.Lai: “ Io per esempio mi sono diplomato in pianoforte al Conservatorio e sono vicino a tanti musicisti, ma mi rendo conto che il nostro è un mondo di nicchia e non dovrebbe esserlo. Vedo una difficoltà all'approccio , mancano corsi specifici sulla materia, insomma non è facile.
Avv. Andretta: “ Un’altra cosa va detta, non è possibile fare selezioni concorsuali che siano di diritto privato o pubblico per un tecnico o per un artista, per tutti i dipendenti, ma NON per le posizioni apicali cioè per i Sovrintendenti. Eh no…è contraddittorio. Cioè io per diventare un mega direttore alla Fantozzi non ho bisogno di dimostrare nulla poi se devo fare lo scenografo devo dimostrare diecimila cose, c’è una sproporzione ingiustificata, un’assenza di meritocrazia che non può essere tollerata.”
Spinoza diceva che “L’ignoranza è immorale” …
Avv.Lai: “Sottoscriviamo questa sentenza…”
Avv.Andretta: “Citata nella mia tesi di laurea, perché io mi laureai prima in Filosofia poi in Giurisprudenza, è un mio cavallo di battaglia .” |
Giovedì 16 Luglio 2020 12:39 |
Michela Montevecchi, senatrice, vicepresid. 7 Commissione Cultura
Bolognese purosangue, vicepresidente della settima commissione Istruzione pubblica e beni culturali, la senatrice Michela Montevecchi è pronipote del famoso soprano Pia Tassinari, una delle più intense e significative interpreti negli anni Trenta del secolo scorso.
Con un certo giustificato orgoglio e commozione la senatrice ricorda la sua amata prozia , che aiutò tantissimo i suoi nipoti oltre ad aver dato tanto all’arte lirica italiana.
“In omaggio a Lei mi dedico tantissimo alle questioni operistiche, qui in Parlamento, voglio ricambiare la sua grande generosità” , esordisce.
Il DNA non mente mai…
“ Il mio unico grande cruccio è che sono stonata come una campana…”
Senatrice, nel corso delle inchieste che sto conducendo da oltre due mesi e sulla base delle notizie che quotidianamente giungono a noi, si sta rivelando un quadro abbastanza desolante riguardo alcune Fondazioni liriche.Un quadro che lascerebbe pensare al peggio tra scandali, bilanci non chiari, deficit, la scadenza della legge Bray a dicembre. Lei come vive questa situazione? La politica come affronta queste tempeste?
“Guardi, io sono come Le ho detto legata affettivamente a questo mondo e non voglio parlare di quadro desolante.Preferisco parlare di un momento di grande difficoltà, in cui ci sono parecchi nodi da sciogliere e in cui la politica deve assolutamente impegnarsi per trovare le soluzioni giuste. Lei parla con una persona che in tempi non sospetti , quando nella scorsa legislatura facevo parte di una forza politica di opposizione, ha portato avanti delle battaglie, ha posto in luce delle criticità e ha fatto proposte per risolvere queste criticità. Oggi secondo me non si può più rimandare un discorso di revisione di questo sistema e di presa in carico, ma davvero, di una riforma radicale di certi meccanismi.”
Lei è nota per essere molto determinata nelle Sue prese di posizione. Vogliamo aiutare il pubblico a capire quali sono esattamente queste criticità e quali vanno assolutamente combattute.Io individuo principalmente due filoni: uno è quello amministrativo, poiché indubbiamente la gestione di alcuni teatri è molto allegra con sprechi, confusioni e incongruenze , un ‘altra è la questione della corruzione che ha invaso questo mondo, come leggiamo dall’inchiesta nata al Regio di Torino. Lei come vede questi due aspetti?
“ A mio avviso, alcune criticità sono propedeutiche (mi passi il termine) a un ragionamento successivo , perché noi comunque ci portiamo dietro un problema ancora irrisolto derivante dalla natura ibrida di certe istituzioni. Da una lato c’è una forma di fondazione “privata” a cui è riconosciuto giustamente un interesse “pubblico”: da questa condizione ibrida si generano tutta una serie di problematiche anche per l’interpretazione di certe misure, che nel tempo poi hanno causato anche dei problemi gestionali.”
