Recensioni
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Domenica 25 Novembre 2012 08:52 |
Grande festa al Teatro Verdi di Trieste in occasione della prima di “Barbiere di Siviglia” , musica di Gioachino Rossini, nell'allestimento in coproduzione con l'Opera di Roma , regìa di Ruggero Cappuccio, scene di Carlo Savi e costumi di Carlo Poggioli. Uno spettacolo vivido, colorato, semplice nell'impostazione a pannelli scorrevoli, lineare e diremmo pure essenziale, che lasciava largo spazio all'improvvisazione divertita di un cast davvero eccellente: Roberto De Candia quale corpulento e autorevole Figaro, uno scatenato Paolo Bordogna come Don Bartolo, la nobile Daniela Barcellona, in tutta la sua imponenza scenica e vocale, un brillante e musicalissimo Antonino Siragusa nei panni del Conte di Almaviva, Marco Vinco come Don Basilio, e per i personaggi minori la Berta di Rita Cammarano, Christian Starinieri come Fiorello e l'Ufficiale di Ivo Federico.
La direzione di Corrado Rovaris ha garantito un assetto molto controllato , dai tempi calibrati sulle possibilità e sulle capacità dei singoli interpreti, senza rinunciare al brio rossiniano e con tutti i tagli aperti, compresi quei recitativi che in effetti spiegano la “folle journée” .
(Barbiere di Siviglia, Opera di Roma, regìa:R.Cappuccio)
Si diceva uno spettacolo semplice nel suo impianto scenico ma per contro molto dettagliato nell'azione : i vari personaggi cantavano, ballavano, venivano commentati da un'azione mimica continua gestita da un gruppo di attori molto bravi, funambolici, forse un po' troppo invadenti durante un paio di scene (il duetto Figaro-Conte e Rosina- Figaro, per esempio, in cui scimmiottavano e commentavano ciò che in fondo già veniva esplicitato benissimo dai solisti). Di Cappuccio apprezzo molto il gusto nel gioco dei colori, tra luci e costumi (bellissimi , bisogna sottolineare), che rievocano le maioliche napoletane e soprattutto le porcellane di Capodimonte, tra azzurrini, rosa antichizzati, gialli tenui, bianco nelle varie gradazioni.
Liberi di fare “teatro”, anche aggiungendo alcune classiche gag di tradizione, i solisti si sono scatenati, trascinati in quella che si è subito manifestata come una gara di bravura. A essere pignoli, come sempre accade in questi casi, la fibrillazione e il “laissez-faire, laissez-passer” non sempre hanno mantenuto il filo dell'azione e quello musicale negli argini. Ogni tanto si debordava volentieri: Paolo Bordogna ha trasformato i recitativi secchi in grandi frasi in stile verdiano, allungando le note e caricandole, fino all'apnea di “Son qua, sooooon qua” nella Scena della Barba, tenuta fino all'esaurimento del fiato. Un vero tornado il Don Bartolo di Bordogna, persino con variazioni e puntature acute nel già difficile sillabato dell'Aria “A un dottor della mia sorte”. Diciamo un Don Bartolo giovane e baldanzoso, alla faccia del “vecchio tutore” tradizionalmente previsto. Il Figaro di De Candia era sullo stesso filone, leggermente più trattenuto, con una possente cavatina “Largo al factotum” , salutata da grandi applausi.
Daniela Barcellona , abituata ai grandi ruoli 'en travesti' rossiniani, è entrata con classe nel grande tourbillon, divertendosi e giocando soprattutto nel II atto. La cavatina di Rosina l'ha messa un po' in soggezione, tant'è che il si naturale acuto alla fine non è risultato vincente. Ma si è ripresa subito , forte di una esperienza di palcoscenico che in questi casi paga.
