1956: all'Opera di Roma Giuseppe Di Stefano, Clara Petrella e Boris CHristoff cantano l'Iris di Mascagni, mentre negli studi della Rca, sempre a Roma, Robert Merrill, Roberta Peters e Jussi Bjoerling incidono il Rigoletto. Alla Scala di Milano la Callas canta Fedora e Amelia nel Ballo in maschera, mentre incide Leonora nel Trovatore con Karajan per la Emi.
Bastino questi pochi dati per capire che razza di anni furono gli anni Cinquanta per chi ama l'Opera. Anni di vacche grasse, il trionfo del melodramma assoluto.
Nel 1956 Alberto Sordi gira un film che è il manifesto di ogni cantante lirico: "Mi permette babbo".
E' la storia di un giovane basso, pieno di entusiasmo e con un vocione assai promettente, che vittima d'un maestro di canto senza scrupoli (avido di danaro e bisognoso di salutari bistecche) , non riesce mai a debuttare. Finalmente l'occasione arriva: il dottor Grenvil in Traviata, una particina ma all'Opera di Roma, nientemeno con Rosanna Carteri protagonista.
Ad Alberto la parte sta stretta , non ci sono arie ma solo frasi seppur importanti "La tisi non le accorda che poche ore". Giunto all'agognata prima, Sordi-Grenvil dà il meglio di sé stesso: esegue un'ottava sotto la famosa frase e, contro ogni tradizione del tempo, esegue il finale "E' spenta!" di solito tagliato.
L'apparizione di Verdi sul podio è uno dei momenti più esaltanti e anche commoventi del film, in cui si manifesta appieno l'amore di Sordi per il teatro d'Opera (studiò canto da ragazzo e il padre fu basso-tuba nell'orchestra dell'Opera di Roma) e le sue indubbie doti vocali.
A fianco di Sordi un cast stellare, con Aldo Fabrizi, il mitico Turi Pandolfini, Paola Borboni, Riccardo Billi, oltre a Rosanna Carteri e un fantastico Giulio Neri, il più grande basso profondo italiano.
Le verità celate dell'affaire MUTI-SCALA (1986-2005)
Un periodo denso di luci e ombre, ora finalmente svelate
Un maestro tanto glorioso e longevo quanto fu Arturo Toscanini non poteva non creare epigoni, a volte eccezionali musicisti , a volte pallidi imitatori, in altri casi folli succedanei.
Si annoverano schiere di toscaniniani, a partire dai suoi assistenti Erich Leinsdorf, George Szell, celebri per la precisione e lo stacco irresistibile degli "allegri"; come non ricordare il grande Guido Cantelli, pupillo di Toscanini, scomparso giovanissimo in un incidente aereo,Antonino Votto, protagonista di grandiosi eventi scaligeri, o Lorin Maazel, ancora oggi insuperabile per l’infallibile memoria e per una certa qual cupidigia.
In genere i toscaniniani appartengono a quel genere di maestro che corre, come inseguito da una muta di lupi affamati o come lui stesso all'inseguimento di un treno; l'effetto è quasi sempre quello di orchestre portate al parossismo, spinte verso gare di velocità sempre più pericolose, concertati al calor bianco, cabalette simili a tarantelle, qua e là ritmi e colori che rievocano il folclore delle sagre paesane. E' una sindrome che definirei inevitabile, cronica, il "toscaninismo" e , come tutti i vezzi, ciò che è grande nel modello originario diventa parodistico nell'imitatore.
Con Riccardo Muti , direttore musicale della Scala fino alla primavera del 2005 dopo circa un ventennio , l'eredità toscaniniana si fece "missione" :l'investitura sembrò avere origini divine , come si dedusse dalle frequenti , auliche citazioni che Muti utilizzò durante le sue conferenze o persino prima o dopo le sue esecuzioni pubbliche.