Quindi , per prima cosa serve una legge che regoli questa questione ambigua…
“ Dovremmo finalmente decidere se il comparto vada considerato privato o se riteniamo di aprire una discussione e un confronto su come renderlo pubblico. Il problema è che questa natura ibrida fa sì che talvolta le fondazioni siano considerate enti di diritto privato e talvolta come enti di diritto pubblico, anche se in realtà sono giuridicamente private.”
Sono giuridicamente private ma con soldi pubblici però…
“Percepiscono legittimamente soldi pubblici perché al comparto viene riconosciuto, giustamente. un interesse pubblico. Ricordiamoci che l’Opera lirica è la nostra “amabasciatrice nel mondo” ,ma non solo: la Lirica ci rende simpatici, ci apre le porte dei contesti culturali internazionali…”
L’Italia viene rispettata grazie all’Opera?
“ Sì…laddove l’Italia soffre talvolta di una rappresentazione negativa legata ad altri fenomeni che la interessano. Quindi io credo che questo nodo vada assolutamente risolto, se vogliamo poi procedere con la massima chiarezza. Non dimentichiamo che questa ambiguità è ricaduta sulle spalle dei lavoratori delle masse artistiche, coloro che più hanno pagato in questi anni e continuano a sopportare il peso delle difficoltà. Poi dovremo anche capire se noi intendiamo la cultura come una azienda, quindi con i conti in pareggio e magari anche capace di generare un profitto o se invece noi consideriamo la cultura una ricchezza intellettuale e spirituale, con un bilancio non tangibile, vista come arricchimento di una persona. Una bellezza da cui il cosiddetto “Made in Italy” trae costante ispirazione e crea produzione, generando così una ricchezza indiretta. Un indotto vero e proprio, tenendo però sempre presente la necessità di avere gestioni trasparenti, adeguate, corrette e oculate che abbiano come obiettivo il pareggio di bilancio. Senza mai dimenticare che è un comparto che va sostenuto, proprio per la ricchezza intangibile che genera.”
Quando potrà essere prodotta , secondo Lei, questa famosa legge quadro?
“ Le rispondo ma mi faccia dire che sono molto preoccupata da ciò che leggo sulla norma 160 del 2016, che prevede declassamenti e altre misure penalizzanti per questo comparto …”
La famosa Legge Bray, il prossimo 31 dicembre, giunge alla sua risoluzione conclusiva…
“ La famosa Legge Bray proponeva la rinegoziazione e ristrutturazione del debito con tutta una serie di misure che sono ricadute sulle spalle delle masse artistiche e tecniche. Poi nel luglio del 2016 è arrivato un articoletto nella Legge 160, dove è previsto il declassamento per i teatri che non avessero raggiunto determinati obiettivi e altre misure di contenimento della spesa a carico sempre dei lavoratori, e in subordine -se non ricordo male- anche il reparto dirigenziale. A tutto ciò hanno fatto seguito alcune proroghe della Legge Bray e poi, mi dispiace dirlo, nel luglio del 2019 nel Decreto Cultura dell’allora Ministro Bonisoli si reiterarono norme che davano la facoltà di licenziare o comunque rivedere le piante organiche qualora non fossero stati raggiunti determinati obiettivi.”
In un incontro che ebbi tempo fa con l’attuale Segretario Generale dello Spettacolo, Nastasi, mi venne fatto un quadro abbastanza preoccupante dei teatri italiani (non tutti, certamente) , schiacciati da debiti endemici e sostanzialmente irrecuperabili.In sostanza l’idea era quella di mantenere alcune grandi Fondazioni estremamente rappresentative, come poli di attrazione essenziali. In questi ultimi anni la situazione debitoria di alcune Fondazioni si è ulteriormente aggravata , siamo arrivati al capolinea?