Un vero trionfo per Antonino Siragusa che possiede una grazia e una musicalità tali, da far dimenticare qualche suono “bianco” di troppo e qualche acuto schiacciato nel naso. Il suo Conte si allontana dal modello aulico ed elegante del nobile hidalgo, e si avvicina piuttosto a una maschera buffa, ma sempre rispettando le note e le agilità vorticose , soprattutto nel grande Rondò finale “Cessa di più resistere”, risolto con straordinaria bravura.
Più debole il Don Basilio di Marco Vinco, scenicamente interessante ma vocalmente meno a fuoco degli altri buffi.
Brave le seconde parti e il Coro diretto da Paolo Vero, preciso e sonoro nei suoi interventi.
In un solo anno il nuovo sovrintendente, Claudio Orazi, è riuscito nell'impresa di rilanciare e restituire credibilità a uno dei più bei teatri d'Italia e sicuramente, oggi, il teatro dalla migliore acustica. Il premio è giunto dal pubblico triestino, che alla fine dello spettacolo ha tributato un grandissimo successo alla serata, con lunghi applausi scanditi.
(Barbiere di Siviglia, a destra:P.Bordogna, Opera di Roma)
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Recensioni
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Giovedì 22 Novembre 2012 17:38 |
Di recente, confesso, ascoltando parecchie incisioni , mi ero riconciliato abbastanza (non del tutto) con gli strumenti cosiddetti “originali” (perchè originali non sono, si sappia, essendo costruiti oggi, con vernici attuali, legni attuali e corde attuali). Talune esecuzioni a opera di complessi formati da ottimi musicisti e guidati da altrettanto preparati maestri mi avevano convinto, sia per la brillantezza e la vivacità delle concertazioni, sia per lo scupolo belcantistico di molti interpreti, magari non dotati di mezzi eccezionali ma stilisticamente preparati , in grado di ricreare esecuzioni teatrali. Ieri sera , all'auditorium di S. Cecilia, ascoltando il Flauto magico diretto da René Jacobs e dal suo gruppo “Akademie fuer Alte Musik Berlin” , ho capito il perchè di quella riconciliazione: tutto merito dei dischi.
Nei dischi questi gruppi sono intonati, precisi e la confezione garantisce una qualità, se non proprio entusiasmante, per lo meno curata. L'intonazione è dovuta alla postproduzione dei dischi medesimi: grazie a raffinatissimi softwares e alla presenza di eccezionali tecnici del suono, anzi “architetti del suono”, ogni minima sfasatura viene magicamente riaggiustata. Prodotti di laboratorio, ed è anche giusto che sia così perchè , in quanto dischi, vanno ai posteri.
Ma l'ardua sentenza tocca a chi segue questi gruppi dal vivo, non ai posteri. E la sentenza è di assoluta condanna, per quanto mi riguarda.
Quello che ieri sera ho ascoltato (e che il pubblico di Radio3 ha potuto ascoltare in diretta) non era il Flauto magico di Mozart, ma un disperato tentativo di imitarlo: un tragico festino fatto di stonature a rotta di collo, dai primi accordi all'ultimo del capolavoro mozartiano.
La brutta piega che avrebbe preso la serata si è vista fin dall'ingresso, sciatto e trasandato, degli ilari orchestrali berlinesi: quando mai si è visto, se non nelle sagre paesane, che alcuni membri della compagine impegnata in un sì importante evento si presentino sul palco alla spicciolata, voltando le spalle al pubblico, parlottando e ridacchiando ben prima che gli applausi di rito ne salutino l'ingresso? Nemmeno una banda all'Oktoberfest.
Formalità...direte voi. Sì. È vero. Ma a questo punto divento anche formalista, soprattutto quando assisto al trionfo di una compagine che tanto è misera nella forma quanto nei contenuti musicali.