Muti, paradossalmente molto più di Toscanini, si propose in tutto il suo fulgore come il Gran Maestro del Podio, il super Direttore megagalattico , le Roi Soleil delle bacchette , tanto da spingere Franco Zeffirelli a definirlo tout court e molto meno simpaticamente :" il Rais della Scala".
Di origini pugliesi (padre medico a Molfetta, stimatissimo) , ma con studi napoletani , Muti compì la sua éscalation un grado dietro l'altro, come un bravo, paziente muratore, prima accumulando successi al Maggio Fiorentino, poi a Philadelphia, negli Stati Uniti, eccellendo nel repertorio sinfonico quanto in infuocate recite operistiche.Più che di LOggioni si dovrebbe parlare di Logge: sembra infatti che fosse proprio la Massoneria (Firenze e Philadelphia ne sono appunto due rinomate capitali) a proteggere e a favorire l’ascesa del temperamentoso maestro.
La sua cifra caratteristica è l'impeto, la veemenza; l'orchestra è una fiera da domare, al posto della bacchetta potrebbe tranquillamente brandire un bastone da maresciallo o uno scudiscio.Il compianto maestro Sinopoli lo chiamava, appunto, "il Maresciallo".
Con il fondamentale aiuto della moglie Cristina,soprano di incerto valore proveniente da una importante famiglia della cosiddetta "Ravenna-bene", Muti pur attentissimo alle corone e alle cadenze, non trascura pubbliche relazioni e stampa, costruendo un'immagine forte, autoritaria, vincente; per una ventina d’anni non vi fu praticamente giornata in cui non fosse comparso un articolo inneggiante su Corsera o Repubblica, corredato da relativa foto con ciuffo al vento. Peana più che recensioni, visto che era severamente proibito parlar male del Domineddio. Ne sappiamo qualcosa noi della Barcaccia e forse è questa la buona occasione per rivelare qualche utile retroscena.
1995. Siamo nel pieno dell'Era Muti . Va in scena il Mefistofele di Boito e il sottoscritto, penetrato furtivamente in loggione (l'ufficio stampa della Scala aveva l'ordine di non far entrare i conduttori della Barcaccia, pena- si immagina- la pubblica flagellazione) assiste allo spettacolo. Va detto per inciso che, mentre i giornali riportavano puntualmente notizia di trionfi, in teatro le cose non stavano propriamente così. Fischi ce n'erano, dissensi, e pure parecchi. Così accadde anche durante il Mefistofele, conclusosi con una sorta di baraonda orchestrale e corale , tra le più confuse e assordanti ch'io abbia mai sentito. La recensione fatta in Barcaccia non piacque ai vertici scaligeri, Muti e lo stesso Fontana in testa (all'epoca molto solidali). Il sovrintendente giunse a chiedere un miliardo e mezzo di vecchie lire di danni (750.000E) per i 7 minuti di musica trasmessi, pur spezzettati da commenti.
Questo l'antefatto. Nell'estate del 1995 la trasmissione lavorò in sinergìa con Rai3 per il programma "Operaquiz" di Rosaria Bronzetti.Il Direttore della rete , Tantillo (un carissimo amico)mi telefonò in pieno luglio, passata la mezzanotte, e mi disse (riporto a memoria il succo della telefonata):
"Ciao Enrico, scusa l'ora. Hai amici molto potenti in politica? Se li hai...muovili e muoviti subito, poiché vengo da una cena con la Moratti (all'epoca Presidente della Rai) e Muti , in cui quest'ultimo ha chiesto la vostra testa (mia e di Michele Suozzo) e la sospensione del programma."
"Ah" , feci io " E la Moratti?"
"Ha preso nota, muoviti!", fu la risposta.
