Vittorio Grigolo è il recente Duca di Mantova nel "Rigoletto" realizzato "nei luoghi e nelle ore" da Andrea Andermann. La presenza è accattivante: un ragazzo che sprizza energìa da ogni poro e che manifesta un trascinante entusiasmo per l'Opera lirica. Grigolo è uno che ci crede: si vede e si sente.
Esce ora , in concomitanza con il controverso evento mediatico, l'album della Sony "The italian tenor" , titolo assai poco fantasioso a dire il vero: da Caruso in poi abbiamo avuto una pletora di "italian tenors" e Grigolo sembra quasi aggiungersi oggi con prepotenza. La copertina lo ritrae pensoso, lo sguardo lievemente corrucciato, abito e cravatta neri alla "Blues Brothers" , mancano gli occhiali da sole e siamo a un passo da John Belushi.
Ma com'è la voce di Vittorio Grigolo?
Intanto è la classica vocalità del tenore lirico leggero: timbro chiaro, a tratti efebico, passaggio di registro alto (tra sol e la bemolle) , acuti brillanti, vibrato stretto, uso di falsettoni e a volte di falsetti, mezzevoci suadenti e sospirose.
Repertorio d'elezione? Presto detto: dal tenorino di Cimarosa e Paisiello (Paolino nel "Matrimonio segreto"), a Nemorino, Conte d'Almaviva, forse il Mozart della Trilogìa dapontiana, arrivando a lambire Traviata, Rigoletto e , extrema ratio (in particolari condizioni acustiche)...Bohème. Il repertorio che fu di Tito Schipa, tanto nomine.
A dire il vero Grigolo è anche un attivissimo cultore del crossover, come dimostrano i molti dischi e i concerti in cui getta un ponte tra la vocalità operistica e quella più eminentemente "leggera"...
Il disco si presenta assai audace nella scelta dei brani: c'è sì Rigoletto ed Elisir, ma campeggiano anche la drammaticissima Luisa Miller, il Ballo in maschera, il Corsaro, addirittura la Manon Lescaut, la Tosca e iol Trovatore per chiudere. Troppo, signori, troppo....direbbe Adriana Lecouvreur.
Grigolo canta tutto, le note sono lì ma è costretto a bluffare oltre i limiti consentiti dal mezzo tecnico: in "Quando le sere al placido" appaiono suoni spoggiati ed esili, che in teatro farebbero fare ben magra figura al loro esecutore. Manca a questo Verdi l'arcata eroica che aveva caratterizzato le memorabili esecuzioni di Bergonzi e Pavarotti, lontani da Vittorio quanto Los Angeles da Roma.
Lo stesso dicasi per Tosca e per Puccini, dove manca alla vocalità schietta e chiara di Grigolo lo slancio appassionato, il velluto, la brunitura naturale del timbro, lo spessore, quella che i vecchi chiamano "la canna". Nella stretta della "Pira" , confrontandosi con il Ruiz vigoroso di Luca Casalin, il Manrico scanzonato di Grigolo fa la figura di uno scolaretto in gita casuale presso i monti di Biscaglia. Intendiamoci: siamo molti passi avanti, tecnicamente parlando, rispetto a un Villazon o a un Kaufmann, ma è proprio la natura vocale a imporre dei precisi limiti a questo artista.
Emerge poi un singolare vezzo, quello di strisciare la "esse" . Carlo Bergonzi, emiliano d.o.c., venne rimproverato da sempre per il suo "Sche quel guerrier io fosschi" ma con Grigolo, romano, il vezzo non si spiega: " Ma ssche m'è forza perderti, per sschempre o vita mia", "...e muoio disschperato...", " Possschente amor mi chiama"....siamo a un passo da Mina.
Quando si parla d'Opera o di concerti operistici, oggi, si usa il termine "evento" o "megaevento". L'Opera ha da sempre dato l'idea di uno spettacolo grandioso, rutilante, faraonico, ma da qualche anno ogni quotidiano o cronaca televisiva, indugiano sul termine megaevento per gonfiare oltemodo la notizia, per conferire allo spettacolo recensito il giusto risalto mediatico. La maggior parte del pubblico ritiene che i megaeventi siano un’invenzione moderna, dai Tre Tenori ( 1990 ) in poi, per capirci. Furono megaeventi i Pavarotti International a Modena, con gli improbabili duetti tra “Big Luciano” e Grace Jones, Patty Pravo, Laura Pausini ; lo è l' inaugurazione della Scala (qualunque Opera si rappresenti, qualunque sia il cast a eseguirla),lo sono la Tosca , la Traviata e il Rigoletto "nelle ore e nei luoghi" architettate da Andrea Andermann per la Tv,ma anche Muti che dirige davanti alla macerie aquilane, con il casco da pompiere: tutto è un megaevento.