Intendiamoci. René Jacobs , a furia di dischi e concerti, il fatto suo ormai lo sa. La sua concertazione, piena di stravaganti invenzioni ritmiche e volutamente “burlona” (le 3 Dame trasformate in tre soubrettes da operetta, per esempio, o il Monostatos isteroide) potrebbe anche passare, se si considera un Mozart alla Milos Forman, sufficientemente brioso e dal tono divertito. Non è una concertazione che annoia , in questo senso. Non sono del tutto d'accordo nel far pendere l'ago della bilancia dalla parte di un Flauto magico giocoso più che pensoso: sappiamo bene che è l'uno e l'altro, però è una scelta e va rispettata come tale. Jacobs in questo è stato coerente e ha giocato con il suo gruppo.
Il problema principale è l'intonazione , perennemente calante, dell'ensemble , caratterizzato da un quartetto d'archi dal suono secco, segaligno, e da insopportabili spernacchiate dei corni naturali. Una signora collocata in alto a sinistra fungeva da rumorista, come nei vecchi sceneggiati radiofonici: un cicalino in bocca ed ecco gli uccellini di Papageno, un colpo a destra su una lamiera ed ecco i tuoni della Regina della Notte. Tenero e patetico al tempo stesso.
Non parliamo poi dell'agitatissimo professore addetto a tempestare il timpano, o quel che era (troppo simile ai tamburi rituali di certe tribù africane) e al cosiddetto fortepiano, che quando entrava in ballo pareva una chitarra scordata.
Vi lascio immaginare la mitica Ouverture cosa è diventata: una burla.
Si sperava nelle voci ma per una sorta di sinistra, macabra solidarietà, il cast vocale si è perfettamente adeguato allo smandolinamento di una simile orchestra . Nella parte di Tamino un tenore che sembrava il prodotto di un impossibile incrocio tra il sindaco di Torino, Fassino, e il tenore Ian Bostridge, dotato di una vocina esile e informe, priva di un qualsivoglia suono appoggiato. Ora, mi si dirà: Mozart non è Verdi. Grazie, lo so. Ma Mozart va cantato, lo stesso e possibilmente senza farsi coprire da un'orchestra di zanzare, per di più. Il signor Topi Lethippu, così si chiama il prode interprete, non è stato in grado di sostenere sul fiato nemmeno una frase, per sbaglio. Con il risultato di regalare un Tamino bianco, lavato in varecchina, con falsetti calanti distribuiti ogni qual volta la voce doveva superare un fa acuto. Una vera pena. Inoltre, una pronuncia tedesca da paura, diciamo pure indecente. Data la qualità della sua intonazione, suppongo e spero che il “Diapason d'oro” vinto nel 2010, abbia una valenza ironica.
Miah Persson, graziosa svedesina, era Pamina. Il suo curriculum è su per giù quello che ebbe a suo tempo Margaret Price, con una unica differenza: la Price sapeva cantare e molto bene, la Persson ...no. Voce ingolata, costretta a gridare sugli acuti e a scomparire nei pianissimi, scomposta nel legato, poco intonata, disordinata.Se questo è il top che propone il mercato....
Leggermente meglio il baritono austriaco Daniel Schmutzhard, che per lo meno si è sforzato di configurare un Papageno degno di questo nome, dando spigliatezza e simpatìa al suo personaggio. Peccato che, ogni qual volta doveva salire, la voce andava indietro , inesorabilmente.
Un signore non molto alto parlava con voce bassa: si chiama Marcos Fink. Un basso “parlante” , quando Mozart aveva previsto un basso profondo CANTANTE. Si vede che nella testa di René Jacobs vi è un po' di confusione, forse quella “folie organisée” di cui parlò Stendhal a proposito di Rossini? Non sappiamo.
Veniamo, dulcis in fundo, alla migliore, l'unica cantante in grado di eseguire con proprietà, gusto e voce il suo impervio ruolo: il soprano turco Burcu Uyar. Finalmente, una boccata d'ossigeno: precisa nelle agilità, intonatissima, intensa, con una voce che arrivava ovunque. Piccolini i fa sopracuti, ma è poca cosa rispetto al resto della compagnìa.
B.Uyar
Vorrei tacere i nomi degli altri, compresi quei tre genietti che facevano a gara a chi stonava di più.