Sarà utile,a tale proposito , un articolo apparso proprio quell'anno su "Repubblica", che qui riporto:
Repubblica — 12 luglio 1995 pagina 34 sezione: SPETTACOLI & TV
"CHE Muti sia esuberante è ormai un dato di fatto ma che sia disinformato, sinceramente mi dispiace. Tanto per fare un esempio la Rai offre da anni un servizio quotidiano sull' opera che, nel mondo della cultura musicale, per quanto riguarda i media, è a livello di Cenerentola. E questo solo per contestargli le accuse che fa all' emittenza pubblica. Maestro, mi sembra davvero inopportuno. Non mi dica che la Fininvest offre un servizio migliore, solo perché ha stipulato con la Scala un contratto per riprendere la Filarmonica che, mi scusi, non è certo una grande orchestra anche perché si è formata da poco. Non credo che quella trasmissione domenicale su Retequattro sia più pregevole di tutto quello che si fa a viale Mazzini". Non usa giri di parole Enrico Stinchelli per rispondere al ' j' accuse' lanciato lunedì da Riccardo Muti contro il trattamento che riceve la cultura in Italia e, in particolare, contro la Rai, accusata di ignorare la musica seria. Melomane convinto e conduttore, insieme a Michele Suozzo, della trasmissione radiofonica tutta musicale La barcaccia e del programma televisivo di RaiTre Prima della prima-Opera quiz, duecentomila spettatori, il 4 per cento di share, Stinchelli aggiunge: "Basta con questa tirannide scaligera che ci devasta. Ci sono anche altri teatri degnissimi, anzi, ottimi. Come Catania, Palermo, Bologna, il Carlo Felice di Genova. E invece sembra che esista solo e soltanto la Scala. Ripeto, è una tirannide e nemmeno tanto giustificata. Ho seguito tutto il cartellone di quest' anno, quasi tutte le opere sono state un disastro, con l' eccezione della Valchiria e dei Racconti di Hoffmann, il resto è stato un' ecatombe, regolarmente fischiata. Prendiamo la Traviata, terribile. La Fabbricini era pure stonata" continua Stinchelli "La tv brilla per la sua assenza afferma il maestro? E' ' colpevole' di disinteresse verso la musica? Io non direi, tanto per cominciare, e chiedo scusa perché parlo bene di un programma mio e del collega Suozzo, c' è Prima della prima, con tutto il suo lavoro settimanale di riprese fatte sui palcoscenici e spesso nelle situazioni più difficili, senza contare che siamo riusciti ad ottenere una interattività con la radio che consente di non interrompere il filo della musica. Insomma, siamo in rete alle 12, replichiamo alle 20 e poi siamo in video alle 23.50. Muti, abbia pazienza se insisto, le sembra poco? Nemmeno negli Stati Uniti ci battono; dal punto di vista radiofonico solo alcune radio locali trasmettono più ore di musica. E non per vantarci ma domenica uscirà sul ' New York Times' un articolo che riguarda la trasmissione di RaiTre perché dall' autunno avremo con noi il titolare americano di ' Opera fanatic' , uno specialista in pettegolezzi da palcoscenico che ci racconterà tutto di tutti". Non usa mezzi termini Enrico Stinchelli nel rispondere al maestro Riccardo Muti e nel rintuzzare le sue lamentele sul destino della cultura in Italia. "Il suo mi sembra un tono tutto milanese, inutilmente piccato, simile a quello che usa il sovrintendente della Scala Carlo Fontana quando mandiamo in onda le opere del lirico lombardo per intero con tanto di fischi e ' buuh' ; prendersela con la Rai mi sembra un atteggiamento vetero-leghista e non perché io mi senta un aziendalista di ferro, vistio i problemi che creo, nel mio piccolo. Oltretutto, tanto per restare in tema di esclusiva , ricordo al maestro che la radio trasmette tutte le prime scaligere, dico tutte. Questa di parlar male della Rai mi sembra una moda. Insomma, le battute di Muti sono intempestive. Per la cultura musicale si fa molto. Va bene, cercheremo