Il megaevento è tale perché annunciato e prefissato. Lo è e basta. Vi è in questa invenzione giornalistica un fondo notevole di ignoranza e di inerzia cerebrale poiché non è affatto vero che il megaevento sia nato con il Concerto di Caracalla.
Intanto l'Opera è già di per sé un megaevento. E' un megaspettacolo, con un megacast, con una megaorchestra e un megacoro, con megacosti , megaallestimenti. Tutto nell'Opera è mega. Anche i costumi, anche le emozioni che suscita.
I megaeventi esistono da che esiste lo spettacolo operistico.Non è affatto un caso che l'opera più incredibile, fantasmagorica che mai sia stata rappresentata, il “Pomo d'oro” di Antonio Cesti, risalga al 1668,a poco più di sessant'anni dalla nascita dello spettacolo operistico. Un Prologo, cinque atti allestiti in due diverse giornate (12 e 14 luglio) presso il Teatro di corte a Vienna, costruito appositamente per ospitare questo spettacolo.
Vienna,1668,il Pomo d'oro di Cesti
Cinquanta cantanti distribuiti nei ruoli di Giove, Giunone,Venere, Apollo, Nettuno ma anche Zeffiro,Volturno, Austro, Caronte, le Furie, Paride,Alceste, varie deità, soldati, ministri; 26 cambi scena, cori e comparse a iosa, animali (leoni ed elefanti), balli, battaglie.Leopoldo I non badò a spese per festeggiare degnamente il suo secondo matrimonio, con Margherita infanta di Spagna: le nozze di Briatore diventano roba da bassa provincia!
Vienna,il Pomo d'oro
Per la scenografia venne scomodato un genio dell'epoca, Ludovico Burnacini, che nella scena sesta del II atto riuscì a riprodurre con impressionante efficacia il rogo della città di Dite, circondata dalle acque su cui naviga Caronte, tutto ciò contenuto nelle fauci di uno spaventoso mostro marino, che si richiuderanno al termine. Di formidabile impatto anche la sesta scena del IV atto, con Venere in trionfo su una sfera infuocata che transita a vista sulla Via Lattea, o il crollo finale della torre che custodisce il famigerato Pomo della discordia. Una speciale illuminazione rendeva abbaglianti le apparizioni delle città celesti, su un manto di nuvole e straordinarie furono anche le macchine teatrali impiegate nel corso dell'intero evento.Cosa diventa il "Rigoletto a Mantova" di Andermann di fronte allo spettacolo testé descritto?
Rigoletto a Mantova
Magnificenza, grandeur, luccichìo di scene e impiego di "effetti speciali" sono tipiche di quasi tutte le prime rappresentazioni dell'epoca barocca, non solo per quel che concerne l'Opera ma anche in occasioni insospettabili quali Messe, cantate, Oratorii. La Roma del Settecento siglò come evento indimenticabile La Resurrezione di Haendel organizzata dal marchese Ruspoli a palazzo Bonelli, nel 1709: il leggendario Arcangelo Corelli era a capo di un'orchestra smisurata, tra i cantanti v'era la Durastanti (la Callas di allora), come fondale un quadro immenso raffigurante la Resurrezione di Cristo, per un costo complessivo di 528 scudi, una cifra da capogiro. Se vogliamo però stabilire una datazione approssimativa per il primo vero e proprio megaevento ufficializzato, dobbiamo risalire alla metà dell'Ottocento quando Héctor Berlioz, presso il palazzo dell'Esposizione a Parigi, diresse qualcosa come 1200 musicisti, guidati da un gigantesco metronomo elettrico a cinque aste fatto venire dal Belgio.Berlioz fu di fatto un sistematico creatore di megaeventi:nel 1844, sempre a Parigi, diresse 1022 tra professori d'orchestra, coristi e cantanti. In quell'occasione i solisti di canto previsti (il tenore Duprez, la Stolz e il basso Chollet) disertarono all'ultimo momento il grandioso concerto, meritandosi critiche durissime e l'odio eterno del compositore.