Il Coro, formato da signore e signori dotati di voci fisse e a tratti ululanti (vedi finale atto I) faceva pensare alle allegre combriccole che si radunano a Monaco muniti di birra e salsicce.
Uscendo dalla sala, piuttosto disgustato (lo ammetto), ho detto a voce alta: “Ma per una nota intonata bisognava pagare un supplemento.”? Alcune persone hanno annuito, sorridendo. Ma allora perchè li avete applauditi???
Duole dire che si trattava della prima esecuzione integrale del Flauto magico nella storia dei concerti di S. Cecilia . Ma non era meglio utilizzare la splendida compagine dell'Accademia, Coro e Orchestra, magari diretti da Pappano e con voci vere? No?!?
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News
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Domenica 04 Novembre 2012 09:46 |
Non credo vi sia un solo cittadino di questo paese che non abbia finalmente
scoperto che l'Italia è un covo di ladri e di grassatori. Troppo comodo e
troppo facile attaccarci a valori che appartengono, ormai, a un lontanissimo
passato. Più che valori direi luoghi comuni: il paese del Sole, la culla del
Belcanto, museo a cielo aperto, il mare, la buona cucina, il paese
dell'Amore....e altre amenità del genere.
L'Italia si è palesata, grazie ai suoi governanti e a molti suoi abitanti che li
hanno eletti , il paese che realmente è: una terra ricca e sfruttata, popolata
da gente fondamentalmente umile e allegramente ignorante, in fondo buona
e generosa, ma dominata da una classe politica (definita CASTA dai più
attenti studiosi della materia ) che ha scelto la strada più diretta e più
comoda per salassare le casse dello Stato: RUBARE.
Intendiamoci: l'italiano medio, quello fotografato impietosamente dai più
geniali cronisti che abbiamo mai avuto, Totò e Alberto Sordi, è
fondamentalmente mariuolo, caratteristica derivante dall'atavico problema di
doversi arrangiare, difendere da invasori esterni, da speculatori e da
colonizzatori, siano essi arabi,normanni, americani, cinesi, tedeschi e via
discorrendo.
Ce la siamo sempre cavata, grazie a una intelligenza vivida e brillante
presente nel nostro DNA, certamente superiore a quella di molte altre
popolazioni tendenzialmente più “ottuse” e meno duttili; ci siamo barricati
dietro alla satira e all'ironia, che ha origini antichissime, e che oggi è
defunta, semplicemente perchè non c'è miglior satira della semplice
cronaca, dell'attualità. Quale autore, quale comico avrebbe mai potuto
inventare storie come quelle del signor Fiorito, di Di Pietro, personaggi
leggendari come Berlusconi, Prodi, maschere come quelle di Fassino, roba
da far impallidire Zalamort e Valentin le Désossé, come Matteo Renzi, che
annulla Stenterello e Benigni, ma aggiungerei Rutelli,Lusi, prima ladro poi
penitente in convento, figure sinistre come quelle di Buttiglione,
Casini,Vendola,Cicchitto, Fini e la sua ghenga di sfigati, e aggiungiamo
D'Alema, che percepiscono incredibili compensi (loro e la loro corte al
seguito) senza fondamentalmente compiere alcun lavoro, se non quello di
scaldare gli scranni di Montecitorio o di qualche incauta Università che li
ospita per improbabili “lezioni”. Lezioni di cosa? Arte del Raggiro? La Truffa
in 12 mosse? Dispense del Nulla?
Il teatrino della politica italiana , figlio della Commedia dell'Arte ma
soprattutto dell'Avanspettacolo, ha offerto nei secoli memorabili siparietti,
sempre ed esclusivamente a danno dei cosiddetti “onesti cittadini” , termine
che vuole nasconderne un altro, più crudo e diretto: a danno dei fessi. Già,
perchè in Italia chi non ruba è considerato un fesso, né più né meno.