di fare di più, ma non perché Muti tuona dal podio della Scala". E sul riferimento diretto del maestro alla morte di Benedetti Michelangeli e al concerto-ricordo trasmesso alle due e mezzo di notte da RaiTre? "Credo che sia stata una svista, non nostra, naturalmente, ma di Riccardo Muti, forse l' hanno informato male. Il giorno in cui il grande pianista è morto, alle 23 è stato trasmesso un concerto e Prima della prima è saltato, e mai scompaginamento del palinsesto fu mai più giustificato e doveroso; poi, nei giorni seguenti, ci sono state delle repliche, genere Schegge e, ovviamente, gli orari sono stati dei più diversi, quindi sul caso specifico non esiste polemica. Eventualmente si può obiettare sul fatto che Opera quiz venga trasmessa tardi, quando la gente è stanca e magari non ha voglia di ascoltare acuti. Abbiamo scritto a Luigi Locatelli, responsabile della rete, e lo hanno fatto anche molti teleutenti, siamo in trattative per uno spostamento o, comunque, l' idea potrebbe essere quella di un settimanale più lungo. Oppure, altra ipotesi, sempre interagendo con la radio, una specie di striscia folle. Perché questo è un mondo di matti". - di ALESSANDRA ROTA
Cosa accadde? Il programma fu effettivamente sospeso da Radio3, senza alcuna motivazione plausibile, a settembre venne collocato un nuovo programma dal titolo, involontariamente (?) ironico "Palco reale"e dovemmo faticare non poco per essere re-integrati a gennaio, dopo una pioggia di lettere di protesta e di richiesta degli ascoltatori e dopo, confesso, aver seguito il primo consiglio del direttore Tantillo, rivelatosi vincente. Questi i fatti.
Da gennaio 1996 iniziai il ciclo "Mutiful", 22 puntate di una fiction (ma mica tanto) dedicata al Maeschhtro e alle sue eroiche gesta.
Nella fase finale del suo dominio scaligero, Muti aggiunse al suo repertorio una sintomatica tendenza al comizio, laddove l'antico e tristemente celebre balcone di piazza Venezia si trasformò nel podio: da lassù, sguardo fiero e mascella volitiva, il Maestro ha discettato, rivelato, pontificato, scagliandosi ora contro i tagli ai fondi per la musica in Italia, ora contro le guerre, ora contro la fame nel mondo. Ad Ancona, inauguratosi il nuovo Teatro delle Muse, giunse a criticare il restauro della sala, aggiungendo alle sue ben note conoscenze in campo musicale anche insospettabili cognizioni architettoniche.
La Scala è stata ovviamente il suo tempio, sede di trionfi ma anche dei suoi mal digeriti disastri, sempre sottaciuti- come si è detto- dalla stampa compiacente e dai principali mezzi di comunicazione: dalla Traviata eseguita dal Maestro al pianoforte, per scongiurare eroicamente uno sciopero selvaggio, ai Vespri siciliani fischiati e buati come non mai; dal Trovatore senza do ma con la contestazione personalizzata ("Questi fischi sono per lei, maestro!", gridato da un loggionista esasperato), al trionfale Otello con Domingo al capolinea, l'intera Tetralogia wagneriana , il Parsifal, addirittura un Rossini inatteso (Donna del lago) , il prediletto Gluck (buono sempre per salvare qualsiasi inaugurazione), Mozart, il Puccini della Tosca e della Manon Lescaut, il Mefistofele di Boito. Dopo circa un ventennio di dominio assoluto e assolutista, il colosso mostrò i suoi piedi di argilla e si frantumò violentemente: nel marzo del 2005 , dopo il maldestro tentativo da parte del Maestro di spodestare il sovrintendente Fontana e rimpiazzarlo con un proprio “Leporello” , scoppiò la bomba.
Una umiliante votazione assembleare dei dipendenti scaligeri, riuniti all’interno del teatro, sconfessò Muti in toto (due voti a favore e circa 700 contrari!) , costringendolo dopo una resistenza di 15 giorni alle irrevocabili dimissioni. Si chiuse così un periodo molto controverso della storia scaligera.