Stadi, piazze, parchi pubblici, arene, teatri greci. Quante volte abbiamo visto Pavarotti & Friends riempire questi grandi spazi en plein air, con il provvidenziale ausilio di una poderosa microfonazione. Pochi ricordano che già all'inizio del Novecento, Enrico Caruso cantava (senza microfono!) opere come Aida, Carmen, Un ballo in maschera, Sansone e Dalila nella gigantesca Plaza de Toros di Città del Messico, con 22.000 spettatori. Stesso dicasi per le prime opere allestite all'Arena di Verona (18.000-20.000 spettatori) o alle Terme di Caracalla (22.000 spettatori), in cui persino Tito Schipa riusciva a farsi udire da chiunque, senza microfoni, in un'opera non certo faraonica come Traviata. Saranno state le voci più possenti e ben sistemate tecnicamente, o l' udito degli spettatori più fine? Mi chiedo come sia possibile che una voce storicamente "piccola" come quella del soprano di coloratura Lily Pons abbia potuto mandare in visibilio le migliaia di spettatori dell'Hollywood Bowl o del Lewishon Stadium di New York, mentre le più conclamate ugole d'oro di oggi siano costrette a esibirsi "microfonate" anche davanti a sole 1000 persone , persino all'interno di un teatro classico o di un acusticissimo auditorium?
Il Canto non può (e non vuole) essere spiegato con termini normali, ma procede per valutazioni e suggerimenti di ordine empirico. A ciò si aggiunge quella particolare forma di esperanto che infallibilmente i maestri adottano per far intendere i meccanismi della tecnica d’emissione della voce. Fatto singolarissimo quello dell’apprendimento “tecnico”, se si considera che Madre Natura ci fa nascere pronti a respirare in modo perfetto e a “urlare” per ore senza diventare mai afoni, senza bisogno di alcun precettore. Arriva il maestro e, come d’incanto, tocca ricominciare tutto da capo: dopo mezz’ora di lezione la voce sembra sparita, il colorito si fa paonazzo negli acuti, il fiato sembra mancare .
Il “Codice dei Maestri” andrebbe studiato a fondo dagli esperti in criptogrammi e dagli appassionati lettori di Dan Brown, tanto pittoresco e misterioso appare agli occhi dei non iniziati. Riporto qui alcuni esempi, tratti da volumi pubblicati e da note prese direttamente da allievi di canto presso le rispettive scuole:
La voce che guarisce
“ La tecnica del canto , chiamata VOX MENTIS , ideata e realizzata personalmente da Gabriella Cegolea (soprano lirico rumeno) , porta alla produzione di benefiche onde di suono puro in una coerente emissione dettata dalla mente. Questa coerenza ha valore terapeutico in quanto frutto di coordinamento motorio e mentale creatore di ordine. In questo contesto viene evidenziato in tutto il suo valore anche il rapporto voce-spiritualità estrinsecato in chiave musicale.”
( Prefazione al volume “VOX MENTIS,La Voce che guarisce” di G.Cegolea, 1994)
Svetonio più semplicemente consiglia:
“…plumbeam chartam supinus pectore sustinere, et clistere vomituque purgari.”
( cit. da A.Boito, Figaro, 7 gennaio 1864)
La Torta Vocale di Delfo Menicucci
(n.d.r. a volte si fa fatica a capire, soprattutto i tenori sono duri di comprendonio. Ecco quindi giungere in soccorso dei cervelli meno elastici una comoda e facile metafora culinaria!)
Posto che il dosaggio ideale per una torta sia di 2/3 di farina (registro di petto) e 1/3 di zucchero (registro di testa);
Posto che il cantante sia in possesso di una quantità di zucchero limitata;
Egli dovrà , ovviamente, commisurare i 2/3 della farina secondo il peso totale dello zucchero a disposizione, non il contrario!
Laddove serva una torta più grande (note acute) , andrà adoperato il totale dello zucchero (testa), ma la proporzione della farina (petto) non deve variare rispetto alla ricetta iniziale, cioè al rapporto 2/3 contro 1/3.
( D. Menicucci “Scuola di canto,lirico e moderno” ,Omega Edizioni 2002)
Il Belcanto in esperanto
(n.d.r. Qui abbiamo un classico esempio di codice per iniziati. Il maestro in questione ebbe come allieva prediletta la celebre Violetta scaligera di Muti, Tiziana Fabbricini. La domanda è: riuscì Tiziana a decifrare esattamente i fondamentali precetti del maestro? Ai postUMI l'ardua sentenza.)
