Come sempre faccio quando mi accingo a inventare una regìa ho cercato , anche per Madama Butterfly, di partire dalla musica e dagli eccezionali suggerimenti che Puccini offre, fin dalla prima battuta del I atto. Nei tanti allestimenti che ho seguito da spettatore ho notato che si è spesso ridotto all'osso l'aspetto scenotecnico, per varie valide ragioni: evitare prima d'ogni altra cosa il bric à brac orientaleggiante, il mercatino del trovarobato, le goffe imitazioni d'un Giappone improbabile e polveroso, effetti che si concentrano soprattutto nel difficilissimo primo atto. Allo stesso tempo, un'altra trappola è quella di annullare totalmente la scena e fare di Butterfly non solo un puro teatro di regìa, “minimalista” , ma piuttosto “nullista”. Abbiamo così visto i personaggi muoversi o non muoversi come tanti pupazzi all'interno di scatole nere con quattro luci di taglio; abbiamo visto migliaia di case a soffietto collocate al centro della scena e ombreggiate dalle silhouettes ; abbiamo visto bordelli e bombe atomiche a iosa ma anche impossibili cartoline col Fujiyama innevato sulla sfondo e centinaia di brulicanti comparse in scena. Insomma: come tutte le opere di forte impatto popolare e quindi molto eseguite, Butterfly ha conosciuto negli anni svariate possibilità esecutive ma con due precise indicazioni di base: o tutto o niente.
Mi sono quindi impegnato a pensare qualcosa che scaturisse dalle note pucciniane, non tanto quelle didascaliche ma soprattutto quelle musicali. Così è nata questa regìa e questo allestimento: come un ri-comporre Butterfly cercando di farsi ispirare da tutto ciò che la musica evoca, o suggerisce, o dipinge, talvolta in modo esplicito.
La mia Butterfly inizia quindi come il ricordo trasognato di quel matrimonio, come una quindicenne farebbe ripensando alla incredibile giornata vissuta nel I atto. Il sipario si apre su una visione onirica, quasi magicamente scomposta e ricomposta esattamente come accade nei sogni: fantasmi di geishe danzanti che si trasformano in bellissime ma macabre farfalle davanti ai movimenti angoscianti di una bianca, piccola geisha, che osserva questa scena prima angosciata poi terrorizzata . La scena si apre quindi su un'immagine molto smaltata e curata, come un grande dipinto: una roccia imponente sullo sfondo contenente la testa d'un Budda rovesciata, un fiume e un laghetto che scorre fin sotto una casetta rossa, laccata, Nagasaki intuibile sullo sfondo, con le sue casette allineate in una insenatura , il mare.
Il Coro e le comparse, che entrano in scena precedendo la protagonista come un magico corteo, sono tutte maschere, figure senza espressione che tornano nella mente di Butterfly come un larvato ricordo. La roccia sullo sfondo, all'apparire di Cio Cio San, fa scaturire una cascata d'acqua cristallina, un effetto creato da Goro , che è il grande organizzatore di questa messa in scena e che a un certo punto scatta persino una foto e fa un filmino ricordo. L'azione è spostata tra la fine degli anni 20 e inizio anni 30 del Novecento. Goro stesso ha un suo piccolo sosia, con il quale formano a tratti un duo comico .
Come si sa, da quando entra in scena Butterfly irradia con la sua luce l'intero palcoscenico e da lì non si muove più. Non è affatto un caso che famosissime primedonne abbiamo rifiutato di eseguire il ruolo in teatro, non tanto per la complessa vocalità ma per la lunghezza estenuante del ruolo, per la poderosa emozione che genera questo carattere.
Il primo atto, si diceva: difficile e tortuoso. Questo matrimonio che è una burletta per i due cinici americani, Pinkerton e il Console, un notevole “affare” per il sensale Goro ma la cosa più grande del mondo per la piccola Cio Cio San. Zio Bonzo è una sorta di demone maledicente, una maschera del Teatro Noh.
Dopo il duetto d'amore, l'opera sale vertiginosamente di intensità. La fortuna di lavorare in questa produzione con artisti di straordinaria levatura come Daniela Dessì, Fabio Armiliato, Carlo Guelfi, consente una verità drammatica che a ogni battuta si carica di emozione. Attorno alla loro recitazione, direi alla vita che danno ai loro personaggi, palpita la natura, il cielo commenta i momenti clou , le proiezioni intervengono nella scena della lettera come specchio dell'anima di Cio Cio San, il sole splende nel trionfale “Ei torna e m'ama” , la cascata torna a zampillare nel duetto dei fiori con Suzuki, che qui è la bravisssima Olga Sliepnova, una giovane ragazza russa dalla voce d'oro.