Ora qualcosa ha scombinato le carte, qualcosa di quasi imprevedibile. Un
comico.
Beppe Grillo ha iniziato a tuonare dal suo blog per poche decine di lettori,
oggi rappresenta in Sicilia il primo partito e rischia, se la legge elettorale lo
aiuterà, di diventare il più votato candidato premier alle elezioni che si
terranno nel 2013. Grillo Presidente del Consiglio? E perchè no. A Palazzo
Chigi abbiamo avuto varietà assai più pittoreschi e stravaganti. Grillo rischia
quasi di apparire sobrio,a confronto. Dicono che cavalca il malcontento,i
malumori, il qualunquismo, l'antipolitica. Ma certamente: è così. Ma c'è
davvero qualcuno che è contento di far parte del paese più tassato al
mondo, quindi di versare oltre la metà di ciò che guadagna per avere in
cambio la monnezza sulle strade, servizi ospedalieri da quinto mondo,
autobus e metropolitane alla Stanlio e Ollio, per non parlare di un argomento
che mi sta particolarmente a cuore, cioè il massacro che stanno subendo i
nostri beni culturali, in primis i teatri d'Opera ? Meglio non aprire qui un
nuovo capitolo sullo stato e sulle modalità che regolano le nostre fondazioni
teatrali e concertistiche, anche queste salassate da cricche indecenti e da
personaggi che superano di gran lunga la soglia del puro banditismo.
Esiste un solo italiano, se non totalmente sprovveduto, che possa difendere
il valore truffaldino dell'Euro, la moneta lascia e raddoppia (le spese)?
Esiste un solo italiano che possa sostenere con assoluta convinzione
(se non lobotomizzato dal bombardamento mediatico) la valenza di
un governo tecnico guidato da pupazzi manovrati dalle banche e dai
peggiori speculatori esistenti al mondo?
Si può mai tollerare una tassazione vessatoria quando la recessione
galoppa, la disoccupazione giovanile (e non) è a livelli mostruosi?
Se un siciliano su due ha scelto di disertare le urne e se ciò accadrà tra sei
mesi in tutta Italia, non si lamenti nessuno. E' un'ovvia e scontata
conseguenza. E se Grillo otterrà la maggioranza dei voti sarà altrettanto
ovvio e scontato: un paese così combinato, governato finora da lugubri
pagliacci, non può che vedere il trionfo di un comico. |
News
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Venerdì 26 Ottobre 2012 19:12 |
Storia semiseria di una
Geisha particolarmente
sfortunata
Regìa di Enrico Stinchelli
Assistente Capo e vittima sacrificale: Ulduz Ashraf Gandomì
Partecipano:
Cio Cio San: Daniela Dessì
Pinkerton: Fabio Armiliato
Sharpless: Carlo Guelfi
Suzuki: Olga Sliepnova
Goro: Cliff Zammit Stevens
Bonzo: Dario Russo
Kate: Elaine Borg
Assistente-bambinaia: Antonella
Sulle rive d'un fiumiciattolo giapponese illuminato
dalla fosforina
vive Madama Butterfly una ragazza di quindici
anni che adora abbassarsi l'età , per
divertire le sue amiche e il pubblico del
Metropolitan di New York
non le crede nessuno , ovviamente, salvo due
signori americani un pò tonti e alcolizzati,
uno dei quali è un luogotenente di Marina, esperto
in turismo sessuale e allegramente pedofilo
Assieme a Madama Butterfly vive la fida amica
Suzuki, talvolta chiamata Vespa da Cio Cio San,
Honda da suo padre e Kawasaki da suo zio
maniaca religiosa e facile al sonno, famosa per il
suo tonante "Buonanotte!".