“ Se c’è la volontà politica di far ripartire un comparto su basi più virtuose, adeguate, per far esprimere al meglio la qualità artistica complessiva, nulla è impossibile. Io non voglio rassegnarmi a una visione apocalittica del genere, non voglio neanche pensarci. E’ chiaro che in questi ultimi anni abbiamo assistito al fenomeno delle grandi “città d’Arte” concepito come poli di attrazione del turismo di massa, quindi al concetto delle “poche grandi istituzioni Lirico-sinfoniche” come se l’Italia non fosse un paese con un tessuto culturale molto esteso sul territorio , anche nei più piccoli meandri e nelle più piccole comunità. Un tessuto culturale che va valorizzato nella sua totalità non solo per il rilancio economico del territorio ma proprio per la funzione sociale che la cultura in tutte le sue articolazioni artistiche ha per la comunità di riferimento. Abdicare a sostenere una cultura diffusa per ragionare su grandi poli di attrazione significa rinunciare a sostenere la funzione sociale che la cultura ha da sempre, come generatore di ricchezza intangibile che fa di noi le persone che siamo. Fermo restando che il problema delle Fondazioni è la governance . Noi abbiamo chiesto nella scorsa legislatura e in questa una riforma della governance all’interno delle Fondazioni. Nella scorsa legislatura riuscii in aula, con un colpo da maestro, a farmi approvare un emendamento che prevedeva in caso di mala gestio acclarata dei sovrintendenti il loro allontanamento e l’impossibilità di ricoprire nuovamente quell’incarico in altre Fondazioni. Purtroppo non venne mai fatto il decreto attuativo e dunque è rimasta una norma senza decreto attuativo. Ci stavamo lavorando con il Ministro Bonisoli, poi è cambiato il governo. Ma io non demordo.”
Fa benissimo, è una norma fondamentale. Come per i magistrati, se un giudice sbaglia perché non deve pagare per il suo errore?
“Assolutamente. Questo va anche tutela di chi gestisce bene, per gli artisti e tutto il comparto. E’ una norma che tutela i bravi sovrintendenti, i bravi direttori artistici. Chiedere trasparenza, chiedere meccanismi di selezione delle cariche apicali un pò più slegate dalla politica, credo che vada a beneficio di tutti, quelli che hanno talento. Ci sono questioni che intaccano il sistema e fanno sì che il sistema appaia come non funzionante.Così non va.”
Non va, certo. Pensavo anche alla questione delle consulenze che si aggiungono alle normali figure previste dai regolamenti. Già il sovrintendente dovrebbe per statuto assumere il ruolo di direttore artistico, ma a questa figura oggi si aggiunge ulteriormente il casting manager. Si consideri il caso del San Carlo, che recentemente si ero protagonista di una polemica legata al depennamento di circa 100 artisti scritturati dalla precedente gestione. Fortunatamente parte di questi è stata riciclata , grazie anche alla Barcaccia di Rai Radio3 che si è battuta per farli riscritturare.
“Non entro nella questione specifica. E’ chiaro che il discorso delle consulenze vada affrontato, come anche la questione dei costi troppo elevati di talune produzioni o di forniture dai costi troppo alti. E’ chiaro: ci sono questioni legati alla gestione che in alcuni casi non hanno funzionato e per questo si generano queste situazioni. A mio avviso andrebbe rivisto il meccanismo di reclutamento e di selezione delle cariche apicali, che costituiscono la governance. Non metto sul banco degli imputati tutti i sovrintendenti ma pongo la questione della governance, cioè la “cura” necessaria per la gestione di queste Fondazioni.”
Io La ringrazio per la chiarezza e la Sua disponibilità. Le chiedo in conclusione: questa famosa legge cui stava lavorando l’ex Ministro Bonisoli, verrà ripresa o no?
“Bonisoli stava lavorando su una proposta di revisione licenziata dal Ministro Franceschini nel 2017, Codice dello Spettacolo dal vivo, per cui io presentai numerosi emendamenti, tra cui quello di cui Le ho parlato prima. Alla luce di tutto quello che sta accadendo, aspettando che le indagini nate a Torino vadano avanti, direi che sia il caso di prendere atto che è giunta l’ora di compiere dei passi concreti. Questo comparto merita di ripartire ma su basi diverse. A me piace dire ‘ andrà tutto bene se non sarà tutto come prima’. Se sarà tutto come prima, nulla andrà bene. Io ci sono, gli strumenti ci sono per un confronto e un esame con il Ministro.” |
Mercoledì 15 Luglio 2020 21:02 |
Alcuni amici residenti all’estero ripetono una domanda che è quasi diventata un disco: “Cosa sta succedendo presso i Teatri italiani?” .In effetti è la prima volta da decenni che ogni giorno esce almeno una notizia riguardante lo stato “comatoso” (?) dei teatri d’Opera italiani, tra scandali , inchieste, interrogazioni, interviste, articoli che puntano il dito su incongruenze, fallimenti, incompetenze e altre amenità del genere.