“ Ne consegue che il puro insegnante, per essere tale, deve seguire anche se nei primordi è inconscia, la strada parallela dell’Arte che è la Filosofia e che deve, per considerarsi infallibile risolvere il problema GNOSEOLOGICO, perché dove esitono incertezze, là non esiste e non può esistere né ARTE né VERITA’. Sappiamo che questo concetto non verrà accettato da moltissimi, perché il rifiuto è nella LOGICA, ma sappiamo pure che l’ARTE e la CONOSCENZA piena non hanno alternativee che dove vi sono alternative là non vi è né ARTE né VERITA’ intese come oggettive.”
(M.Antonietti , Bel Canto, 1988)
A scuola da Frau Frankenstein!
(n.d.r. A volte le parole non bastano, ma occorrono i "ferri del mestiere"...)
“(…) usava durante le lezioni un apparecchio che a dire della Signora Maestra ‘ aiutava a sollevare l’uvula e a tenerla spinta in avanti’! (Ho conosciuto diversi allievi di questa insegnante e so, grazie alle loro confidenze, che alle lezioni di Madame la tazza del W.C. era più indispensabile del piano). Suggeriva anche di servirsi di un bastoncello con la punta arrotondata per ‘allargare la cavità faringea’ e di un regolo piatto utile per dilatare e allungare i quattro impianti dell’ugola e quelli della laringe che respingeva sempre verso il velo palatino ‘quando resistevano alla spatola’…”
( R.Hahn, Lezioni di canto, 1913)
Dal Diario di una allieva
Le frasi e le memorie che seguono sono tratte dal diario di una allieva presso una nota scuola di canto ligure, che ha voluto gentilmente informarmi della sua esperienza.
Ritengo questa documentazione (di cui pubblico soltanto una parte) un chiaro, lucido seppur crudo esempio di come si presentano, purtroppo, alcune scuole di canto in Italia; immagino quanti si ritroveranno nelle parole dell’anonima allieva.
Premessa filosofica
“ L’allieva che ha iniziato gli studi del canto sotto la guida della signora maestra era completamente digiuna di qualsiasi nozione di solfeggio ritmico, cantato, di teoria musicale e possedeva una precaria conoscenza della tastiera d’un pianoforte.
Tutto ciò che è scritto nel diario è semplice teoria. La signora maestra non ha mai controllato come respiravo perché le rincresceva verificare nella realtà se quello che lei suggeriva era o poteva essere messo in pratica. Durante le lezioni non insegnava agli allievi “come fare” ma si limitava a dire, seduta di fronte al pianoforte, quello che si trova scritto sulle pagine del mio diario:niente più e nulla di diverso”.
“Durante la prima lezione mi è stato chiesto con fare speculativo la storia della mia vita nei più minuziosi e privati particolari, poi, con fare onnisciente e omnicomprensivo, mi è stata fatta una conferenza sulla necessità impellente di cambiare la mia personalità.Perché mai indossavo quella T.shirt blu, perché quei jeans azzurri, perché quelle scarpe casual, perché mi pettinavo così e perché mi sedevo in quel modo?! Senza poi sentire la voce, pagai 80.000 Lire, circa 40 Euro (nel 1992, oggi sarebbero ben di più!), percorsi 300 Km per tornare a casa mia”.
“ Affermo di aver ricevuto e di aver visto dare pugni sulla mandibola rigida, dato che l’arcata inferiore non doveva essere avanzata rispetto a quella superiore. L’avanzamento della mandibola era causato dalla forzata contrazione dei muscoli e dalla completa e assoluta mancanza di fiato.”
“ Mi sono stati egualmente strizzati con una mano i muscoli che stanno sotto al mento.Un procedimento analogo a quello di stritolare una lattina vuota di Coca Cola.”
“Ho avuto le dita conficcate nell’ombelico per rilassare o spappolare i muscoli limitrofi che, non essendo usati, erano un ammasso rigido e compatto.”
“Sono stata stesa su un tavolo: mano sinistra sulla fronte, mano sinistra sulla mandibola. Mi è stato appoggiato tutto il peso del corpo, a braccia rigide, sulla mandibola. A cosa serve questa tortura? A sganciare la mandibola!
Personalmente mentre subivo tale trattamento lacrimavo come un coccodrillo e ho visto piangere tutti coloro che sono stati nella situazione appena descritta”.