Carissimo Enrico...ho provato un'immenso dolore nell'apprendere la scomparsa di uno straordinario uomo...di una delle più belle voci da baritono "VERO" che siano mai esistite... grazie a te ho condiviso forse i momenti più belli che un modesto baritono come me abbia potuto passare accanto a lui (le nostre preziose sigle de "LA BARCACCIA"..."TOSCA" per la Rai e per casa Bassi...momenti indimenticabil) nella mia carriera..L'ho incontrato a Lucca dove facemmo una bellissima produzione di ELISIR D'AMORE lui Dulcamara io Belcore... e poi i miei inizi quando ancora studiavo a Firenze e non potendo comprare il biglietto per andare ad ascoltarlo al Teatro Comunale me lo procurava lui e poi mi offriva sempre il pranzo alla BUCA MARIO un ristorante molto rinomato a Firenze negli anni '70...ogni volta che lo incontravo mi dava sempre dei consigli disinteressati e preziosi facendomi sempre capire che LA PAROLA I SOTTOTESTI erano fondamentali in palcoscenico...Mi sento molto più povero ma lassù nel cielo si sono riunite forse le due più belle voci del MONDO ETTORE BASTIANINI E GIUSEPPE TADDEI....scusami Enrico ma mi sono sfogato con te perchè so quanto gli volevi bene...
Grazie, Enrico.... Belle parole le tue di oggi, tant'è che sono partito da casa per andare a salutare Peppino di persona. Era bello, nel suo abito scuro. Sembrava riposare. Aveva poggiato di lato il suo immancabile berretto della ferrari. Sono rimasto un attimo con lui, solo, e gli ho sussurrato: Signore, v'assista il cielo.... e per un attimo mi è ... parso che si stesse per rialzare. Poi un leggero bisbiglio mi è giunto all'udito....." Ragazzo, inizio le prove di Falstaff proprio domani, con tutti i miei colleghi più amati, e con Verdi che fa la regia e che è felice di poter lavorare, finalmente, col Falstaff più grande di tutti i tempi". Io gli ho risposto: " in bocca al lupo, Peppino. Scusami se non sarò alla recita, ma mi pare di esser ancor giovane per venire dove sei ora. Ha risposto...... "le repliche saranno INFINITE, vieni quando vuoi......non ci sono i tagli dei fondi nel Mondo dove vado. Il paradiso è bello pure per questo !!!! "
Nel coro della Rai ero molto amica di Ester Casas Taddei ex nuora del grande Taddei e mi raccontava sempre di lui mi sembrava di conoscerlo,quando lo incontrai a Torre del Lago mi colpì la sua semplicità era una persona eccezionale,la voce e la sua arte erano il massimo della teatralità e della bellezza,una vera voce scura naturalmente al servizio di una grande anima...purtroppo anche se aveva 93 anni volevamo che vivesse in eterno,come per la Simionato della quale ero amica,e dunque sicuramente queste grandi personalità sono lassu' in un mondo migliore...qui da noi sono nell'eternità del bello assoluto...
Anch'io vorrei dire una piccolissima cosa che riguarda proprio Taddei. Da bambina mi innamorai di Mozart, era il 1956, il suo bicentenario. Poco più tardi ascoltai per la prima volta Taddei nelle Nozze di Figaro. Ebbene, per tanti anni ho cercato nella voce di tanti altri grandi quella prima em...ozione, ma non l'ho mai più ritrovata. La sua interpretazione mi è rimasta nel cuore.
Un classico esempio di danari buttati dalla finestra, una regìa (?!) insulsa spacciata per capolavoro dalla solita cricca di critici prezzolati e da pochi folli monomaniaci, gli stessi che stanno conducendo alla rovina il teatro d'Opera in Italia.
Una Manon Lescaut da ridere, se non da piangere!
Non mi soffermo sulla resa vocale di taluni interpreti, per carità di patria.
Martina Serafin, che è bella e brava, sarebbe stata stupenda nel costume settecentesco....così...
Mi chiedo come si possano poi invocare più soldi , per simili produzioni? Per un regista simile?