Una questione mi pare emerga su tutte e merita delle considerazioni speciali. Cos’è “mafioso” nel sistema che regola le vicende operistiche in Italia, dall’organizzazione teatrale ai rapporti con le agenzie, le società di comunicazione, i cantanti, i giornalisti,i politici?
Mafia è una parola grossa e viene quasi sempre associata alla criminalità organizzata: alle stragi, al traffico della droga e delle armi, ai rapimenti, al racket, al “pizzo” , leggevo oggi persino ai soldi stanziati per il virus.
Giovanni Falcone, uno che di mafia se ne intendeva e che per la lotta alla mafia sacrificò la vita, disse una frase che resta definitiva: “Per combattere la mafia e contrastarne il potere bisogna seguire la traccia dei soldi”. E’ chiaro che il fine ultimo è quello di accumulare danaro, ricchezza, e con questa garantirsi potere e predominio, più tutta una serie di privilegi.
Il mondo dell’Opera è un mondo minuscolo: i dipendenti delle Fondazioni lirico-sinfoniche sono in TUTTA Italia appena 5000, nulla rispetto ad altre realtà. Vogliamo fare un piccolo confronto per capire di quale indotto economico stiamo parlando? La Champions League calcistica vale per una sola stagione circa 2 miliardi e mezzo di euro, il FUS Fondo Unico per lo Spettacolo ripartito per le Fondazioni lirico sinfoniche (che assorbono circa il 52% di tutti i contributi statali) è di circa 180 milioni di Euro, per TUTTI i teatri attivi nel nostro paese. Sono briciole rispetto al Calcio, quisquilie, bazzecole. Eppure sulla base di queste invero scarsissime risorse in Italia ci si scanna :agenti che vogliono avere il monopolio su tutte le piazze, dirigenti che viaggiano alla media di due milioni e mezzo di deficit in otto mesi di lavoro (vedi il caso del Regio di Torino) , direttori artistici di un recente passato che hanno portato quasi alla bancarotta le bomboniere dorate che tanto diletto donano al pubblico, con produzioni ipercostose , sprechi, varie ed eventuali.
Ma cos’è che anima in maniera tanto perversa il mondo del Teatro d’Opera? Quali sono le ragioni profonde oltre l’incapacità gestionale di alcuni? Cos’è la “mafia” in Teatro?
E’ un determinato comportamento, individuale o collettivo, una vera e propria “pratica sociale” come sostengono i più importanti studiosi della materia. La mafia in quanto tale non è una organizzazione segreta e basta bensì un “modo di essere” , che ormai si è ben radicato nel paese, a tutti i livelli.
Io ti do una cosa a te , tu mi dai una cosa a me, “non c’è amicizia che tenga senza la canestrella che vada e quella che venga” . Alle origini di questo fenomeno c’è il mutuo soccorso, la mano (non ancora nera) data all’amico per mandare avanti la sua pratica , la sua assunzione, la sua promozione, la sua scrittura. Il parentame che scende in campo: “è la figlia di…” , “è il nipote di…” , “è l’amante di…” , ovviamente con una corsia preferenziale per chi condivide amicizie importanti nella politica, nella magistratura. A tutti gli effetti ciò corrisponde a un classico atteggiamento mafioso, a un sistema mafioso certamente non delinquenziale e nemmeno illecito (nessuna legge proibisce la scrittura di un artista perché “figlio o nipote di…”) ma moralmente assai discutibile, soprattutto se tali rampolli finiscono per risultare incapaci o peggio disastrosi nelle loro prestazioni musicali.
Un tipico atteggiamento mafioso è quello intimidatorio: il ricatto, la minaccia, l’intimidazione, la diffida o la querela intesa come lite temeraria. In quest’ultimo caso siamo di fronte a un’azione legale o resistenza ad essa esperite con malafede e colpa grave, ossia con consapevolezza del proprio torto o con intenti dilatori o defatigatori.Si tratta d'una ipotesi di "responsabilità aggravata" di cui al comma 1 dell'art. 96 del codice di procedura civile italiano. In sostanza chi sporge querela ai fini di “zittire” una inchiesta, o “imbavagliare” chi cerca di informare sulle proprie malefatte è passibile di immediata condanna da parte del giudice. Stavo seguendo un interessante dibattito sulle minacce ricevute dal giornalista Giletti in merito alle sue recenti inchieste sulle scarcerazioni dei mafiosi, operate durante la quarantena.