Butterfly sogna di sposare Pinkerton e questo sogno
si realizza grazie al mago-truffatore Goro, un
allievo giapponese di Lele Mora, che
organizza una clamorosa messa-in -scena degna
di "Invito a cena con delitto" :
Il matrimonio burletta è sigillato da un bacio
Pinkerton, ottenuto ciò che voleva e senza nemmeno
usare le minime attenzioni del caso
se ne va e raggiunge in America Kate, una
bonazza ricchissima , cui aveva giurato eterno
amore prima di partire.
Butterfly attende la maggiore età per votare e
nel frattempo mette al mondo un tenero pargoletto,
cui non interessa nulla né del padre, né della
madre,né di Suzuki,né della musica di Puccini, e che
durante le prove deve essere accudito da due
assistenti, perchè altrimenti scapperebbe dal teatro
piangendo
Butterfly è certa che Pinkerton torni e infatti,
perchè l'opera non debba durare quanto il Parsifal,
ecco rombare il cannone già nel II atto.
Chi sarà?
Ma è lui! E' il Comandante Schettino!?
NOO!!!!
E' il comandante Pinkerton che per completare
l'opera e lacerare il cuore a tutti, si presenta con
moglie a seguito e Console, il cui compito- come dice
la parola- è quello di "consolare" chiunque gli
capiti a tiro...
Butterfly, dopo un'attesa interminabile e l'uscita
dalla sala di almeno 15 spettatori incontinenti,
vede la moglie di Pinkerton e capisce tutto, senza
bisogno che Suzuki debba aggiungere altro .
Del resto cosa avrebbe potuto dire? " E Izaghi e
Izanami" (che non sono due giocatori di Calcio) o
piangere...quindi per evitare inutili ripetizioni la
caccia e decide di farla finita.
La cerimonia Harakiri è abbastanza lunga,
anche 7 ore in certi casi. Ma esiste una versione
breve per donne, Butterfly sceglie la seconda per
scelte editoriali e perchè altre 22 persone
incontinenti sono scomparse durante il preludio del
terzo atto.Prima di uccidersi spedisce il bambino
indietro a Suzuki. Il bimbo non capisce più nulla:
prima mi manda da lei, poi lei mi rimanda da
Suzuki? Ma saranno un pò confuse?
Suzuki lo riprende e se ne va, stavolta senza
dire "Buonanotte!".
Butterfly è un pò indecisa sul da farsi, per cui
chiede al regista di darle una mano a scegliere
la migliore delle morti possibili: ha inizio una lunga
drammatica consultazione e alcuni terrificanti
tentativi....
Il regista cerca invano di arruffianarsi il bambino,
che non vuol saperne di provare...
Finalmente...dopo svariati tentativi e paurosi
cali di zuccheri, Butterfly muore...il regista
ride perchè sa che la prova è finita..
Nonostante la terribile conclusione,accadono alla
Prima due strani fenomeni. Invece di inorridire di
fronte a tanto dolore, tanto sangue sparso e a
tanto cinismo il pubblico applaude entusiasticamente
e tutto il cast sfoggia larghi sorrisi.
Inoltre il regista NON viene fischiato, come
sempre accade, ma anzi,ottiene un trionfo.
Passerà la notte insonne a chiedersi dove abbia
sbagliato per ottenere un simile,assurdo e
ingiustificato successo. La prossima volta,
largo ai cessi e alle brache calate!
Ballo in maschera (C.Bieito)
Butterfly abbraccia Kate, Sharpless abbraccia
Suzuki, il regista abbraccia tutti...operando una
attenta e meticolosa selezione...
Butterfly, finalmente libera dall'obi pomposo e da
quegli abiti terribilmente opprimenti, si colloca
felice tra due temibili rivali.
La prima, bionda e provocante
la seconda più austera e tenebrosa
Dopodiché una gran cena di Gala, a base di
champagne e uova di storione, alla presenza di
alcuni importanti autorità. Posateria di alta classe,
toilettes impeccabili, candelabri d'argento ma
nonostante ciò un clima sereno e disinvolto, come
fosse una riunione in famiglia.
...e vissero tutti felici e contenti!
(photos by U.Ashraf Gandomì)
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