- “Per abbassare la laringe veniva usata una persona, che la stringeva mentre dovevo vocalizzare in queste condizioni.”
Le sentenze della Maestra :
“Come siete fortunati voi che avete cominciato bene ( cioè con lei!) lo studio del canto!”.
“ Non farai mai il cantante!”.
“Sei antimusicale, non potrai farcela.”
“La voce non serve a niente; più la voce è bella meno si canta!.”
“Io sono famosa perché tolgo i noduli, non li faccio venire! Cosa hai combinato, disgraziata?!”.
“Gli allievi bisogna lasciarli sempre un po’ ignoranti.”
In quest'epoca di outing assoluto su vari argomenti, un tempo considerati “tabù” , sarà bene dire una volta per tutte che l'uso e l'abuso del cortisone è una delle piaghe che affliggono il mondo dell'Opera, da svariati decenni.
Per anni si favoleggiò dell'acciuga salata inghiottita da Caruso prima di ogni recita o delle spennellature che egli stesso effettuava sulla preziosa ugola, per mantenerla tonica e asettica. I tenori, da sempre in prima linea per quanto riguarda fisime e rimedi estremi, hanno accumulato una serie di leggende e di realtà mediche abbastanza clamorose: dalle iniezioni di acqua distillata praticate a un timoroso Lauri Volpi, a sostanze più o meno sospette inoculate a Franco Corelli e a Mario Del Monaco (si parlò persino di dosi infinitesimali di stricnina, fortemente toniche per le corde vocali ma fatali per reni e sangue), arrivando alla leucemia di José Carreras, causata- pare- dall'uso abnorme di cortisone.
Ma cos'è esattamente il cortisone?
Il cortisone è il più potente antinfiammatorio a disposizione del medico per la cura di numerose malattie: malattie respiratorie , articolari , allergiche , ecc.
Quali sono le controindicazioni?
Usato nelle patologie acute e croniche per lunghi periodi è causa di svariati ed importanti sintomi : iperglicemia, ritenzione di liquidi, aumento di peso, ritardo della crescita, osteoporosi, aumento della peluria, acne , ulcera gastrica e riduzione delle difese immunitarie . Questi effetti collaterali sono causati per dosi elevate del farmaco e per terapie prolungate superiori a 1 -2 settimane , ma anche per terapie ricorrenti di breve durata. Pertanto l'uso del cortisone (come di tutti gli antifiammatorii) deve essere prescritto sempre dal medico di fiducia in relazione alla gravità della patologia o dei sintomi.
Quali sono in concreto gli effetti “benefici” del cortisone per il Canto artistico? Essenzialmente uno: la tensione, la tonicità delle corde vocali e quindi la sensazione di poter cantare in forma perfetta, con voce squillante e facile all'acuto. Un vero inganno, soprattutto per chi canta “male” cioé senza una corretta tecnica di appoggio sul fiato e di immascheramento dei suoni. Il cortisone viene automaticamente a sopperire le tecniche deficitarie, una sorta di stampella momentanea per sopportare lo stress di una recita importante o di un impegno irrinunciabile. Il cantante finisce per attribuire al cortisone ogni virtù e la sua stessa sopravvivenza artistica: Bentelan, Deflan e altre “meraviglie” del genere , finiscono per diventare come delle caramelline per la gola, un vademecum fisso, recita dopo recita, impegno dopo impegno. E' un vero suicidio, non solo fisico (danni enormi ai reni, alla circolazione, al cuore...) ma anche vocale, poiché una volta svaniti gli effetti del farmaco incantato sopraggiunge un immediato ipotono cordale, e cantando sull'ipotono si arriva agli edemi, ai noduli, ai polipi.
Come si riconosce un cantante che fa abuso di cortisone?
Facilissimo: lo conoscevate magro e asciutto? Ora è gonfio, almeno il doppio della sua stazza normale. Non faccio nomi perché è antipatico, ma basta che osserviate le fotografie di celebri tenori, soprani ec. all'inizio della loro carriera e dopo qualche anno: se li vedete gonfi potete star certi che non è per le fettuccine o la coca-cola!
Una grossa responsabilità va attribuita ai foniatri, troppo facili a consigliare questo rimedio. Sarebbe il caso di spiegare SEMPRE che è la tecnica a dover essere perfezionata, al di là di soluzioni chimiche.