Agli amici che seguono le vicende del “Sistema Opera” , avviatesi con l’inchiesta di Torino e con alcune speciali trasmissioni della Barcaccia dedicate all’argomento, do appuntamento alle notizie che stanno per giungere. Garantita una estate “calda” .
(English translation)
Some friends living abroad repeat a question that has almost become a record: "What is going on at the Italian theaters?" In fact, it is the first time in decades that every day news comes out at least concerning the "comatose" state (?) Of Italian opera houses, amid scandals, investigations, interrogations, interviews, articles that point the finger at inconsistencies, failures , incompetence and other such amenities. A question seems to me to emerge above all and deserves special considerations. What is "mafia" in the system that regulates opera events in Italy, from the theater organization to relations with agencies, communication companies, singers, journalists, politicians? Mafia is a big word and is almost always associated with organized crime: the massacres, the trafficking of drugs and weapons, the kidnappings, the racket, the "lace", I read today even to the money allocated for the virus. Giovanni Falcone, someone who knew about the Mafia and who sacrificed his life for the fight against the Mafia, said a sentence that remains definitive: "To fight the Mafia and fight its power, you have to follow the track of money". It is clear that the ultimate goal is to accumulate money, wealth, and with this guarantee power and dominance, plus a whole series of privileges.
The world of Opera is a minuscule world: the employees of the lyric-symphonic foundations are ALL 5000 in ALL Italy, nothing compared to other realities. Do we want to make a small comparison to understand which economic activity we are talking about? The Champions League for football is worth about 2 and a half million euros for a single season, the FUS Fondo Unico per le Spettacolo distributed for the symphonic opera foundations (which absorb around 52% of all state contributions) is around 180 million euros. , for ALL theaters operating in our country. They are crumbs compared to football, trifles, trifles. Yet on the basis of these indeed very scarce resources in Italy we split: agents who want to have a monopoly on all the squares, executives who travel at an average of two and a half million deficits in eight months of work (see the case of the Regio di Torino ), artistic directors of a recent past that have almost led to the bankruptcy of the golden favors that they give so much to the public, with hyper expensive, wasteful, various and eventual productions. But what is it that animates the world of Opera in such a perverse way? What are the profound reasons beyond the managerial inability of some? What is the "mafia" in the theater? It is a certain behavior, individual or collective, a real "social practice" as claimed by the most important scholars of the subject. The mafia as such is not a secret organization and is enough but a "way of being", which has now become well established in the country, at all levels.
I give you something to you, you give me something to me, "there is no friendship that keeps without the basket that goes and that that comes". At the origins of this phenomenon there is mutual aid, the hand (not yet black) given to the friend to continue his practice, his hiring, his promotion, his writing. The relationship that takes the field: "is the daughter of ...", "is the grandson of ...", "is the lover of ...", obviously with a preferential lane for those who share important friends in politics, in the judiciary. To all intents and purposes this corresponds to a classic mafia attitude, to a certainly non-delinquent and even illicit mafia system (no law prohibits the writing of an artist because "son or grandson of ...") but morally highly questionable, especially if these offspring end to be incapable or worse disastrous in their musical performances. A typical mafia attitude is the intimidating one: blackmail, threatening, intimidation, warnings or lawsuits intended as reckless quarrels. In the latter case we are faced with a legal action or resistance experienced with bad faith and gross negligence, that is, with awareness of one's own wrongdoing or with dilatory or defatigent intent. It is a hypothesis of "aggravated responsibility" of which in paragraph 1 of art. 96 of the Italian Civil Procedure Code. In essence, those who file a complaint in order to "silence" an investigation, or "gag" those who try to inform about their wrongdoings are liable to immediate conviction by the judge. I was following an interesting debate on the threats received by the journalist Giletti regarding his recent investigations on the release of the mafia, made during the quarantine. To friends who follow the events of the "Opera System", which started with the Turin investigation and with some special Barcaccia broadcasts dedicated to the topic, I give an appointment to the news that is about to arrive. A "hot" summer is guaranteed.
|
|
|