Terminato il Coro a bocca chiusa l'opera prosegue. Ho preferito dare continuità all'azione senza intervallo. Ho inventato una scena nuova: Butterfly insonne aziona una videocamera e guarda malinconicamente il filmino del suo matrimonio, la stessa scena che abbiamo vissuto e visto nel I atto, con i protagonisti stessi dell'opera. All'apparire del volto di Pinkerton scoppia in un pianto dirotto, disperato, sottolineato magnificamente dalla musica di Puccini.Nel frattempo ho voluto dare maggior rilievo alla figura del bimbo: il piccolo , mentre scorre il film, si allontana dalla mamma e va a giocare sul fiume, ai piedi della cascata: appaiono dei bimbi giapponesi che gli strappano dalle mani la sua barchetta e la distruggono, poi scompaiono. L'abbraccio di Cio Cio San sull'esplosione del tema che riprende l'arrivo della nave di Pinkerton deve siglare il trionfo di questo amore.
Anche il finale è diverso dal solito. Lei attende Pinkerton: “E il figlio lo darà?” (chiede Kate Pinkerton a Sharpless) , Cio Cio San risponde “A lui lo potrò dare se lo verrà a cercare”...e poi aggiunge “Fra mezz'ora salite la collina”. Cosa voleva dire? Semplicemente che tra mezz'ora l'avrebbero trovata morta e che l'avrebbero vista morta davanti ai loro occhi. Il suicidio di Butterfly è rituale, discreto come nel carattere giapponese, ma l'opera è stata scritta da un italiano e la musica con cui Puccini accompagna il suicidio della protagonista è violenta , lacerante, paurosa. Lei attende l'arrivo di colui che l'ha portata a dover morire con onore, dopo i suoi “Butterfly!” fuori scena entra Pinkerton, lei lo guarda intensamente e sull'ultimo accordo si uccide. Quell'ultimo accordo che Puccini volle appunto “rivoltato” , come spiega il grande studioso pucciniano Michele Girardi in “Giacomo Puccini, 1995, Marsilio ed.” : "...Dopo queste tre ricorrenze la triade che sigla la prima calata di sipario acquista un proprio potere evocativo autonomo, segnando l'avvenuta sottomissione di Butterfly. Puccini sfruttò questo richiamo nel finale, e affidò all'accordo rivoltato il compito di chiudere l'opera. Stavolta esso si stacca dal precedente per aderire a un altro motivo originale, piombando inatteso sulla cadenza del tema che accompagna l'ultimo respiro della protagonista e che ricorda il su destino di morte, e viene perorato con fragore dall'intera orchestra. L'artificio è reso più potente dall'asimmetria ritmica: per tre volte la melodia, rigorosamente circoscritta all'ambito pentafono, si abbatte sulla triade di tonica (Si minore) su tempi deboli, per poi cadenzare regolarmente fino a che non giunge la risoluzione evitata (grazie alla tecnica del pedale). L'effetto sull'ascoltatore è quasi quello di un'improvvisa dissonanza, visto che nella memoria rimangono impressi i tre accordi di tonica e che la triade di Sol si impone sul pedale inferiore col peso formidabile degli ottoni. "
E quell'accordo è la lama che trafigge Cio Cio San.
ps Ringrazio tutto lo staff del Teatro Astra di Gozo, eccezionale in tutti i suoi reparti, ricordando che si tratta di volontari e che gli spettacoli sono autofinanziati : caso unico al mondo di autentico e disinteressato amore per l'Opera. Un abbraccio fortissimo ai miei più stretti collaboratori: Ulduz, il maestro Christian Maggio che andrebbe premiato per la pazienza e la precisione assoluta, l'instancabile caterpillar Antonella, Joseph Cauchi il più geniale scenotecnico che abbia conosciuto, , George, Manuel, alla paziente maestra del Coro Maria Frendo,Dolindo, Don George che garantisce il sostegno divino, Michael, Paul,Marion, Ismael e Gerald i maghi delle proiezioni, Carmel e ...tutte le comparse, i bambini, James in particolare,e tanti altri ancora!. Grazie!
Ulduz, James Christian, Antonella Antonella, James
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